Faccia a faccia tra i due atleti in vista della gara di fine mese
Abbiamo messo Giuseppe Marazzi (1974) e Sergio Vallosio (1972) uno di fronte all’altro cercando per una volta di scalfire la loro modestia. Due ragazzi per certi aspetti simili che negli ultimi anni sono diventati un riferimento del trail running nazionale. Saranno al via per il secondo anno consecutivo all’Ultra Trail du Mont Blanc (166 km) in programma a fine agosto a Chamonix. Entrambi pronosticano l’altro ‘finisher’ in 25 ore.
Ciao Beppe (ciao Sergio) ci racconti qualcosa, per come lo conosci, di Sergio (Beppe) come uomo e come atleta?
Beppe: «Definire Sergio come atleta è facile, basta guardare la sua continua crescita degli ultimi anni e i suoi risultati… Poche storie, è fortissimo! Non abbiamo fatto tante gare insieme ma quelle poche volte mi ha costantemente sverniciato, quindi non posso conoscere il suo stile di corsa o i suoi punti forti e deboli… L’unico modo che ho per vedere Sergio all’opera è andare a fare lo spettatore! (cosa che ho fatto pochi giorni fa) Come uomo dovrei dire che è simpatico e sembra una persona pacata e tranquilla… ma in realtà sono molto invidioso perché lui ha il fans club su Facebook con un sacco di tifosi e io no!»
Sergio: «Beppe l’ho conosciuto durante l’UTMB 2011 ma non siamo riusciti a dirci un molto in gara. Poi i nostri sentieri si sono incrociati nuovamente al Monte Casto dove abbiamo rimediato e così tra una birra e l’altra non abbiamo potuto che diventare subito amici. Mi piacerebbe rivederlo più spesso, a Cima Tauffi il piacere di incontrarlo ai ristori è stato davvero grande. Grazie Beppe!»
Manca circa un mese all’Ultra Trail du MontBlanc di fine agosto. Vi capita già di pensare alla corsa e, se sì, in quali momenti della giornata?
Beppe: «Ci penso abbastanza spesso. Quando sento una bella canzone per radio incomincio a fantasticare di qualche punto ‘strategico’ della gara… Oggi ad esempio ascoltavo ‘Where the Streets Have No Name’ degli U2 e pensavo che sarebbe stato bello averla nelle orecchie ‘volando’ allo scollinamento del Gran Ferret con un bel sole negli occhi e il vento forte nei capelli… Quando mi capita mi segno il titolo della canzone e il punto: ormai la playlist per l’UTMB è pronta! Altre volte mi ritrovo a pensarmi al traguardo tra due ali di folla… di solito arrivo quarto! E’ un’idea talmente pazza che non si può neanche definire sogno. Ma non mi costa nulla e mi fa stare bene… quasi come fosse vero. Poi però mentre mi alleno torno subito con i piedi per terra perché mi tocca fare i conti con la fatica, quella vera che nel sogno naturalmente non c’era».
Sergio: «Sì, il pensiero è spesso ricorrente perché so cosa mi aspetta ma non è ansia, anzi. Durante il lavoro sono piuttosto impegnato per cui mi è difficile pensare ad altro ma al di fuori mi capita spesso di ripassare mentalmente i vari tratti e le strategie da adottare in gara. Vorrei arrivare preparato al meglio, questa è una grande occasione per noi, dobbiamo giocarcela bene».
Rispetto a un anno fa esatto, come vivete l’ultimo mese di attesa prima del grande evento?
Beppe: «Da un certo punto di vista è tutto diverso: l’anno scorso ero appena uscito da un infortunio che mi aveva tenuto fermo per tutto maggio e parte di giugno. Ero consapevole che mi mancavano i chilometri sulle gambe ed ero molto incredulo sulla reale possibilità di riuscire a finire l’UTMB. Quest’anno invece so che finire l’UTMB è possibile, ma questa volta non mi accontento di finire… voglio fare un bel risultato! Quindi da un certo punto di vista non è cambiato nulla: l’anno scorso l’incertezza di finire, quest’anno l’incertezza di riuscire a fare il risultato. Però io sono un improvvisatore: un mese prima sento l’evento ancora lontanissimo, la tensione della gara per me arriva solo negli ultimi giorni, se non nelle ultime ore».
