«Non esiste il brutto tempo, piuttosto abbigliamento inappropriato» ha detto Ranulph Fiennes, uno dei più grandi – se non il più grande – esploratori viventi. Non si può non essere d’accordo in un’epoca che ci propone il materiale e lo strato giusto per ogni attività e temperatura. Lo penso mentre, insieme a un selezionato gruppo di giornalisti provenienti da tutto il mondo, sto camminando nella neve profonda, con i ramponi ai piedi, sopra a Lake Louise, Alberta, Canada. Abbiamo addosso una giacca rossa che utilizza il nuovo Gore-Tex Pro, che sarà in vendita dall’autunno-inverno 2020. Il risultato finale, almeno con le condizioni meteo di oggi – nevischio, temperatura intorno agli zero gradi – non fa una grinza. La gestione dell’umidità lungo i 10 chilometri e 550 metri di dislivello ha funzionato, aiutata anche dalle pratiche zip di ventilazione sottomanica. Aprendole nei momenti più intensi della salita e poi richiudendole nelle pause o in discesa l’interno della giacca è asciutto. Fuori le goccioline scivolano via e l’acqua non passa. Ieri, esposti al vento forte della vetta del monte Ha Ling, abbiamo potuto constatare che la giacca è anche perfettamente sigillata e mette una barriera impenetrabile tra il corpo e il vento. Camminando, forzando il passo, ma anche facendo qualche passo di arrampicata, non sembra di avere addosso un guscio hard shell perché la libertà di movimento, soprattutto all’altezza delle spalle, è molto buona. Dopotutto sono le principali caratteristiche del nuovo Gore-Tex Pro, che propone tre diversi laminati: Gore-Tex Pro massima traspirabilità, Gore-Tex Pro stretch e Gore-Tex Pro massima resistenza. In pratica, a differenza del Gore-Tex Pro attualmente in commercio, che prevede un unico laminato, per i produttori sarà possibile combinare i tre prodotti nelle diverse aree delle giacche per ottenere parti più traspiranti, più resistenti all’abrasione o elastiche. «Se l’obiettivo è l’arrampicata, si potrebbero volere proprietà elastiche dietro a spalle e braccia, più robustezza ai gomiti e sopra le spalle, e la massima traspirabilità sul busto – dice Marc McKinnie, product specialist di Gore-Tex Pro. Per lo sci alpino, invece, la massima resistenza del laminato può avere la precedenza su traspirabilità ed elasticità».

A conti fatti una piccola rivoluzione. Il risultato finale, che dipende naturalmente anche dal design dei singoli gusci, da una intelligente scelta degli strati da indossare e che ci riserviamo di mettere alla prova più intensamente durante tutta la stagione, è lì, ma rappresenta il punto di arrivo di un percorso lungo. Davanti a me, in fila indiana, ci sono Tamara Lunger, Stefan Glowacz e Greg Hill. Per i lettori di Skialper non hanno bisogno di presentazioni. Rappresentano una selezione del meglio in termini di avventura ed esplorazione. Scalando, sciando o attraversando le desolate solitudini della Groenlandia e della Penisola di Baffin. Stefan ha provato tra i primi in condizioni estreme il nuovo Gore-Tex Pro proprio a Baffin. Un passato nell’arrampicata sportiva, oggi è la grande avventura la sua passione. Tamara si è spinta nei luoghi più freddi della terra e Greg per raggiungere e sciare le cime del Nord America deve ravanare per ore tra rovi e boschi per poi strisciarsi su rocce dure e appuntite. Ma quando il nuovo Gore-Tex Pro è arrivato a loro erano comunque uno degli ultimi – ma non meno importanti – ingranaggi della catena, anche se proprio dai loro input si è partiti per creare il nuovo laminato perché Gore-Tex Pro è pensato per utilizzatori di alto livello: atleti, professionisti, scialpinisti, alpinisti, su roccia e su ghiaccio.

© Bruno Long

Scienza del comfort. Si chiama così l’ombelico da cui nasce tutto. Esistono strumenti per misurare ogni aspetto di come un vestito fascia il nostro corpo e lo scalda. Ma la definizione più difficile è proprio quella del comfort stesso. «Il corpo umano percepisce solo la mancanza di comfort ed è da qui che in realtà si parte» dice Ray Davis che nella sede di Landenberg, in Pennsylvania, è il responsabile della divisione che all’interno di Gore-Tex si occupa di comfort science. Sono quattro i fattori che influenzano la mancanza di comfort, quello termico piscologico (la percezione del calore o meno), quello puramente piscologico, quello ergonomico e sensoriale. E per ogni categoria di prodotti e utilizzatori Ray Davis e i suoi uomini stanno cercando di trovare la giusta ricetta, per garantire comfort e prestazioni. Si testa in laboratorio, sulle persone, ma anche sui manichini. I test termici e non termici vengono effettuati in un’area di più di 300 metri quadrati. La rain tower può gestire temperature tra + 5° C e + 25° C con venti da 0,4 a 5 metri/secondo e fino a 150 mm/ora di pioggia. C’è anche un’area di 150 metri quadrati dove la temperatura può essere portata da – 50° C a + 50° C, con umidità relativa tra il 10% e il 95% e radiazioni solari simulate fino a 1.100 Watt/metro quadrato. Con i sensori si arriva a mappare il corpo e le singole parti per creare delle mappe termiche, ma i sensori misurano anche la pressione esercitata: meno ce n’è, più i movimenti sono liberi. La percezione di limitazione dei movimenti con il nuovo Gore-Tex Pro è stata ridotta in maniera significativa, con valori che sono passati da circa il 55% a poco più del 40%. Sulla nostra giacca le parti elastiche si concentrano sul retro, dietro le due spalle. Le parti più resistenti sono proprio sulle spalle e sule maniche. La resistenza del nuovo Gore-Tex Pro è stata testata anche con il temibile 5 finger scratch test che prevede che cinque puntali di metallo scorrano a lungo su e giù per misurare l’abrasione nel tempo.

