Si accende il dibattito sul progetto di collegamento delle stazioni sciistiche di Colere e di Lizzola, nella Bergamasca, che prevede la realizzazione di quattro nuovi impianti di risalita, una funicolare in tunnel e lo smantellamento dei vecchi impianti di Lizzola, con la costruzione di una telecabina. Un progetto faraonico con costi previsti di 70 milioni di euro, di cui 50 pubblici. Lo sviluppo riguarderebbe la Val Conchetta e la Val Sedornia, zone selvagge dove verrebbe livellato il terreno per la creazione delle piste, mentre la funicolare dovrebbe correre in un tunnel di 450 metri sotto il Pizzo di Petto. I nuovi impianti si svilupperebbero tra quota 1.800 e 2.200, interessando un’area che rientra nella Zona Speciale di Conservazione (ZSC) Val Sedornia – Val Zurio – Pizzo della Presolana, un Sito RETE NATURA 2000 (codice IT2060006) all’interno del Parco Regionale delle Orobie Bergamasche. L’orizzonte è vicino perché il progetto (che non ha ancora ottenuto tutte le autorizzazioni) prevede l’inaugurazione del nuovo collegamento e comprensorio alla fine del 2026.
L’iter è in realtà ancora lungo e deve tener conto delle tante voci contrarie che si sono riunite nel comitato terreAlt(r)e e hanno dato vita a una petizione su change.org che ha già superato le 8.000 firme. terreAlt(r)e ha pubblicato un manifesto nel quale spiega le ragioni del no, sottoscritto da diverse associazioni, tra le quali sezioni del CAI, Mountain Wilderness, Legambiente e LIPU. Oltre alle motivazioni ambientali, il manifesto fa riferimento ad altri aspetti, dalla fattibilità economica alle conseguenze per le comunità locali. «Le proiezioni a 50 anni prevedono il 40% di giorni di neve in meno – si legge – e un innalzamento di 500 metri della copertura nevosa stagionale, causando una crisi notevole sotto i 2000 metri per quanto riguarda spessore e persistenza del manto nevoso. L’innevamento artificiale diventa imprescindibile e costoso: per innevare 1 km di pista sono necessari 40/50mila euro a stagione». E poi: «Il comprensorio dovrà affrontare la forte concorrenza di aree sciistiche vicine che hanno ben altra offerta sciistica e di servizi. I chilometri di piste non aumenteranno in quanto alcune piste di Lizzola verranno chiuse. La fruizione delle strutture in quota sarà destinata a una élite: boutique hotel, campeggio glamour, sci gourmet. La “destagionalizzazione” del progetto si riduce a introdurre il downhill a Colere. Quanto è veramente accessibile questo progetto?».
Le comunità locali che benefici ne trarrebbero? «L’industria del turismo di massa rischia di sostituire le comunità di montagna con turisti intermittenti, dove il costo della vita per i residenti si alza – scrivono nel manifesto – I posti di lavoro stabili sono presenti nelle comunità dove sono state inserite attività industriali, artigianali, agricole e di turismo diffuse, parsimoniose e attente al contesto». Allora meglio puntare su «una visione più lungimirante e rispettosa dei territori, e il coraggio di sostenere nuove proposte per valorizzare l’esistente: rifugi, escursionismo invernale e estivo o l’eventuale rinnovamento degli impianti esistenti, con costi molto più contenuti rispetto a quelli ipotizzati per il collegamento». Il timore è che Lizzola, in particolare, diventi solo «il parcheggio per gli impianti di Colere».