Ski Trab Academy, appuntamento dal 12 al 15 marzo

Quattro giorni di gite guidate, formazione e divertimento in Alta Valtellina.

Torna la Ski Trab Academy. L’anno due dell’evento che l’anno scorso è andato quasi subito sold out è in programma dal 12 al 15 marzo prossimi con base a Bormio. La formula è ormai collaudata: quattro giorni di sci, avventura e divertimento insieme agli ambassador del marchio e alla famiglia Ski Trab. Dal ripido alla polvere, dal fast & light alla classica traversata Bormio-Livigno, senza dimenticare le serate conviviali. Oltre a partecipare alle attività guidate, infatti, sarà possibile condividere le emozioni dell’après-ski insieme a Giuliano Bordoni, Nicola Ciapponi, Bruno Mottini. Filippo Sala, Davide Spini e altri ambassador del marchio.

Il programma prevede ‘sci ripido e sicurezza in montagna’ il giovedì, ‘freetouring experience, visita alla fabbrica Ski Trab e cena tipica il venerdì’, ‘Tour fast & light e serata speciale con Filippo Sala’ sabato e la ‘traversata Bormio-Livigno con party finale’ la domenica. Il pacchetto ‘bronzo’ comprende le attività di giovedì e venerdì al costo di 350 euro, quello ‘argento’ il programma a partire da venerdì a 480 euro e quello ‘oro’ tutte le attività a 570 euro.

Info e iscrizioni QUI

© Ski Trab


La settima sfida: Simone Moro torna sul Manaslu il 21 dicembre

L'alpinista bergamasco ci riprova dopo sei tentativi. Con lui Oswald Rodrigo Pereira e Nima Rinji Sherpa per un'impresa in stile alpino che guarda alle storiche spedizioni polacche degli anni '80

Simone Moro ha un rapporto di sincerità brutale con il Manaslu. Sei tentativi alle spalle tra il 2015 e il 2025, dieci anni di ritorni su quella montagna che non vuole concedersi. Eppure lui insiste: «Non è un'ossessione. Mi piace chiudere i cerchi senza forzare». Il 21 dicembre, inizio astronomico dell’inverno, ci riproverà a salire sull’ottava montagna più alta della Terra (8.163 metri).

«Il Manaslu rappresenta una storia che non ho ancora finito di scrivere» ha dichiarato Moro nella conferenza stampa che si è tenuta martedì 25 novembre nella sede milanese di Garmin Italia, partner tecnologico dell'alpinista da oltre un decennio. «Quest'anno proverò a trasformare quell'esperienza in una nuova opportunità. Non inseguo una ripetizione, ma un sogno che ancora non ha trovato la sua conclusione. Voglio scalarla in puro stile alpino: senza portatori, senza corde fisse, senza ossigeno».

 

 

Una cordata internazionale sulle tracce dei polacchi

Ad accompagnare Moro ci saranno l’alpinista e regista polacco Oswald Rodrigo Pereira e Nima Rinji Sherpa, alpinista nepalese classe 2006, già nel Guinness World Records per aver salito tutti i 14 Ottomila. Un team snello, in sintonia con lo stile esplorativo e con l’ambizione di proporre l’ascesa come una rivisitazione moderna delle grandi imprese polacche degli anni '80, l'epoca d'oro dell'invernale himalayano.

Dobbiamo infatti tornare al 1984, quando Maciej Berbeka e Ryszard Gajewski realizzarono la prima invernale del Manaslu. Due anni dopo, Jerzy Kukuczka e Artur Hajzer completarono lo storico concatenamento delle due cime del massiccio, il Pinnacolo Est (7.992 metri) e la vetta principale. Da allora quell'impresa non è più stata ripetuta, nemmeno nella stagione favorevole.

 

La coerenza dello stile alpino

Dopo 123 viaggi in Nepal e 22 spedizioni invernali, Moro vuole siglare la prima salita invernale in stile alpino puro: senza portatori, senza corde fisse, senza ossigeno e senza frazionare la salita. In passato ha rinunciato a una possibile vetta proprio per non tradire questi principi: «Sarei potuto arrivare in cima a condizioni che non volevo. Mi sono sempre fermato per pericoli manifesti, perché la mia prima regola è sempre stata quella di portare a casa la pelle. I sei tentativi non li vivo con rammarico. Tornare indietro significa posticipare il successo» ha spiegato. Simone Moro è l'unico alpinista al mondo ad aver raggiunto quattro cime di 8.000 metri in piena stagione invernale: Shisha Pangma (2005), Makalu (2009), Gasherbrum II (2011) e Nanga Parbat (2016). Con 19 spedizioni invernali all'attivo, rappresenta il punto di riferimento assoluto dell'alpinismo d'alta quota invernale. «Le salite precedenti erano state frazionate, secondo quello che viene chiamato stile himalayano leggero. Con lo stile alpino, invece, non si torna indietro, ma si prosegue aspettando con pazienza la finestra di bel tempo». Secondo il programma di Moro, la fase preliminare della spedizione prevede l'acclimatamento, con l'obiettivo di arrivare al Campo Base 2 del Manaslu il 21 dicembre già pronto per l'inizio della fase operativa della salita. «Parto leggero: zaino 11 kg, tenda 1 kg, 1.080 gr l’uno gli scarponi. Il cibo è un’opzione».

