Comprare meno, per inquinare meno. Che significa anche fare prodotti di qualità, perché la qualità dura nel tempo e riduce la necessità di nuovi acquisti. C’è un sottile equilibrio nell’approccio di SCARPA alla sostenibilità, un approccio che è nel DNA dell’azienda di Asolo, ma che da qualche mese è stato scritto nero su bianco e ha preso forma nel Green Manifesto. Un manifesto che ha tradotto le lettere dell’acronimo aziendale in altrettanti obiettivi verdi. S come sostenibilità, C come cura, A come aria, R come rispetto, P come performance, A come autenticità. «Produciamo scarpe da outdoor e scarponi da scialpinismo e da telemark, la natura ce l’abbiamo dentro e vorremmo lasciare un’impronta positiva, non creare soltanto rifiuti o sfruttare le risorse come l’acqua» esordisce Sandro Parisotto, presidente del marchio, parafrasando la A di aria. Mentre parla, la luce filtra dalle grandi finestre che richiedono l’utilizzo dell’illuminazione artificiale per poche ore e l’aria è piacevolmente fresca ma non fastidiosa. L’ultima ristrutturazione ha trasformato l’headquarter in un esempio di architettura green, con tetti ricoperti di erba per isolare meglio l’edificio e boschi verticali. Sul tetto dello stabilimento dal 1996 i pannelli fotovoltaici coprono circa il 40% del fabbisogno energetico, a breve, con l’ampliamento alla parte del magazzino e la sostituzione dei vecchi specchi, arrivati a fine vita, si dovrebbe passare al 60-70%. Da gennaio 2020 il 100% dellenergia elettrica utilizzata in Italia proviene da fonti rinnovabili certificate. È la S di sostenibilità, che si traduce non solo in numeri e impianti, ma anche in qualcosa di più sottile, impalpabile come l’aria. «Vogliamo che il luogo di lavoro, non solo lo stabilimento, ma anche gli uffici, sia un posto piacevole, dove i collaboratori possano trovarsi a loro agio e crediamo che il percorso della sostenibilità parta da ognuno di noi, per questo abbiamo individuato 16 ambassador, distribuiti in ogni funzione aziendale, per trasmettere a ognuno i migliori comportamenti per rispettare l’ambiente, a partire da una corretta organizzazione della raccolta differenziata» dice Parisotto.

Una missione ambiziosa quella di trasmettere il germe della sostenibilità, sia che si guardi ai collaboratori, sia ai consumatori. «SCARPA è un’azienda di vendita, ma anche di produzione – continua Parisotto – con l’85% delle calzature realizzate in stabilimenti di proprietà, perché è difficile trovare partner con i nostri standard di produzione e, controllando tutto il processo, siamo convinti di poter dare la massima qualità e al tempo stesso aumentare il ciclo di vita dei prodotti, però conta anche la sensibilità dell’utente finale che si traduce in cura del prodotto e attenzione ai piccoli dettagli che possono fare la differenza, a partire dalla risuolatura di alcuni tipi di scarpe. Per questo abbiamo una rete di un centinaio di risuolatori autorizzati in tutta Italia e invitiamo, per qualsiasi problema o dubbio, a contattare il nostro customer service». È la S di sostenibilità, ma anche la C di cura che dalle parti di Asolo non fa rima con obsolescenza programmata. Il fatto che la produzione avvenga per il 60% circa in Italia riduce inoltre gli spostamenti, con un impatto positivo sull’ambiente. Stabilimenti di proprietà, in buona parte in Europa e in Italia, ha qualcosa a che fare anche con la R di rispetto, non solo per la natura, ma anche per le persone, con un controllo diretto e puntuale sulle pratiche per la salute e la sicurezza dei lavoratori.

La sostenibilità è un percorso e non un punto d’arrivo. Questo in SCARPA lo sanno bene, però la nuova Mojito Bio della collezione Urban Outdoor è già un punto fermo. È il primo prodotto di SCARPA certificato 100% biodegradabile. Una volta che Mojito Bio ha raggiunto la fine del suo ciclo di vita, limpatto sullambiente di questa calzatura è praticamente pari a zero e dopo 450 giorni lassorbimento nel terreno arriva già all85%. «L’obiettivo è di aggiungere un prodotto bio e sostenibile all’anno, per ora mi sembra difficile salire troppo nella tecnicità della calzatura con queste scelte, diciamo che a breve vedo possibile un percorso fino al light hiking, per andare oltre sarà importante il contributo dei nostri fornitori, ma anche la ricerca e la collaborazione con enti universitari – aggiunge Parisotto – Più le condizioni diventano estreme, più dobbiamo essere sicuri di poter garantire un ciclo di vita lungo e per arrivare alla produzione abbiamo bisogno di testare intensivamente sul campo le soluzioni nate dalla ricerca». È la P di performance, che fa rima con ricerca, nella quale l’azienda di Asolo investe circa il 5% del fatturato.

Rimarrebbe un’altra lettera per spiegare il percorso che SCARPA sta facendo verso la sostenibilità, la A finale di autenticità. Autenticità che significa essere trasparenti, senza filtri. «Il prossimo passaggio è la certificazione B Corp che dovrebbe diventare effettiva tra fine anno e l’inizio del 2022, è una scelta che abbiamo voluto con tutte le nostre forze per tradurre i comportamenti virtuosi su base volontaria in pratiche codificate e certificate». Sulla homepage della B Corporation si legge: «Le B Corp certificate si distinguono sul mercato da tutte le altre perché, oltre a perseguire il profitto, innovano continuamente per massimizzare il loro impatto positivo verso i dipendenti, le comunità in cui operano, l’ambiente e tutti gli stakeholder. Infatti lazienda B Corp sceglie volontariamente e formalmente di produrre contemporaneamente benefici di carattere sociale e ambientale mentre raggiunge i propri risultati economici». Non ci sono altri calzaturifici italiani del mondo outdoor tra i marchi certificati e anche il mondo dell’abbigliamento con ramificazioni outdoor è poco rappresentato. «Lo step successivo potrebbe essere la modifica dello statuto aziendale in società Benefit, dedita non solo alla creazione di profitto, ma anche di benefici per il territorio, l’ambiente e il sociale» aggiunge Parisotto.

In fin dei conti scarpe che durano nel tempo, per un marchio, significa anche vendere e produrre di meno. Un obiettivo non facilmente conciliabile con le normali dinamiche aziendali. «È vero, ma esistono anche mercati dove SCARPA non ha ancora una quota di mercato rilevante e i margini di crescita posso avvenire lì, ma sempre con l’obiettivo di vendere prodotti di qualità e che durano nel tempo e poi la qualità e la necessità di controllare tutto il processo produttivo non si conciliano con crescite troppo veloci» conclude Parisotto. È la filosofia SCARPA, da oltre 80 anni.