Una gara sorprendente e in crescendo
Partita senza un vero piano di battaglia, Katia Fori è salita domenica sul podio femminile della classica 6000D.
I suoi parziali la vedono inizialmente in 144a. posizione assoluta, e al traguardo 33a. assoluta e terza donna a 5′ dalla vincitrice, dopo aver lottato anche per la seconda piazza.
La 6000D Aime-La Plagne è una gara con una tradizione e molto partecipata; è per questo che l’hai scelta?
«Era un po’ che ci pensavo, che questa classica era nei miei programmi, per andare a vedere come fosse. Ma non l’ho preparata in modo particolarmente attento, come farei per appuntamenti come l’UTMB per esempio».
Di che tipo di percorso si tratta?
«Si parte da 600 metri per arrivare a 3050 sommando 3000 metri positivi, e poi si torna giù. Quindi i primi 30 chilometri sono quasi sempre in salita. Per circa 20 chilometri sono pendenze corribili, poi c’è la morena, ci sono gli strappi sui ghiaioni e lì non si può più correre. Il ritorno quindi è quasi tutto in discesa, interrotta da pochi strappi di 2-300 metri. In totale i metri positivi sono quindi 4000, su 60 chilometri».
Katia, raccontaci la tua 6000D. Come è andata?
«Non la conoscevo e sono partita senza ambizioni. Ho corso quasi tutta la prima metà senza conoscere la mia posizione di classifica. Poi, dato che c’era molto pubblico – perché anche lì tengono gli impianti di risalita aperti gratis per il pubblico il giorno della gara – passavo e, sentendo gli incitamenti, ho capito che ero terza. Ne sono stata molto contenta, anche perché in genere vado meglio dopo un po’, sulla lunga distanza. Allora ho cominciato a pensare alla classifica e ho voluto difendere la posizione. Tra l’altro, appena iniziata la discesa ho sentito una voce di donna dietro…»
Come andavano le altre ragazze? Siete in classifica con distacchi minimi, avete duellato testa a testa?
A un certo punto avevo anche raggiunto la seconda. A 7-8 chilometri dalla fine l’ho superata e abbiamo duellato per un po’. Ma ero stanca, avevo dato molto nella seconda parte, e alla fine l’ha spuntata lei».
Quali differenze trovi tra il trail italiano e quello francese?
«Lo spirito tra i concorrenti è uguale, invece il contorno è molto differente, il pubblico soprattutto. Ma la vera differenza sono i giovani in gara: là iniziano a fare lunghe distanze molto più giovani che in Italia, e così qui l’età media è molto più alta».
Senti: va bene lo spirito trail e tutto quanto. Ma di solito, in tutti gli sport e almeno qui da noi in Italia, le donne che superano uomini trovano facilmente una certa resistenza ‘di genere’. Come va in questi ultra?
«..be’, lo spirito trail si respira sempre…ma effettivamente con qualche uomo ho duellato per parecchio tempo. Sai quando a un certo punto superi uno, non dovresti vederlo più, e invece poi te lo ritrovi lì attorno per un bel po’…chissà? magari sono normali testa a testa, però…»
Quali tempi di recupero ti sembrano adeguati tra due ultra’ standard’, diciamo attorno ai 60-80 km, per correre bene la successiva?
Non saprei esattamente. Direi due settimane tra una e l’altra. Ma in settimana faccio pochi chilometri anche perché abito proprio nel centro storico di Parma, il che non invoglia e non aiuta. A giugno e luglio però ne ho corso diverse ravvicinate, praticamente ogni settimana. Ma per divertirmi, senza badare alla programmazione. Diciamo che in passato, prima di un appuntamento importante, ho rispettato un paio di settimane di scarico».
Provieni da altre distanze nella corsa, o da altre discipline?
«No assolutamente! Non facevo niente! E’ successo che avevo seguito tra il pubblico mio marito all’UTMB del 2007. La cosa mi ha affascinato, ho iniziato a correre, e nel 2008 ho partecipato anch’io alla mia prima UTMB. Ma solo per finirla, senza ambizioni. Ci ho messo quasi 40 ore».
Su quali terreno ti trovi meglio?
«Una volta avrei detto sul corribile, oggi non ho preferenze. Comunque senza dubbio sulla lunga distanza».
Ti è piaciuto il tuo Mezzalama?
«Molto, ma ho sofferto la quota. Non ne avevo fatta come forse si dovrebbe prima di una gara che resta in alto così a lungo, e quando ci siamo trovati sotto il Lyskamm non respiravo più, e il cuore batteva fortissimo».
Sci e pelli anche il prossimo inverno, dunque? Quando hai iniziato con lo scialpinismo?
Gare, ho iniziato solo l’anno scorso. Lo scialpinismo dal 2006-2007 con mio marito,mentre prima facevo solo discesa. Continuerò senza dubbio, anche perché dà un tono muscolare che aiuta a prevenire gli infortuni della corsa prolungata, e senza essere traumatizzante per le articolazioni».
E da Parma dove vai a cercare la neve più vicina?
«Ci sarebbe Schia a un’ora, ma la salita più lunga sono circa 300 metri. A Febbio ci sarebbero anche 1000 metri, ma ci vogliono più di due ore. E allora si va solo nei fine settimana, di solito in Alto Adige dove ci sono le montagne più adatte alle gite invernali di skialp».