 

La sicurezza prima di tutto

Gli effetti del climate change non risparmiano neppure le grandi montagne della Terra. Il Manaslu, con i suoi cinque metri di precipitazioni annue, è una delle montagne più innevate, ma le manifestazioni climatiche brusche hanno trasformato il gigante himalayano, rendendolo imprevedibile e pericoloso, con un alto rischio di valanghe. Il potersi muovere in sicurezza diventa quindi la priorità.

Ma in tempi in cui l’intelligenza artificiale sembra poter risolvere ogni tipo di problema, Moro riporta l'attenzione sull'uomo. «Oggi si pensa che basti una buona strumentazione per raggiungere il risultato. Io dico che mi dà una mano per quella parte vulnerabile di me che non può basarsi solo sull’esperienza. La tecnologia mi permette di tornare se io sono in grado di tornare».

Per la settimana volta, Garmin Italia accompagnerà la spedizione con dispositivi dedicati alla navigazione e alla performance, tra cui il Fēnix 8 e il sistema satellitare inReach, che consente comunicazioni d'emergenza ovunque grazie al centro Garmin Response operativo 24/7.

«È sempre fonte di grande orgoglio essere al polso di Simone Moro durante le sue straordinarie spedizioni» ha detto Stefano Viganò, Amministratore delegato di Garmin Italia. «Le sue imprese rappresentano la più autentica prova sul campo per i nostri prodotti, che vengono poi messi a disposizione di chiunque abbia una sfida da perseguire. È lì che i nostri strumenti dimostrano davvero il loro valore».

La lezione del Manaslu è stata chiara: pazienza, capacità di fallire, consapevolezza dei propri limiti. «Il ghiaccio mi fa ancora paura, temo i crepacci e lì ce ne saranno di grandi e impossibili» ha ammesso Moro con onestà disarmante. «Se riesco ad arrivare a Campo 2 fuori dalla zona seraccata, dovrei farcela».

Il 21 dicembre inizierà il settimo tentativo. Senza sconti, senza compromessi.

 

© Simone Moro - Instagram


Skialper a Skimofestival

Le novità dell’edizione 2026, in programma dal 6 all’8 marzo

Appuntamento dal 6 all’8 marzo a Santa Caterina Valfurva con diverse novità, a partire dalle gite nell’area dei Forni.

Santa Caterina Valfurva si prepara ad accogliere, dal 6 all’8 marzo 2026, la terza edizione di Skimofestival, il primo festival italiano interamente dedicato allo scialpinismo. Un evento unico nel suo genere di cui anche nel 2026 Skialper sarà media partner. Dopo il successo dell’edizione 2025, che ha richiamato oltre 900 partecipanti, il festival torna con un format ancora più ricco, esperienziale e accessibile.

 

 

UN FORMAT CHE CRESCE
Organizzato da MagNet in collaborazione con Outdoortest.it e con il supporto delle Guide Alpine di Bormio, Skimofestival si distingue per un’offerta su misura, pensata per coinvolgere ogni tipo di appassionato, dal beginner all’esperto. Il cuore pulsante dell’evento restano le experience guidate, ma sono confermati i test di attrezzatura direttamente sul campo, con il supporto delle aziende e dei professionisti presenti.

NOVITÀ 2026
L’edizione 2026 introduce diverse novità. Per la prima volta agli stand verrà data la possibilità di vendere i prodotti testati e verranno definiti nuovi itinerari tecnici per un pubblico esperto nella zona della Valle dei Forni. Tra le innovazioni logistiche più attese, l’impianto di risalita diretto dal villaggio permetterà test più agili e ripetuti, mentre lo Skimo Palace, una tensostruttura riscaldata, servirà per accoglienza, ricambio scarponi, relax e info point.

 

 

FORMAZIONE
A Skimofestival 2026 saranno introdotte le Safety Academy: momenti di formazione aperta su sicurezza e autosoccorso, ideali sia per chi si approccia allo scialpinismo sia per chi cerca un aggiornamento tecnico. Non mancherà anche lo Skimo School Program, scuole di skialp dedicate ai principianti e a chi è in evoluzione tecnica e vuole acquisire nozioni da Guide Alpine certificate ed esperte di questo sport. Il corso darà agli entry level le nozioni sufficienti per permettergli di partecipare alle experience nei giorni successivi.

 

ESPERIENZE GUIDATE
L’evento offre una ricca scelta di experience divise per livelli: principiante, intermedio o esperto.

Tutte le attività sono consultabili nel programma, dove è possibile accedere ai dettagli delle experience – come l’esperienza richiesta, il dislivello, il prezzo, il giorno o i giorni di svolgimento e la Guida Alpina che accompagnerà il gruppo – e successivamente procedere all’acquisto di una o più attività inserite nel carrello.

Sul sito di Skimofestival le uscite sono già ripartite tra i livelli e sono disponibili alcune combinate – come lo Skimo School Weekend Pack, pensato per coloro che muovono i primi passi proprio nei giorni dell’evento ma non vogliono rinunciare a un’uscita facile. A partire dalla sera di giovedì 5 marzo e fino al primo pomeriggio di domenica 8 marzo gli appassionati di scialpinismo potranno partecipare alle uscite con le Guide Alpine di Bormio a un prezzo vantaggioso.

