«Io l’avevo già visitata, circa dieci anni fa, feci una vacanza di heliski. Si dormiva in città, a Petropavlovsk, si passavano ore in un hangar ad aspettare il bel tempo e, se poi eravamo fortunati, ci trovavamo su qualche pendio senza sapere esattamente dove. Elicotteri enormi, oblò piccoli, 25 persone: una funivia con le pale. Non mi era piaciuta l’esperienza nel suo insieme, ma la Kamchatka sì. La natura è meravigliosa e meritava un’altra chance» scrive così Paolo Tassi, insieme a Martino Colonna autore dell’articolo sulla Kamchatka che pubblichiamo su Skialper 127 di dicembre-gennaio.
E dopo quella esperienza Tassi in Kamchatka ci è tornato, scoprendo che sciare su un vulcano è un’esperienza particolare: «L’esposizione costante del pendio fa sì che le sciate siano infinite, non esistono punti intermedi dove fermarsi, si parte e si va…». E poi ci sono i geyser, spazi infiniti, granchi, gamberi e salmoni tra i migliori al mondo. Ecco perché vale la pena di leggere il reportage di 11 pagine che pubblichiamo su Skialper in edicola. E naturalmente la neve. Scrive Martino Colonna: «I vulcani della Kamchatka sono molto più grandi e attivi di quelli del Giappone e possono superare i 4.500 metri. L’altra sensibile differenza la fa il clima. La Kamchatka è più a Nord e quindi se uno pensa che gli inverni in Hokkaido siano particolarmente freddi e ventosi è solo perché non ha mai avuto a che fare con il clima della Kamchatka. Nella parte meridionale della penisola le temperature medie invernali sono inferiori ai meno 10 e le precipitazioni annuali superano i 2.000 mm di acqua l’anno, molta della quale cade sotto forma di neve. A fine aprile, quando siamo stati nella zona Sud della penisola, c’erano ancora due metri di neve al livello del mare». Sono quattro i vulcani sciati dal duo Tassi-Colonna: Avachinsky, Viluchinsky, Mutnovsky e Gorely, con dislivelli fino a 2.700 metri, raggiungibili con lunghi avvicinamenti in motoslitta, fuoristrada o gatto delle nevi. Welcome in Kamchatka!