Fischer Transalp a quota dieci
Dieci anni. Dieci anni attraverso le Alpi. Nel 2020 si festeggiano i due lustri della Fischer Transalp, organizzata dal marchio austriaco per permettere a un manipolo di fortunati scialpinisti di passare una settimana con sci e pelli e attraversare la catena montuosa. L’itinerario cambia di anno in anno. Nel 2019, per esempio, la partenza era da Livigno e l’arrivo a Innsbruck, nel 2020 invece si partirà dalla Slovenia e le date sono state anticipate rispetto alla tradizione: il kick-off è infatti previsto per il 2 marzo e l’arrivo a destinazione l’8. La partecipazione è completamente gratuita e l’azienda austriaca fornisce anche un set completo da scialpinismo oltre a pernottamenti e Guide alpine, ma i posti sono limitati e bisogna dimostrare di avere la giusta esperienza e soprattutto preparazione fisica per affrontare una settimana con migliaia di metri di dislivello e con le più varie condizioni meteo. Le richieste di partecipazione possono essere inoltrate fino al 12 gennaio tramite la pagina Internet https://www.formlets.com/forms/rdFPO1pKlHFJpNGm/
Salomon, la scarpa che diventa scarpone da sci
Una scarpa da running che può essere completamente riciclata in uno scarpone da sci. Ecco il progetto presentato ieri da Salomon. Frutto di oltre un anno e mezzo di ricerca e sviluppo, il concept propone una scarpa a tutti gli effetti riciclabile: può essere sminuzzata alla fine del suo utilizzo, consentendo a Salomon di reimpiegare le parti, combinarle con un nuovo materiale e adoperarle per costruire uno scarpone da sci. Salomon sta lavorando per implementare questo progetto nelle calzature da running che saranno disponibili nel 2021. «Riconosciamo che dobbiamo fare il meglio per l'ambiente creando calzature Salomon che riducano drasticamente l’impatto sul pianeta», afferma Guillaume Meyzenq, VP di Salomon Footwear. «Creando questo concetto di scarpa che può essere riciclata in uno scafo di uno scarpone da sci, stiamo dimostrando che è possibile trovare materiali alternativi per creare calzature performanti. È uno sviluppo entusiasmante che ci aiuterà a realizzare soluzioni per calzature più sostenibili in futuro». Circa il 30% dell'impatto ambientale globale causato dall'industria calzaturiera è dovuto alle materie prime utilizzate nei prodotti. L'ingrediente chiave nella ricetta di questa nuova concezione della scarpa Salomon riciclabile è il poliuretano termoplastico (TPU). Invece di utilizzare più materiali per creare la scarpa, come nel caso della costruzione di calzature tradizionali ad alte prestazioni, il nuovo modello utilizza solo TPU per costruire sia la parte superiore sia inferiore. Questa costruzione innovativa consente di poter ridurre in piccole parti e riutilizzare la materia prima, senza limitare le prestazioni della scarpa. Quando la scarpa da running raggiunge la fine del suo utilizzo, Salomon è in grado di ridurla in piccoli pezzi di TPU, che vengono quindi mescolati con un po' di TPU nuovo e inseriti in una macchina a iniezione per diventare uno scarpone da sci. Il risultato finale: gli scarponi da sci presentano le stesse caratteristiche prestazionali delle versioni tradizionalmente presenti nell'attuale gamma Salomon, che già utilizza plastica riciclata. La maggior parte delle costruzioni di calzature tradizionali si basa su materiali come cotone, poliestere, EVA (Etinile Vinil Acetato) e gomma. L'utilizzo di più materiali richiede colla e cuciture per legarli insieme. Ciò rende la maggior parte delle calzature quasi impossibili da riciclare completamente perché i materiali devono essere separati l'uno dall'altro e con la colla che in qualche modo va recuperata. Nel processo di creazione della nuova scarpa Salomon, in più, vengono registrati meno consumi energetici e nessun altro materiale di eccesso. Tutto è riutilizzato. Per garantire che la tomaia di questa nuova scarpa sia sufficientemente traspirante, gli ingegneri Salomon si sono affidati a due tipi di poliuretano termoplastico (TPU). Uno ha un aspetto estremamente leggero, quasi trasparente. L'unità inferiore della scarpa, invece, offre un'ammortizzazione con prestazioni migliori rispetto alla schiuma EVA attualmente utilizzata nella maggior parte delle calzature da corsa.