I principianti potranno invece apprendere le tecniche dello skialp nella Skimo School First Steps, mentre gli intermedi potranno affinare assetto e inversioni alla Skimo School Progression. Chi sceglierà una di queste due lezioni potrà eventualmente aggiungere l’uscita Skimo Easy (500 m D+), inclusa nel pacchetto Skimo School Weekend Pack, per consolidare le basi di quanto appreso il giorno precedente. Il tutto senza dimenticare di prendere parte allo Skimo Safety Camp, un modulo pratico di sicurezza ARTVA e valanghe. Quest’anno viene aggiunta inoltre la Skimo Olympic Night, un’uscita notturna sugli itinerari delle gare olimpiche in compagnia dei campioni locali (Antonioli, Boscacci e De Silvestro). Gli esperti potranno cimentarsi invece nella Skimo Challenge (>1.500 m D+) e nella Skimo Pro Peak, ben otto ore su una delle cime locali più belle.

skimofestival.com

 


McCandless Cup, la rivincita dell’Appennino

Dal 12 al 14 dicembre sulle montagne emiliane una sfida tra trekking invernale e goliardia

Tu e il tuo compagno, con zaino e pagaia, vi ritrovate in mano una mappa vergine. Avete pochi minuti per tracciare il sentiero riportato sulla mappa ufficiale, che verrà ritirata di lì a poco. Iniziate a chiedere indicazioni alle altre coppie di partecipanti e qualche aiuto qualcuno ve lo dà, ma qualcun altro no, perché ancora ricorda che partite come avversari. L'eccitazione per la sfida tiene tutti sulle spine. Siete divisi tra solidarietà e competizione.

Questa scena è quella che potreste vivere i prossimi 12, 13 e 14 dicembre alla dodicesima McCandless Cup, una sfida di trekking selvaggio a squadre di due persone, che si snoda su sentieri in ambiente montano ed è composta di molte prove da superare. L’organizzazione compone una squadra a sé stante che insegue il gruppo ed elimina i più lenti, i quali finiscono nella corsa non competitiva detta Competizione del Lambrusco. Lo stile è volutamente goliardico ma la fatica rimane parte integrante della corsa, e tutto ciò crea l’alchimia necessaria a dimenticarsi del mondo per qualche giorno e conoscere nuove persone e, forse, anche un po’ meglio sé stessi.

È venerdì sera e vi aspettano cinquanta chilometri da percorrere entro domenica pomeriggio. Centinaia di metri di dislivello. Il fango prima vi fa scivolare e poi vi risucchia gli scarponi. Sperate di aver riempito lo zaino solo con l'indispensabile. Iniziate la corsa e rimanete in due, fianco a fianco, al cospetto dei contorni sfumati dell'Appennino Tosco-Emiliano nella nebbia.

 

(foto ©Samuel Salini)

I ragazzi dell'Associazione La Nottola vivono la montagna a modo loro. «L'Appennino è sempre stato considerato il fratello minore delle Alpi» racconta Roberto Calzolari, speleologo e presidente. «Ambientiamo la corsa in un territorio molto selvaggio, a bassa frequentazione antropica, vuoto di strutture. I dislivelli sono importanti e i pericoli ci sono e non sono da sottovalutare.» Roberto, insieme ad altri colleghi di esplorazione e appassionati, vuole raccontare l'Appennino e promuovere la cura della natura attraverso l'esperienza diretta del territorio, possibilmente divertendosi. «Le relazioni sono la chiave per ottimizzare i processi di apprendimento» spiega Roberto. «Se hai vissuto il bosco e hai un legame affettivo con esso, se è un ambiente che ti piace, sarai tu il primo a prendertene cura. La corsa è un modo goliardico ma impegnativo di stare assieme, il tentativo di riconciliare uomo e natura».

La McCandless è impegnativa, si svolge in qualsiasi condizione atmosferica e non sempre c'è copertura telefonica. Il team di organizzatori però sa gestire molto bene anche la dimensione del gioco: lungo il percorso sono distribuiti diversi check-point che, con la scusa delle prove da superare, permettono ai membri dello staff di assicurare che tutti i partecipanti arrivino sani e salvi. I concorrenti devono risolvere enigmi, superare test di abilità e... affrontare l'inaspettato. Sii pronto a tutto!, si legge sulla home page del sito della corsa. «In una vecchia edizione, uno di noi era vestito da orso e chi riusciva a fotografarlo prendeva punti» racconta Roberto ridendo. E per mantenere alta l'attenzione, lungo tutto il percorso sono disseminati piccoli gettoni chiamati nottoline, i quali regalano altri punti aggiuntivi ma che, in realtà, sono nascosti apposta nei punti più panoramici e suggestivi, come a ricordare che, pur nella frenesia di una gara, è possibile fermarsi a osservare la bellezza.