Alla base del comfort termico ci sono sempre tre elementi: il corpo umano, l’abbigliamento e l’ambiente. Il corpo produce calore e umidità e si raffredda dopo l’esercizio fisico, soprattutto se sudato. Il resto lo fanno l’isolamento termico e la traspirabilità dei vestiti, la temperatura esterna, il sole, l’ombra. Per misurare la traspirabilità, oltre ai test sul campo, si utilizza un macchinario con una piastra calda (35° C) sulla quale viene steso il materiale e sopra c’è un flusso d’aria a 23° C con umidità relativa del 50%. Questo secondo la norma ASTM F1868, mentre per quella ISO 11092 tra la piastra e la membrana c’è un tessuto traspirante inumidito (che determina un’umidità relativa del 100%) e il flusso d’aria è a 35° C con umidità relativa del 40%. In questo secondo test Gore-Tex Pro massima traspirabilità è stato classificato con i migliori valori RET possibili, inferiori a 6 (estremamente traspirante), mentre gli altri due laminati Pro sono nel range appena sotto (tra 6 e 13, molto traspiranti).

© Stefan Głowacz

Sotto di noi le acque di Lake Louise sembrano quelle di una laguna blu. Il colore è il risultato delle microparticelle di polvere delle rocce del Mount Victoria trasportare dalle acque. Difficile non pensare che ogni nostra azione, oggi, può avere effetti su quelle acque simbolo della natura più pulita, che ogni gocciolina che scivola via dai gusci finirà lì. «I valori del rispetto dell’ambiente e delle condizioni di lavoro fanno parte del DNA di WL Gore & Associates da quando è stata fondata nel 1958 da Bill e Vieve Gore, ma è chiaro che non si può rimanere fermi e da una parte le ricerche scientifiche ci permettono di avere più risposte sull’effetto inquinante di prodotti e cicli, dall’altra il progresso aiuta a produrre materiali meno inquinanti» mi dice Bermard Kiehl, a capo del team che si occupa di sostenibilità in Gore. Tra le certificazioni Gore-Tex ci sono Bluesign (che assicura che i prodotti sono realizzati in modo sostenibile) e Oeko-Tex Standard 100 (che garantisce che i materiali non sono dannosi per la salute) e con la fine dello scorso mese tutti gli stabilimenti sono stati certificati ISO 14.001, ma le sfide per l’immediato futuro sono ambiziose. Molto ambiziose. Gore ha sottoposto i propri prodotti all’analisi del ciclo di vita (LCA – Life Cycle Assessment) per valutare gli effetti dalla culla alla tomba, dalle materie prime utilizzate, alla produzione, fino al fine vita. Nel 2018 sono stati introdotti dei prodotti con un trattamento DWR (durable water repellent, quello che fa scivolare via le goccioline dalla superficie dei gusci) senza PFC (composti perfluorati) di rilevanza ambientale che alcuni studi hanno dimostrato che non si degradano nell’ambiente e si accumulano negli organismi viventi. La sfida riguarda proprio le membrane e le tecnologie di prodotto per utilizzi intensi e professionisti sono ancora escluse perché in Gore non ritengono di avere trovato un’alternativa sufficientemente performante. «Su questo aspetto abbiamo negoziato a lungo i nostri obiettivi con il WWF – World Wildlife Found e ci siamo posti l’obiettivo di eliminare completamente i PFC di rilevanza ambientale entro il 2021-2023» dice Bernard Kiehl. Già con il nuovo Gore-Tex Pro sono stati raggiunti altri risultati dal punto di vista ambientale. La tintura in massa ha permesse di risparmiare l’utilizzo di acqua e ridurre le emissioni nell’ambiente prodotte dall’utilizzo di energia. Per ogni metro di Gore-Tex Pro massima traspirabilità e massima resistenza vengono risparmiati più di dieci litri di acqua per la superficie tessile e quasi tre per il rivestimento interno e rispettivamente di 71,7 e 20,5 chili le emissioni di CO2. «Il materiale alla base del Gore-Tex, ePTFE, invece, non è tossico, è molto stabile, non degrada nell’ambiente per diventare un PFC di rilevanza ambientale» conclude Kiehl. Se finisce nell’ambiente dunque ci rimane, ma non fa danni. Che sia questa la sfida successiva, una membrana non tossica e biodegradabile?

WL. Gore & Associates ha compensato le emissioni di CO 2 prodotte da tutti i voli diretti verso Banff, dove è stata presentato il nuovo Gore-Tex Pro, per un totale di 80.359 chili, con l’acquisto di certificati Atmosfair (atmosfair.de). I progetti sostenuti da Atmosfair con i proventi della compensazione di emissioni comprendono 31 cucine in Nigeria, un anno di fornitura elettrica da fonti rinnovabili per cento abitazioni in India e sei impianti a biogas per abitazioni in Kenia.

© Bruno Long