Su Skialper di dicembre-gennaio una rara intervista a Spricenieks
Immaginate uno sciatore controcorrente, che evita assolutamente la neve dura e la crosta, tanto «se la neve non è buona ci sono altre cose da fare oltre lo sci». Uno sciatore che lascia uno sponsor sicuro per potere sviluppare il proprio sci e appare raramente nei film perché non fa gare e «nessuna stupida autopromozione». Aggiungete che lo sciatore in questione non ha un account Facebook o Instagram pubblico. Ecco, questo è Ptor Spricenieks, che Davide Terraneo (da sempre suo fan) ha incontrato a Milano in autunno. Il risultato di questo incontro è la bella intervista pubblicata su Skialper di dicembre-gennaio.
DAL MT. ROBSON AL PAKISTAN – La scarsità di informazioni, unita all’assurda quantità di montagne sciate spesso in autonomia e stile alpino, ha creato un alone leggendario intorno alla figura di Ptor. Probabilmente è il più famoso e allo stesso tempo sconosciuto sciatore d’esplorazione mai esistito fino a oggi. Nel 1995, a 28 anni, dopo aver trascorso un mese in Pakistan per tentare di sciare il Nanga Parbat insieme al suo compagno Troy Jungen, riesce a venire a capo di una delle più grosse pareti non ancora sciate del nord America: la nord del Mount Robson (3.954 m) in British Coulombia. Mille metri di parete con pendenze fino a 57 gradi e una cattiva reputazione. Molti dei più forti sciatori avevano tentato la discesa, tra cui Trevor Petersen, Scott Schmidt, Steve Smaridge e il local Peter Chrzanowski, ma nessuno era stato così fortunato nel trovare le condizioni ideali del manto nevoso. Però Ptor non si è fermato dopo il Mount Robson. Vivendo da vero ski bum, con pochi beni materiali ma con una gran voglia di sciare e basta, ha lasciato la sua firma in Bolivia, Pakistan, Perù, India, Turchia. A fine anni ‘90 si è trasferito a La Grave, in Francia, dove ha conosciuto ed è diventato grande amico di Doug Coombs. Da quel momento la sua attività extra-europea è stata intervallata da discese severe sui colossi delle Alpi come Lyskamm (prima discesa del versante sud-ovest), Ortles, Monviso, Barre des Écrins, Bernina e molti altri ancora. Tra le altre imprese 20 giorni in autosufficienza sulle St. Elias Mountains dello Yukon, con la prima discesa del versante nord-ovest del Mount Vancouver (4.813 m) e della cresta nord del Mc Arthur Peak (4.300 m). Nel 2015 è uscito finalmente il suo film autobiografico, intitolato Dream Line e prodotto dal regista Bjarn Salén che, oltre a mostrare la vita passata a vagabondare per il globo con e senza sci ai piedi, racconta la sua ultima grande avventura in solitaria sull’inviolata Shina Face sul versante settentrionale del Gashot Peak (6.800 m, Pakistan). Come curriculum potrebbe andare bene?
«Per riuscire in certe realizzazioni bisogna seguire i nostri desideri, ma anche i sogni che si fanno durante la notte mentre si dorme. La gente li confonde e pensa che siano separati, invece non è così. È tutto collegato; i sogni diurni, i desideri e i sogni notturni. È questo il significato del Film».
Ptor Spricenieks
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