«Vogliamo creare un'occasione di gioco per adulti, in un'epoca in cui difficilmente tra adulti ci si prende la libertà di giocare» aggiunge Roberto svelando i significati profondi dell'iniziativa. «Questo ci permette di lavorare sull'autoironia, degli organizzatori come dei partecipanti. Ognuno si porta le proprie fatiche da quando è nato, tutti facciamo fatica nelle relazioni, ci sforziamo di sentirci all'altezza, ci vorrebbe un po' più di compassione vicendevole. A volte una sfida in natura aiuta a sentirsi più vicini».

Il mistero è parte del gioco come lo sono i paesaggi, i saliscendi, le magnifiche aperture che, nei giorni tersi, permettono di vedere il mare e l'arco alpino semplicemente girando la testa. «Ho ritrovato le stesse grandi cavalcate, gli stessi panorami nel mio viaggio in Georgia» prosegue Roberto, la cui voce si accende. «In luoghi dove non arrivavano le automobili, ospitati nelle capanne dei piccoli villaggi, giungevano centinaia di turisti ogni giorno. Quindi mi sono chiesto, come mai non succede così anche sull'Appennino?».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa domanda raccoglie tutti i temi caratteristici della contemporaneità, come il turismo sostenibilie, la necessità di creare reti tra i produttori locali, la pianificazione di un'offerta turistica alternativa alle mete delle grandi speculazioni. La Nottola vuole rispondere con il valore di un cena fatta tardi la sera, tutti insieme, sotto il porticato di una vecchia chiesa mentre la pioggia detta il ritmo dei pensieri; con il rumore dei materassini la notte, con il camminare di primo mattino. E questo però, come le grandi visuali e gli orizzonti che si aprono e i crinali che si infilano nel bosco, è facile da raccontare. Molto meno lo è un orso seduto su un water in cima a un colle. Quello si deve vedere con i propri occhi.

Sito ufficiale: https://mccandlesscup.jimdofree.com/

Instagram: @mccandlesscup


Inseguendo le ombre di Benjamin Védrines 

A proposito di Piolets d’Or e del film sul record di velocità al K2

È fuori dubbio che sia l’uomo del momento nel mondo dell’alpinismo moderno, dove moderno sta per progressive, ma anche per poliedrico. Il problema è che trovare una definizione per Benjamin Védrines è difficile: alpinista? Atleta di endurance? Sciatore di ripido? La sua forza è proprio questa versatilità che sembra riunire in una singola persona un po’ di Ueli Steck, un po’ di Kilian Jornet e un po’ di Vivian Bruchez. Una forza che disorienta, se è vero che ha forzato la giuria dei Piolets d’Or a riconoscere una menzione speciale non per una singola impresa ma per tre anni di exploit. Una forza catalizzatrice, che solo i grandi protagonisti hanno. Lo si è visto martedì sera a Lissone dove l’atleta The North Face è stato ospite di DF Sport Specialist per la proiezione del docu-film Chasing Shadows, sul record di velocità al K2 del 2024. Una serata andata subito sold out, nella quale Védrines si è aperto senza reticenze alle domande di Simone Moro e del pubblico.

 

Prima della proiezione del film abbiamo avuto l’opportunità di scambiare due battute con Benjamin sulla recente menzione speciale dei Piolets d’Or. Un’anticipazione del lungo e approfondito articolo che pubblicheremo su Skialper di gennaio, un vero e proprio longform in cui scoprirete tutto su Védrines, dai suoi esordi, al team che lo allena e ai dietro le quinte delle sue imprese e della sua vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

«È un segnale di apertura mentale - ci ha detto Védrines - sono rimasto molto sorpreso che venga menzionato anche il record di velocità al K2, che non rispetta del tutto i valori dei Piolets d’Or perché ci sono anche le corde fisse. Però penso che il mondo stia cambiando e probabilmente hanno capito che questo tipo di imprese possono allenare anche le altre capacità necessarie per l’alpinismo moderno. All’inizio, a essere onesto, mi sentivo un po’ a disagio per la menzione perché so che l’ambiente è molto sensibile e che qualcuno non sarebbe stato d’accordo con il riconoscimento, ma credo anche che evidenzi la mia versatilità che mi permette di migliorare molto il modo di affrontare altre imprese. Se vuoi provare un ottomila in stile alpino, farlo in stile misto è un ottimo allenamento, dopotutto le vie normali dei quattromila alpini sono sempre state utilizzate come allenamento. Certo, non posso dire che il K2 sia stato un allenamento, è stato un bel risultato dal punto di vista fisico e mentale».

 

Chasing Shadows, diretto da David Arnaud e girato da Sébastien Montaz-Rosset, tiene incollati allo schermo per 66 minuti, senza colpi di scena sensazionalistici, ma con uno sguardo privo di filtri e la filosofia della presa diretta che spesso si sono persi nel melting-pot di storytelling moderno. C’è la vita al campo base, ci sono le tende abbandonate e squarciate dal vento ai vari campi in quota, c’è la montagna, c’è il volo in parapendio dalla vetta, ma ci sono soprattutto le persone, a partire da Benjamin, naturalmente. Ci sono molte sequenze girate direttamente da Védrines con la action cam e c’è il fuoriprogramma del salvataggio di Marco Majori caduto in un crepaccio e debilitato, con Benjamin tra i protagonisti proprio dopo aver battuto il record di salita in velocità dal campo base avanzato alla vetta. Majori era presente in sala insieme a Tommaso Lamantia, anche lui protagonista al K2 (ha prestato a Benjamin parte dell’attrezzatura rubata). Ci sono le montagne e le loro ombre nella psiche inquieta di Védrines. La psiche inquieta di molti dei più grandi alpinisti della storia.