Sergio: «Sono estremamente sereno. L’anno scorso ero più agitato e preoccupato. Oggi so che sarà durissima e starà solo a me arrivare preparato».
Avete cambiato qualcosa nella vostra programmazione stagionale rispetto allo scorso anno?
Beppe: «Quest’anno fisicamente mi sento molto bene e sono riuscito a fare molte gare medio lunghe (dai 70 ai 120 km) nel periodo tra maggio e luglio che ho sempre affrontate in ottica UTMB cercando di volta in volta di mettere a punto uno specifico dettaglio. Ad esempio test sull’alimentazione, sui materiali (soprattutto le scarpe), sulla strategia di gara, sulla gestione dei ristori, ma soprattutto alla ricerca del ritmo giusto da impostare per affrontare l’UTMB. Mi sono sempre sforzato di tenere un po’ di energie da spendere nel finale dove sono sempre riuscito a correre molto bene specialmente in discesa. Nello stesso tempo quando mi sono accorto che qualcosa non andava non ho esitato ad abbandonare la competizione per evitare di raschiare il fondo del barile e allungare a dismisura i tempi di recupero. In alcune occasioni ho avuto l’impressione di aver imparato a gestire molto bene la reazione del mio corpo dopo 12-15 ore di montagna con 100-120 km e di questo sono molto contento».
Sergio: «Sì molto… La mia allenatrice (nonchè moglie) Alessandra sta facendo un ottimo lavoro e ho piena fiducia nei suoi consigli. La parola d’ordine per me è ‘progressività’ e per il momento mi ha portato bene. Ho cominciato a correre da 5 anni e 15 chili fa e sono pronto a migliorarmi ancora, so che posso farlo».
A fine agosto con quale massimale in un singolo allenamento (km e durata) vi presenterete alla partenza?
Beppe: «Se parliamo di vero allenamento non ho mai superato i 40 km in 5/6 ore. Mi è anche capitato di fare lunghi giri in compagnia a ritmo molto lento anche di 8/9 ore. Se invece consideriamo anche le gare, quest’anno sono arrivato a 15 ore. Come rifinitura finale ho in programma un giro molto lento nei prossimi giorni da una ventina di ore».
Sergio: «Il massimale per l’UTMB l’ho già fatto al Cro-Magnon a fine giugno. Sono consapevole di allenarmi poco, il lavoro e la casa non mi permettono di fare grandi lunghi. Prediligo distanze più brevi ma in montagna per cui con più dislivello. Penso che difficilmente supererò i 40 km in una singola uscita prima dell’UTMB».
Vedete l’UTMB più come un viaggio e/o esperienza personale o più come una competizione sportiva?
Beppe: «Quest’anno non ho dubbi: competizione sportiva! L’anno scorso però avrei risposto esattamente il contrario. Oggi mi sento più maturo grazie all’esperienza del 2011 ma so anche che affrontare l’UTMB con spirito competitivo è molto pericoloso. Infatti se l’obiettivo è ‘solo’ quello di arrivare in fondo e fare un bel viaggio e se non subentrano particolari problemi fisici non è poi così difficile: ci sono 46 ore di tempo e psicologicamente si può sempre avere una spinta positiva perché ‘comunque vada sarà un successo’. Viceversa un obiettivo di tipo agonistico costringe a confrontarti continuamente durante la gara con la possibilità di dover constatare ben prima del traguardo che il risultato diventa realisticamente irrealizzabile… e in un caso del genere immagino che la voglia di mollare diventi davvero grande. Quest’anno ci vorrà davvero una grande ostinazione!»
