‘Mai prese sostanze dopanti, il corpo in quota produce Epo’

Con un documento di cinque pagine in spagnolo pubblicato sulla sua pagina Facebook Gonzalo Calisto, l’atleta squalificato perché positivo all’Epo alla scorsa UTMB, si è difeso dalle accuse. Una difesa, per la verità, ricca di domande. «Mi poace il gioco pulito, non ho mai usato volontariamente sostanze che aumentano il rendimento» scrive subito Calisto.

FISIOLOGIA – La prima parte riguarda la fisiologia: «In Ecuador gli eventi sportivi si svolgono tra 3.000 e 4.500 m, per questo i nostri corpi si adattano a queste condizioni estreme con la produzione naturale di eritropoietina (Epo) e il nostro sangue risulta molto denso per permettere di ossigenare il sangue, cosa che non succede al livello del mare, dove l’ossigenazione è ottima». La parte legale riguarda il mancato riconoscimento del trail in Ecuador e di conseguenza la non affiliazione a nessuna federazione.

ANALISI – Sulla base di quale giurisdizione la IAAF mi ha squalificato se non sono un atleta tesserato né professionista, in sostanza, il ragionamento di Calisto, che ha dichiarato di essere stato controllato prima e dopo la gara. «È stata rivelata presenza di Epo senza segnalare che tipo e a che livelli … non ho mai potuto vedere i risultati esatti, nonostante li abbia sollecitati». Calisto lamenta anche il fatto che non sia stato effettuato il test sul campione B, per verificare che si sia trattato effettivamente di un positivo e non di un falso positivo, in quanto viene sollecitato dalla federazione che ha emesso la licenza dell’atleta. In pratica l’ecuadoregno pone un problema: come fanno gli atleti non professionisti a tutelarsi se accusati di doping, visto che non hanno il supporto di una federazione e non possono permettersi spese legali importanti e assistenza nelle varie fasi del procedimento? Gonzalo chiude con una serie di domande, terminando con: «Perché mi hanno fatto partecipare senza una tessera federale in una categoria dove vengono effettuati controlli che la richiedono? Vorrei che il mio caso servisse per chiarire ed eventualmente modificare la normativa sul trail running a livello mondiale».