Nuova discesa fino a 55 gradi su una vetta di 6900 metri
Kilian Jornet, Vivian Bruchez e Seb Montaz Rosset, durante la loro spedizione all’Everest, che prevedeva il raggiungimento della cima più alta del pianeta con uno stile ‘veloce e leggero’ (progetto Summits of my life), hanno avuto modo di esplorare montagne di minor rilevanza con gli assi sotto ai piedi.
NUOVA DISCESA – È cosi che martedì 13 settembre il trio, armato di piccozze ramponi e sci minimalisti, ha salito e ridisceso una cima inviolata di 6.900 m, situata nella regione tibetana dell’Everest, lungo una estetica parete di ghiaccio e neve di circa 800 m con pendenze fino a 55°. Vivan Bruchez su Facebook introduce la loro impresa con questa frase di Jean Michel Asselin: «Per salire in Himalaya bisogna stranamente prendersi gioco della morte per non perdere nulla del desiderio di vivere» spiegando poi come sia difficile, su grandi pareti e in posti remoti, mantenere la calma e la lucidità per poter affrontare un pendio nevoso di questo tipo con gli sci ai piedi.
CONDIZIONI – La neve non ottimale lungo la discesa e il grosso seracco che incombeva come una spada di Damocle sulle loro teste hanno messo a dura prova lo stress psicologico dei tre atleti. Solo Kilian, come spiegherà poi Bruchez, era abbastanza rilassato sia durante la salita che durante la discesa. La sua fortuna è stata di intraprendere, in questi anni, molte uscite in solitaria su lunghi e remoti itinerari alpini (come la cresta dell’Innominata in velocità), dove la solitudine e il sapersi arrangiare da soli temprano in maniera profonda la mente e le sensazioni dell’essere umano. In conclusione si tratta di sicuro di una splendida parete logica, sostenuta e ripida che avrebbe richiesto un’intera spedizione a scialpinisti di alto livello per essere affronta. Per Kilian e compagni, invece, è stato solo un ripiego dovuto alla mancata vetta dell’Everest a causa della troppa neve presente sul percorso da loro prestabilito.