Sergio: «Entrambe le definizioni sono corrette dal mio punto di vista. Sarà però in primis un grande viaggio. Le emozioni e i ricordi che ci porteremo per sempre con noi saranno indescrivibili. Ancora oggi mi viene la pelle d’oca nel pensare all’UTMB dello scorso anno».
Lo scorso anno Sergio è arrivato 38° in 29h 12’ e Beppe 49° in 30h 17’ su circa 2.550 concorrenti. Oggi firmereste per ottenere lo stesso risultato?
Beppe: «Davanti a un mostro come l’UTMB dovrei usare tutta la modestia possibile e rispondere sì: comunque arrivare in fondo è una bella soddisfazione. Ma mentirei prima di tutto a me stesso! Questa volta ho delle aspettative di netto miglioramento: l’esperienza dello scorso anno mi è servita proprio a questo. Oggi so che posso limare tranquillamente 3/4 ore… No: 30 ore non mi bastano!»
Sergio: «Assolutamente no. Metterei solo la firma per arrivare a Chamonix sulle mie gambe, quello sì … sarei già contento per ora! In una gara come questa può accadere qualunque cosa, l’unica certezza è che nessun partente può esser certo di arrivare».
Qual è il risultato di tempo e di classifica che oggi vi farebbe pensare che avete fatto la gara, se non della vita, della stagione?
Beppe: «E’ molto difficile stabilire un obiettivo per l’UTMB perché ci sono tantissime variabili che possono far sballare tutti i conti. Pianificare la gara sul tempo è pericoloso perché avvicinandoti al traguardo potresti accorgerti di non farcela e mollare con la testa. D’altra parte gestire la gara sulla posizione e quindi sugli avversari è ancora più pericoloso specialmente all’inizio per il rischio di bruciarsi troppo in fretta inseguendo qualche avversario troppo veloce… Se proprio devo sbilanciarmi arrivare prima della prima donna sarebbe la gara della vita, 26 ore la gara della stagione, 27 ore un buon risultato».
Sergio: «Credo sinceramente che se riuscirò a finire l’UTMB avrò comunque fatto un buon risultato a prescindere da tempi e piazzamenti. All’UTMB come ogni anno partiranno i più forti atleti del mondo e Dio solo sa quanti di loro si fermeranno o quanti avranno difficoltà, quale sarà il meteo che affronteremo. Le incognite sono troppe per poter azzardare un posizionamento in classifica, sarà già tanto entrarci!»
E quello, sempre in termini di tempo e classifica, che oggi considerate un bel sogno che non siete ancora in grado di realizzare?
Beppe: «24 ore, che potrebbe voler dire finire nei primi 10… un podio all’UTMB… può bastare come sogno?»
Sergio: «Se proprio devo sognare allora tanto vale farlo bene… 18esimo in 25 ore abbondanti. Stare al di sotto della ventesima posizione nel 2012, vista l’ escalation degli ultimi anni, sarebbe davvero un sogno. Chiudere in 25 ore sul percorso originale invece credo sia assolutamente possibile. Magari non ancora quest’anno ma ci si può lavorare».
Sergio (Beppe) secondo te quale risultato è nelle potenzialità di Beppe (Sergio)? E quello che più verosimilmente raggiungerà?
Beppe: «Questa risposta è facile!! Quest’anno Sergio ha dimostrato di essere fortissimo e di avere a disposizione un motore eccezionale. Credo che potenzialmente possa avere nelle gambe 23 ore se non qualcosa meno… Sergio è anche molto esperto e l’anno scorso ha fatto una gara bellissima con una partenza cauta e una rimonta progressiva fino alla fine. Però per sfruttare tutto il proprio potenziale bisogna osare qualcosa di più fin dall’inizio e così aumenta il rischio di saltare. Per riuscire a dosare bene le forze in modo da non sprecarne ma neanche conservarne troppe serve ancora più esperienza. Quindi quest’anno credo che Sergio starà attorno alle 25 ore».