Un film da vedere.

 

© Sébastien Montaz-Rosset


Lo strano caso del signor Brian Wiens

Un uomo ha sciato ogni mese per 30 anni consecutivi. Sempre in Colorado

La moglie dice che è ossessionato. Lui, più semplicemente, appassionato. C’è assonanza, ma il significato è ben diverso.

Forse sono valide entrambe le definizioni se è vero che Brian Wiens la scorsa estate ha festeggiato 30 anni consecutivi di sci ogni maledetto mese. Per di più sempre in Colorado. Un’impresa che ha richiesto molta creatività proprio nei mesi estivi, quando Brian si è arrampicato, sci nello zaino, su per pietraie alla ricerca delle poche lingue di neve rimaste. Neve spesso più marrone che bianca, dalla consistenza di un gelato sciolto. Però, come un bagno nell’acqua fredda vale più di mille nuotate nel mare tiepido, anche una sciata conquistata, in pantaloncini corti, ha il suo perché. Il bello è che Brian ha creato qualche emule che è salito in maglietta e pantaloncini su una stretta lingua di neve con lui per festeggiare i 360 mesi di sci e mettere un puzzle in più al proprio personale record di mesi. Per arrivare a quota 360 ci vorrà ancora tanto, ma se sapranno essere caparbi come Brian, potranno anche loro festeggiare le nozze di perla con lo sci. Ogni maledetto mese.

 

© Brian Wiens


Italia K2: la versione inglese fa vedere con occhi nuovi il film della spedizione italiana all’Ottomila

Proiettata al Mestia International Short and Mountain Film festival, senza il retorico testo italiano diventa uno dei migliori docufilm di una spedizione himalayana dell’epoca

Della spedizione italiana al K2, nel 1954, si è scritto e detto di tutto. Eppure, più di settant’anni dopo, capita di venire a sapere particolari nuovi, vederla sotto luci diverse, che ci fanno capire meglio quanto abbia contato. Nella storia d’Italia (eppure mai è stata citata neppure nei sussidiari delle scuole medie, per non dire dei saggi sul dopoguerra) e in quella alpinistica. Lo si è visto l’estate scorsa quando, in occasione della quinta edizione del Mestia International Short and Mountain Film Festival, è stata proiettata la versione inglese, recentemente restaurata dal CAI, di Italia K2. Nulla di nuovo, si dirà, un film visto mille volte, anche in tv, e disponibile su youTube. Sì, ma rivederlo con il commento originale in lingua inglese lo rende un altro film. Il retorico e roboante testo italiano, che fu scritto – narra la leggenda – in una notte dal giovane cronista Igor Man, ce lo ha reso sempre pesante, una pellicola d’altri tempi, pregna di nazionalismo, come d’altronde ci si sarebbe potuti aspettare in quei primi anni Cinquanta. Le altre nazioni protagoniste di quell’inizio di corsa agli Ottomila non la raccontarono in pellicola – salvo i britannici all’Everest, ma il loro film è in gran parte ricostruito a posteriori sulle Alpi – ma i loro resoconti non si distinguono certo per carenza di patriottismo.

 

 

Ecco, Italia K2 nella versione inglese è invece un’altra cosa, un docufilm in stile BBC, asciutto, che racconta la salita senza indulgere a commozioni, pulito, obiettivo, perfino con meno accenti colonialisti. E anche le immagini riprendono quota. Il girato del cineoperatore ufficiale, il bolognese Mario Fantin, montato poi dal regista trentino Marcello Baldi, ridiventa quello che era, forse il miglior resoconto per immagini di una spedizione himalayana, o almeno di una spedizione dell’epoca. Un grandissimo lavoro di ripresa, cui diedero il loro apporto alpinisti digiuni di tecnica cinematografica, ma istruiti a dovere da uno straordinario Fantin, che pure portò la cinepresa ben oltre i seimila metri (e per la prima volta venne utilizzata, da Compagnoni e Lacedelli, sulla vetta di un ottomila). E un grande lavoro di montaggio, realizzato da un regista ingiustamente poco valutato dalla Cinecittà di allora, spesso identificato solo come autore di agiografiche pellicole cattoliche.

