Continuiamo la pubblicazione delle storie dei lettori in sintonia con il tema di copertina di Skialper 126, #TornoSubito. Ecco il bel racconto di Giovanni Bianchin e Matteo Rolando
«Ciao Mamma esco!»
«E dove vai con tutta quella roba?»
«A fare un giro in bici, torno tra qualche giorno».
In realtà la mamma non è stato affatto semplice tranquillizzarla e spiegarle che sarebbe andato tutto bene, ma più meno tutto è partito così; una mattina di fine aprile esco di casa con un outfit difficile da inquadrare e, dopo aver caricato tutto sulla bici, comincio a pedalare verso Porta Nuova, sviando qua e là la tra tubi di scappamento euro zero e respirando un’aria che di sano ha ben poco. Tra una pedalata e l’altra osservo i passanti che mi squadrano con facce incredule: loro stanno trasportando una valigetta 24 ore, io una bici pesante 3 o 4 volte più del solito, sulla quale in qualche modo vi sono legati sopra sci, scarponi, vestiti, sacco a pelo, una tenda, e cibo, tanto cibo.
Alla stazione di Porta Nuova incontro Giovanni, compagno di avventura, insieme al quale nei giorni (settimane) precedenti ho passato pomeriggi a organizzare e sognare come sarebbe stato. Poche ciance, si parte. Destinazione? Dietro casa: Oulx. Il treno è una buona soluzione per avvicinarsi alle montagne; il prezzo del nostro ski-trip? 7,50 €, può andare. Pedalare con 40 kg sul portapacchi, sarà per la bici elettrica (ovviamente sto scherzando, rigorosamente human powered adventure), è meno faticoso di quanto ci aspettassimo e in mezza giornata arriviamo nella splendida e remota valle di Cervières, fin quando la strada asfaltata non lascia spazio alle pelli dei nostri sci, finalmente. La combo pedal and ski si fa subito sentire, forse non siamo così allenati come speravamo, ma dopo qualche centinaio di metri le gambe cominciano a fare il loro dovere e arrivati in cima alla Clot de la Cime possiamo aprire finalmente il gas!
La prima sera, poco lontano dal paese di Les Fonts, dove la connessione cellulare è un optional che non è previsto nella nostra suite-tenda, ci addormentiamo sotto una leggera nevicata, stanchi ma allo stesso tempo eccitati dall’idea di passare i successivi quattro giorni con una simile routine. Di routine, come potrete immaginare, ne abbiamo avuta ben poca. Di gioia ed emozione, a palate. Sveglia 6.30, colazione con latte condensato diluito nell’acqua e cereali, nascondiamo bici e borse tra qualche arbusto; sci ai piedi, saliamo in cima; togliamo le pelli, curvoni in discesa, ritorno alla tenda, pranzo alla veloce, si rimonta tutto sulle bici e si parte verso la destinazione seguente; si rimonta la tenda e prepara la cena, si ripete il tutto e si ricomincia. Sì, se volete chiamatela pure routine.
Gli imprevisti in un viaggio del genere possono essere molteplici, per questo diventa essenziale avere tutto il necessario per rimediare a eventuali incidenti di percorso, dal kit del pronto soccorso a quello di riparazione delle bici. Per quanto riguarda il cibo unico consiglio che ci sentiamo di darvi è di non bere brodo Star per dissetarvi in assenza di acqua: ve ne pentirete. Si dice che la fortuna aiuti gli audaci e non possiamo lamentarci per la qualità della neve trovata in buona parte delle gite. Epica la discesa della Grand Aréa nella valle di Nevache in 30 cm di fresca, come quella dal Thabor in Valle Stretta.
Siamo tornati a Porta Nuova una calda serata di oramai inizio maggio e, dopo un abbraccio di quelli speciali e carichi di emozioni, ci siamo avviati ciascuno verso la propria casa. Le ultime pedalate che ci riportavano alla quotidianità sono state associate nelle nostre teste a un pensiero fisso: è stato pazzesco. Ed è stato il viaggio in sé a essere pazzesco, più ancora delle discese che avevamo sognato, più ancora della parte prettamente sciistica che ci aveva spinto a partire. Ripensando a questi cinque giorni non ci ricorderemo soltanto delle curve e della qualità della neve, ma piuttosto dello svegliarsi alle 6 e cercare di vestirsi da sci evitando di gelare di freddo; del terminare una gita e, invece di trovare una macchina ad aspettarci, avere due bici e una tenda; dello spostarsi da una valle all’altra macinando chilometri e chilometri, con la sola forza delle proprie gambe; dello scrutare montagne maestose in lontananza e 24 ore dopo poterci arrivare in cima con un paio di sci, per poi dalla stessa vetta puntare con il bastoncino quella su cui eravamo il giorno prima, laggiù, lontano lontano. E di aver fatto tutto ciò con una persona che posso chiamare amico. Questo è stato Scia e pedala!
Su Skialper 126 di ottobre-novembre potete leggere tante altre storie sul tema #TornoSubito.