Sergio: «Beppe è un duro e sono convinto farà bene. Non abbiamo mai corso insieme quest’anno ma credo che più o meno abbiamo una preparazione simile per cui anche a lui auguro un 25 ore e sotto la ventesima posizione!!»
Siamo in gara. Come lo scorso anno, transitate al centesimo chilometro del Gran Col Ferret vicini e appena iniziata la discesa vi ritrovate insieme. Per voi, ottime sensazioni e una buona regolarità che vi portano a rimontare in classifica e ad arrivare a Les Contamines in ventesima posizione assoluta. Davanti a voi, a vista, un gruppetto di 3 atleti e poco più avanti vi dicono che il quindicesimo è transitato da appena 3 minuti. Uscite dal ristoro insieme e arrivate al Col des Montets, con più di 50 chilometri fatti insieme. Sulla salita che porta alla Tète aux Vents ti accorgi che il tuo compagno accusa la stanchezza mentre tu stai bene e nella tua testa hai l’obbiettivo di raggiungere e superare il quindicesimo. Saluti il tuo compagno o cerchi di aiutarlo terminando l’avventura insieme?
Beppe: «Premesso che stiamo ragionando per assurdo, provo a ribaltare lo scenario sul finale: se fossi io in crisi sull’ultima salita e mi accorgessi che Sergio in gran forma mi sta aspettando rinunciando a guadagnare posizioni non mi farebbe piacere. E nello stesso tempo non mi aiuterebbe affatto, anzi mi farebbe sentire come una palla al piede, facendomi sprofondare ancora più nella crisi. Lo inviterei ad andare con il suo ritmo… E se lui non lo facesse mi fermerei qualche secondo (magari a un ristoro) per lasciarlo andare. Poi vedendolo sparire davanti a me, riprogrammerei il cervello inserendo un mirino di precisione e incomincerei a rielaborare un obiettivo: ‘adesso pian piano faccio finire la crisi, poi cambio ritmo e incomincia la caccia… quando scolliniamo avrò già cominciato a riavvicinarmi, poi in discesa lo ripiglio’. Questo potrebbe servirmi per reagire! E comunque vada mi farebbe sentire bene: grandissimo mio risultato se riesco a riprenderlo, nessun rimpianto e grande onore a lui se non ci riesco».
Sergio: «Beh… a parte che sarà ben difficile giocarsi la quindicesima posizione, magari!! Comunque è una situazione che ho già vissuto parecchie volte ma in senso opposto: io in crisi e gli amici che mi raggiungono e sorpassano. Ma per mia indole e natura ho sempre rifiutato di farmi aspettare o aiutare (se non per rialzarmi dopo catastrofiche cadute), ho sempre incitato gli altri a proseguire con il loro passo e lo stesso farei con Beppe perché sono sicuro la pensa come me. Farei di tutto per incoraggiarlo a tenere il mio passo, questo sì, ma non rallenterei perché potrei andare in crisi io in discesa e perderemmo entrambi tempo e posizioni se ci aspettassimo. Viaggiare in coppia significa adeguarsi sempre al passo più lento. Ben diverso è se avessimo lo stesso passo e insieme arrivassimo a Chamonix, sarebbe una grande gioia tagliare insieme il traguardo».
Salutatevi e fatevi un in bocca al lupo a modo vostro.
Beppe: «Sergio, comunque vada a Chamonix ci beviamo una birra insieme… ma mentre scendi dalla Tète aux Vents stai attento, perché ad un certo punto sentirai avvicinarsi sempre più forte rumore di passi… Inutile che ti giri per guardare chi è: sono io che ti sto riacciuffando! E dopo… nessuna pietà fino alla fine!!!»
Sergio: «Vai Beppe e ….. SPACCA!!! Scherzi a parte… il mio più grosso e sincero in bocca al lupo!! Questa è il nostro UTMB…. allora andiamo e prendiamocelo!!!!»