 

 

 

Il merito di questa rilettura va al Mestia Film Festival, diretto sul versante meridionale del Caucaso da Khatuna Khundadze, che il 31 luglio scorso – il giorno in cui gli italiani raggiunsero nel 1954 la vetta del K2 – ha costruito una splendida serata attorno alla pellicola, voluta dall’ambasciata italiana in Georgia – con la vice ambasciatrice Fabiola Albanese e l’addetta culturale Nino Kilosanidze – e messa in piedi da Aldo Audisio, già presidente del Museo Nazionale della Montagna di Torino. La rassegna di Mestia, capoluogo della Svanezia, è un piacevole viaggio nel tempo, una vacanza tra le montagne che riporta a una sorta di Chamonix di qualche decennio fa. Una sola main street, alberghi e b&b, ristoranti eccellenti a prezzi ridicoli, escursionisti soprattutto dal nord Europa - e tanti cinesi e giapponesi – le antiche torri di guardia patrimonio dell’Unesco e, a dominare tutto, alcune delle più belle montagne del Caucaso, l’Ushba su tutte. Si esce dal centro anche a piedi per ritrovarsi in una natura che in estate offre magnifici trekking di più giorni e d’inverno è un paradiso – ancora relativamente poco frequentato – del freeride e dello scialpinismo. Organizzare un viaggio sciistico (o escursionistico) non è difficile e soprattutto è poco costoso, almeno rispetto ad altre mete che oggi attraggono gli skialper, come la Norvegia. Le località attorno a cui muoversi sono Mestia, Ushguli (cittadina patrimonio Unesco), la stazione sciistica di Tetnuldi (14 km di piste e un’infinità di fuori pista, anche ripidi) e quella di Hatsvali. Questo per restare alla sola valle di Mestia. Vale il viaggio. La guida di riferimento, per l’inverno, è “Still Wild Georgia” di Oleg Gritskevich (Fatmap edizioni). https://mestiaff.com/


Banff Mountain Film Festival, dalla Mongolia a Chamonix

Les Moulin des Artistes vince la rassegna dedicata agli sport della neve, menzione speciale al film di Alexis Berg che parla della Spine Race

Si è concluso il 9 novembre il Banff Mountain Film Festival. La vittoria è andata, come sempre più spesso succede, a un film che non riguarda lo sci o l’alpinismo, ma la vita in montagna e le persone che affrontano le difficoltà dell’ambiente montano. Il Grand Prize è infatti andato a Iron Winter di Kasimir Burgess. Ambientato nella valle del Tsakhir, in Mongolia, racconta la storia del giovane Batbold e del suo amico Tsaaganna che si trovano a difendere un gregge di 3.000 cavalli durante uno degli inverni più rigidi mai registrati.

 

Il festival assegna ogni anno decine di riconoscimenti: Ambiente, Avventura, Mountain Sports, Mountain Culture, Climbing, Snow Sports, Best Feature Film, Best Short Film, Creative Excellence Award, Audience Choice Award. E poi ci sono le menzioni speciali della giuria. Tra questi premi la nostra curiosità è stata attirata da alcuni film, come Le Moulin des Artistes, premiato nella sezione Snow Sports. In un mulino del XVI secolo nella valle di Chamonix, Peter e Anati gestiscono Le Moulin des Artistes: un laboratorio di sci, uno spazio artistico e un luogo di ritrovo per spiriti liberi che condividono gli stessi ideali. A spiegare le motivazioni ch hanno portato a premiare il film di Pierre Cadot è il giurato Ben Sturgulewski: «Sembra che il mondo intero sia in fiamme, sia in senso letterale che figurato. Questo film sottolinea in modo eloquente la necessità dell'arte e della comunità per sostenerci nei momenti più difficili. Poeta con le parole e con il legno, un artigiano e sua moglie distillano la loro essenza nella produzione di sci, creando legami profondi all'interno del loro villaggio. In seguito, quella comunità li aiuta a superare una perdita inimmaginabile».

 

La giuria si è spinta a definire Old Man Lightning, il film premiato nella sezione Climbing, la migliore commedia sull’arrampicata. È sempre Ben Sturgulewski a segnalare le motivazioni: «Quello che inizia come un film apparentemente semplice e irriverente sull'arrampicata, si trasforma presto in una follia narrativa ricca di spunti. Diventa un'esplorazione delle profondità accecanti dell'ossessione e della futile resistenza umana alle devastazioni del tempo, soprattutto se uno nel corso della propria vita si è goduto almeno tre birre al giorno. Allo stesso tempo commedia esilarante e tragedia, sovverte i cliché dei film d'avventura incentrati sui successi e sull'eredità e ci ricorda che non è mai troppo tardi per scoprire la vera vocazione della propria vita».

 

Tra le due menzioni speciali, anche Run Again di Alexis Berg - fotografo che ha pubblicato anche su Skialper -. Dave Pen è il cantante degli Archive, una rock band inglese che da trent'anni riempie le sale più grandi d'Europa. A 45 anni, Dave è alla ricerca di una nuova prospettiva di vita. Si iscrive alla gara di corsa più dura d'Inghilterra, la Spine Race invernale di 460 chilometri. «Alla ricerca di una nuova prospettiva di vita, un uomo di mezza età intraprende la sfida più dura della Gran Bretagna: una gara di 460 chilometri in condizioni invernali estreme - dice la giurata Dina Mufti -. Quella che inizia come una prova di resistenza diventa un viaggio alla riscoperta di se stesso. Con una splendida fotografia e una colonna sonora distintiva, il film cattura la bellezza, il dolore e la perseveranza: è più di un semplice film su una gara». Da segnalare anche The Last Expedition (Best Feature Film). Diretto da Eliza Kubarska, il film esplora la scomparsa di Wanda Rutkiewicz, una delle prime donne alpiniste ad aver scalato le vette più alte della Terra, indagando attraverso registrazioni audio e un viaggio himalayano della regista (a sua volta alpinista) la misteriosa morte della protagonista.

