Riflessioni del nostro esperto di nivologia Renato Cresta

Sono molti gli amici e i conoscenti che, sapendo che ogni giorno rilevo i dati nivo-meteo per trasmetterli all’ARPA Piemonte, mi chiedono notizie circa l’andamento della nevosità di questa stagione invernale perché “un inverno così non l’ho mai visto”. Questa frase è in parte accettabile se pronunciata da chi ha meno di 40 anni, mentre suona strana se proposta da persone di età più avanzata, ma si sa che l’età indebolisce la memoria.

Sono andato a prendere i tabulati dei dati che ho rilevato, a partire dall’inverno 1970/71 sino all’inverno 2009/10, e ne ho elaborato alcune facili statistiche. Non ho inserito gli inverni successivi al 2010 perché i primi tre anni del decennio 2011/20 sono entro la media, mentre fa eccezione questo inverno, che metterò a confronto con le medie e le eccezioni degli anni precedenti. Ho parlato di media, perché a questa ci si riferisce sempre per avere un valore di riferimento, ma la media, anche se ponderata, è un valore poco significativo, come vedremo tra poco. Ecco comunque la media – 418 cm – delle altezze cumulate (somma di tutte le nevicate) degli ultimi 40 anni. Questo valore, rilevato in una stazione (Macugnaga) posta a 1300 m di altezza, risulta allineato con i valori rilevati dagli enti ufficiali nelle stazioni di quota simile sparse nel bacino del Fiume Toce, cioè per le Valli dell’Ossola. In realtà, che si occupa di statistica conosce che, oltre alla media, è opportuno calcolare lo scarto quadratico, ossia la deviazione standard. Quest’ultima si ricava con una formula, neppure tanto complessa, che permette di fissare un limite da aggiungere o sottrarre alla media, ricavando così i limiti estremi di una fascia: i dati che rientrano nei limiti della fascia sono in media, quelli che sfondano sono fuori media, ossia eccezioni.

Ebbene, la deviazione è di 214 cm, per cui tutti i valori compresi tra (415 – 214) 201 cm e (415 + 214) 629 cm sono in media. La fascia tra 201 e 629 cm è molto vasta, infatti, adottando questo criterio, ci si accorge che solo 6 inverni sfondano verso l’alto e 5 verso il basso, il che vuol dire che solo 1 inverno su quattro è sotto media e solo 1 su 7 è sopra media. In realtà, lo deviazione è così ampia perché l’inverno non si lascia mettere il guinzaglio e segue la regola dell’irregolarità.

Gli inverni anomali per troppa neve sono:  
1971/72 – 1088 cm
1973/74 –   772 cm
1974/75 –   805 cm
1979/80 –   686 cm
1985/86 –   787 cm
2008/09 –   747 cm  

Tra quelli scarsi di neve, è veramente eccezionale solo l’inverno 1980/81, che ha concesso unicamente 29 cm di neve. Per curiosità, aggiungo che la massima altezza della neve al suolo è stata di 285 cm, registrata nel 1980. E questo inverno?  Siamo ancora lontani dalla conclusione e può accadere ancora ogni cosa salti in mente Madame Météo, al momento (14 febbraio) ho rilevato una lunga serie di episodi nevosi di modesta entità, ma molto frequenti, che hanno cumulato 515 cm di neve, cioè esattamente 100 cm sopra la media, ma ancora un metro entro la fascia degli scarti. Allora non è un inverno eccezionale? Al momento non lo è, ma ci sembra tale perché le precipitazioni si sono concate con una frequenza non abituale, senza concedere respiro tra un evento ed il successivo. Ma, sebbene deprimente, preferisco questo andamento a quello di alcuni inverni in cui, nell’arco di tre o quattro giorni cadeva la metà di tutte le precipitazioni nevose dell’intero inverno. Sono proprio gli inverni che ho elencato sopra quelli in cui si sono verificati questi eventi; ne cito uno solo: il 1985/86, durante il quale in quattro giorni (31.01/3.02) sono caduti 340 cm di neve, quasi la metà dell’intera stagione invernale.

Ma questo fa differenza? Certamente. Il manto nevoso accetta abbastanza bene un carico addizionale se applicato lentamente perché ha il tempo di assestarsi; in altre parole, i grani di neve si assestano, rompendo i legami che li trattenevano uniti ai vicini, ma nello stesso tempo trovano nuovi equilibri più solidi, formando nuovi legami che consolidano il sistema. Durante questo processo il numero di legami che si formano è sempre superiore a quello dei legami che si rompono. Se in carico addizionale è applicato velocemente, il numero dei legami che si rompono è notevolmente superiore a quello dei legami che si formano e avviene il collasso. Gli inverni indicati hanno rilasciato valanghe catastrofiche, con danni a strutture, interruzione della viabilità e dei servizi e, di conseguenza, al turismo. Da questo punto di vista, questo inverno si comporta meglio (finché dura).

E gli incidenti con vittime?  Risponderò alla domanda con un’altra domanda: dov’erano le vittime al momento dell’incidente? Erano tutte nella zona di distacco, a stuzzicare con il loro peso (carico addizionale) una neve non ancora assestata. La loro presenza ha rotto un equilibrio molto delicato e tutto è crollato. In fondo, anche il cemento ha bisogno di qualche giorno per “maturare”; anche un pilastro o una trave crollano se disarmate anzitempo. Concludendo: per il momento, dal punto di vista dell’entità, questo inverno è nella norma mentre, da punto di vista della frequenza degli eventi, è fuori dalla regola. Ma qual è la regola in un ambiente nel quale un inverno su quattro è troppo nevoso oppure troppo siccitoso? Qualcuno mi darà del suonato ma, come ho già detto, per me questo inverno sembra rispettare la regola delle eccezioni.

Aggiungo solo la risposta alla domanda che nessuno mi ha mai formulato: adesso nevica di più o di meno di una volta? Ecco le statistiche della media delle precipitazioni, raggruppate per decenni.  

Inverni 1971/1980 – 587 cm
Inverni 1981/1990 – 362 cm
Inverni 1991/2000 – 365 cm
Inverni 2001/2010 – 357 cm
Media 1971/2010  –  418 cm  

A prima vista si direbbe di sì: negli ultimi 30 anni sono risultati inferiori di oltre due metri agli inverni degli anni ’70. A suo tempo sono andato a rovistare gli annali delle precipitazioni rilevati dall’ENEL nei bacini idroelettrici della Val d’Ossola ed constatatio che le medie degli anni precedenti al decennio ’70 sono risultate molto vicine a quelle degli ultimi 30 anni. Allora bisogna rovesciare la conclusione: in Val d’Ossola, gli anni ’70 sono stati i più nevosi dell’intero XX secolo. Ma molti tra i più anziani non se ne sono accorti oppure l’hanno già dimenticato. Scherzi dell’età.