© BANFF

© copertina di Paul Zizka


Soccorso alpino della Guardia di Finanza a pagamento?

Lo prevede un articolo del DDL di Bilancio della nuova manovra 

La richiesta di soccorso alla Guardia di Finanza, in montagna ma anche in mare, dovrà essere giustificata e motivata, altrimenti le operazioni di salvataggio saranno a pagamento. Questo, in sintesi, il contenuto dell’articolo 129 del DDL Bilancio che potrebbe diventare legge dal 2026. Il contributo, oltre alle richieste di soccorso immotivate e ingiustificate, punisce anche chi procura, per dolo o colpa grave, un incidente o un evento che richiede l’impiego di uomini e mezzi delle Fiamme Gialle. Una norma che andrà analizzata anche in base ai costi previsti che dovrebbero essere stabiliti dal ministero dell’Economia e delle Finanze e che dovrebbero venire aggiornati su base annua in base agli indici Istat.

 

 

Se sulla carta sembra una novità importante, nella realtà la situazione è già simile in diverse regioni (per esempio Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Trentino, Alto Adige e Veneto) che prevedono un costo per gli interventi motivati da comportamenti imprudenti (mancanza delle attrezzature necessarie, sottovalutazione delle difficoltà e delle proprie capacità, violazione di divieti). La regola generale è che gli interventi tramite il 112 sono a carico del SSN, al netto di eventuali ticket, se comportano il ricovero o accertamenti in pronto soccorso e determina casistiche diverse da regione a regione che possono prevedere anche dei ticket per l’utilizzo dell’elicottero, tariffe orarie e costi di chiamata. In alcuni casi le leggi regionali prevedono il pagamento anche in caso di ricovero, se si ricade nella casistica dei comportamenti imprudenti e della mancanza dell’attrezzatura necessaria. Il sistema ha finora fatto emergere una criticità nella riscossione dei pagamenti, soprattutto quando si tratta di stranieri.

© Guardia di Finanza


Piolets d’Or 2025

Tre grandi ascensioni e un riconoscimento speciale per l’alpinismo femminile

La giuria internazionale dei Piolets d’Or ha annunciato le tre ascensioni premiate per l’anno 2025, onorando ancora una volta il valore dell’esplorazione alpina, dello stile pulito e della scalata che va oltre la semplice vetta. La cerimonia si terrà dal 9 al 12 Dicembre a San Martino di Castrozza (Trentino) che ospita per la seconda volta questo prestigioso evento.

I Piolets d’Or sono molto più di un premio: sono un segnale. Un segnale che dice: l’alpinismo è ancora vivo, l’esplorazione ha senso, lo stile semplice ma audace è fondamentale. Con la scelta di salite simili, e con la speciale menzione all’alpinismo femminile, la manifestazione rivolge l’attenzione a valori come: impegno morale, leggerezza, scelta di vie inedite e rispetto per la montagna. In un momento in cui alcune spedizioni commerciali predominano, questi riconoscimenti ribadiscono che «fare di più con meno» non è solo uno slogan, ma una direzione.

Una novità di questa edizione: la Special Mention for Female Mountaineering, pensata per promuovere e valorizzare il ruolo delle donne nell’alpinismo.

Special Mention for Female Mountaineering

La menzione speciale è andata all’ascensione della cima Lalung I (6.243 m), nel Zanskar, India, salita dalla cresta est (2.000 m di dislivello, grado M6+ e AI5+) dal 9 al 14 settembre 2024, con traversata integrale  e discesa per la cresta ovest e la parete nord.
Le alpiniste slovene Anja Petek e Patricija Verdev, facenti parte di una spedizione femminile di quattro elementi, hanno stabilito il campo avanzato a 4.800 m, superando giornate di maltempo e delicati bivacchi, e infine raggiunto la vetta alle 9:00 del 14 settembre.
La giuria ha motivato la scelta sottolineando “un’esplorazione in area poco frequentata, in puro stile alpino, su terreno tecnico, con pieno impegno” — parametri che incarnano lo spirito dei Piolets.
Questo riconoscimento diventa un segnale forte: l’alpinismo femminile merita visibilità e merito autonomo, e questa menzione lo conferma.

Le tre salite premiate

Kaqur Kangri (6.859 m), Nepal

Gli americani Spencer Gray e Ryan Griffiths hanno aperto la cresta sud-ovest del Kaqur Kangri (Kanti Himal), sviluppando una via di 1.670 m (grado 5.10 A0 M7 WI5), e completando la traversata fino alla cresta nord-ovest, mai salita prima. Per la giuria, una delle linee più difficili e ispirate nel Nepal occidentale.
Una prestazione che conferma quanto anche territori meno frequentati possano riservare grandi opportunità di esplorazione.

© Spencer Gray / AAJ

Gasherbrum III (7.952 m), Pakistan

Lo sloveno Aleš Česen e il britannico Tom Livingstone hanno completato la prima salita della cresta ovest del Gasherbrum III, con la via battezzata Edge of Entropy, quasi 3.000 m di scalata in stile leggero tra il 31 luglio e il 4 agosto. La discesa è avvenuta per la via normale del Gasherbrum II, in un gesto che unisce purezza della salita e senso della montagna.
Un esempio di impegno alto, su una delle montagne più alte del mondo e tuttora poco battute.

© Jacek Wiltosinski / AAJ

Yashkuk Sar (6.667 m), Pakistan

La cordata americana formata da August Franzen, Dane Steadman e Cody Winckler ha realizzato la prima salita del Yashkuk Sar lungo il pilastro nord, via Tiger Lily Buttress (2.000 m, AI5+ M6 A0). In quattro giorni, affrontando seracchi instabili e bivacchi aerei, hanno compiuto una traversata completa della montagna.
La giuria ha messo in luce la loro determinazione e lo spirito di esplorazione: vecchi articoli, immagini satellitari e l’idea di cercare ispirazione in territori non battuti.
Una scalata che richiama l’essenza dell’alpinismo: chiedersi “E se…” e andare.

© Dane Steadman / AAJ


Palestre d’arrampicata, un boom inarrestabile

Il giro d’affari globale è di oltre 3 miliardi di dollari e potrebbe sfiorare i 6 miliardi nel 2030

Non c’è dubbio che il climbing sia uno degli sport più cool del momento, almeno nelle grandi città, dove le palestre indoor sono sempre più numerose e sono diventate dei veri e propri ritrovi di appassionati, ma soprattutto di un nuovo pubblico che si avvicina al mondo dell’arrampicata con curiosità. Si può discutere sul fatto che l’arrampicata su plastica e con un auto-belay sia qualcosa di diverso dalla falesia e ancor di più da una via dolomitica, ma non si può ignorare il fatto che la grande notorietà che il climbing riscuote sempre più passi soprattutto dai ritrovi urbani. Il sales meeting di La Sportiva, organizzato nei giorni scorsi presso la palestra Rockspot di Milano, 4.000 metri quadrati con lead, boulder, speed, moon board, tension board, campus board e circuit board, è stato l’occasione per fare il punto sui numeri e i trend del fenomeno.

Secondo Grand View Research il mercato globale delle palestre d’arrampicata nel 2024 valeva 3,32 miliardi di dollari e raggiungerà i 5,67 miliardi nel 2030. In Europa Verified Market Research prevede una tasso annuo di crescita composto dell’8,9%. Dal 2017 Rockspot ha fatto registrare un aumento costante degli ingressi annui - se si esclude la parentesi della pandemia nel 2020 - passando da 40.000 a 120.000, valore stimato per il 2025. Anche gli abbonamenti sono in crescita, da circa 4.000 a 13.000.

 

Ma che tipo di utilizzatore è quello delle palestre? Una prima risposta arriva dalla mappa dei percorsi di Rockspot, dove i gradi più rappresentati sono quelli inferiori al 5a, che sfiorano la settantina, e il 6a (poco meno di una sessantina).
Sono una decina quelli di 7c, per poi scendere sempre di più man mano che si sale fino all’8c. «Il nostro pubblico acquista in maggioranza il pass singolo d’ingresso e circa la metà di chi fa i corsi sparisce dai radar, un quarto abbandona l’arrampicata dopo qualche tempo, mentre un quarto diventa climber e si appassiona alla pratica» dice Mirko Masè, co-fondatore di Rockspot.
Altre ricerche di mercato indicano nei ‘newcomer e beginner’ una delle fasce in più forte crescita e anche quello delle famiglie e dei bambini è un bacino di utenza importante. Quanti di questi climber calcheranno mai la roccia vera? Questo è un altro discorso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

© Rockspot Milano


Cento staffettisti a cento giorni dalle Olimpiadi

Per festeggiare il conto alla rovescia verso i Giochi, Salomon ha organizzato un insolito evento nel cuore di Milano

Cento runner in una staffetta simbolica. A cento giorni dalla cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali Milano Cortina 2026. È  l'idea di Salomon, Premium Partner dei Giochi, per festeggiare il countdown. Mercoledì 29 ottobre, il Salomon Store Milano Portanuova ha ospitato un evento speciale dedicato alla community per celebrare i 100 Days to Go, con un susseguirsi di attività, giochi e momenti di incontro. Tra le altre, i 100 selfie per Milano Cortina 2026, che saranno raccolti in una video installazione collettiva, e tante challenge con premi e gadget personalizzati. La serata ha visto protagonisti 100 runner, guidati dai coach della community Salomon Gravel Milano, che hanno animato la Biblioteca degli Alberi con sfide e divertimento. Nessuna gara, nessuna classifica: solo il piacere di correre insieme, condividendo energia e passione per lo sport outdoor. La festa è stata inoltre la cornice ideale per presentare la Collezione Ufficiale Milano Cortina 2026, di cui Salomon è licenziatario ufficiale, disponibile nella sua forma più completa proprio nello store di Portanuova. È una linea di abbigliamento, calzature e accessori che celebra lo spirito dei Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali, unendo performance, funzionalità e stile, nel segno dei valori di inclusione, determinazione e rispetto. Ora si attende il 12 novembre per svelare le divise disegnate da Salomon per gli oltre 20.000 volontari.

 

© Salomon