5 Summits 1 Record
L’idea era semplice: salire cinque cime nel minor tempo possibile affrontando ogni giorno una montagna diversa con l’obiettivo di chiudere i 25 chilometri di vertical e i 7.000 metri di dislivello in meno di cinque ore. Considerando che una persona normale ne impiega quasi 25. Le cinque cime sono il Monte Seguret, lo Chaberton, il Genevris, il Niblé e la Rognosa del Sestriere, quelli che Simone Eydallin ha sempre visto dalla finestra di casa sua. «5 summits 1 record nasce dalla voglia di scoprire i miei limiti e di sfidare le montagne preferite attraverso il cronometro. Sono sempre stato affascinato dai record e in particolar modo dallo scalare le montagne nel minor tempo possibile, così ha preso forma questa mia idea un po’ pazza di salire le più alte vette dell’alta Val di Susa considerando solo il tempo di ascesa. Ho scelto le mie montagne, quelle vette che fin da bambino ho sempre ammirato, quelle vette che vedo ogni giorno dalle finestre di casa» dice Simone.
E la sua idea ha preso corpo dal 19 luglio al 2 agosto scorsi. 4h58’43” il tempo totale impiegato, 60 chilometri la distanza comprese le discese. Detto così sembra tutto facile, ma non è andata sempre liscia, soprattutto all’inizio. «Dopo un anno di progetti, tentativi, allenamenti, sconfitte e gare finalmente arriva quel lunedì 29 luglio tanto aspettato - scrive Simone - Si parte da Oulx per arrivare in punta al Seguret, tappa lunga e difficile da gestire. Passano pochi minuti e capisco subito che sarà una giornata difficile, il fiato corto, pulsazioni alle stelle, le gambe un po’ dure per essere solo all’inizio. Cerco di non pensarci, ma la fatica è davvero tanta come la voglia di fermarsi. Arrivo con tre minuti in più di quanto mi ero prefissato, sembreranno pochi ma sulla carta sono tanti». Sul numero 126 di Skialper di ottobre-novembre un grande reportage su 5 Summits 1 record con il diario di quei giorni, i dietro le quinte, tutte le informazioni sulla preparazione, il recupero e l’alimentazione di Simone Eydallin.
Ventiquattro podi per il Team RaidLight Italia
Un anno fa RaidLight ha annunciato la creazione del team RaidLight Italia, nato all’insegna degli hashtag #sharethetrailrunningexperience e #notimeforcompromise e composto da ragazzi, uomini e donne con la passione per la corsa e con specializzazioni che vanno dallo skyrunning fino ai grandi raid multi-tappa in giro per il mondo. Da atleti già affermati, come Nicola Bassi, alle giovani speranze e agli amatori. Accomunati dalla voglia di fare bene e di correre divertendosi e nel rispetto della montagna. Che si sono allenati duramente e, in molti casi, hanno collezionato ottimi risultati. Senza compromessi, esattamente come la nuova linea di scarpe trail lanciata dal brand. I ragazzi hanno partecipato nel 2019 a 53 gare, inanellando 24 podi e ben sei vittorie.
Nicola Bassi, ultratrailer e amante delle grandi avventure estreme e in ambienti ostili, non ha tradito le aspettative dimostrandosi la punta di diamante della squadra: all’inizio di stagione entusiasmante che lo ha visto sul primo gradino del podio del Winter Trail Monte Prealba, hanno fatto poi seguito i primi posti della Magusus Sky Marathon e del Cro Trail, gara sponsorizzata RaidLight in cui Nicola si imposto davanti a tutti, chiudendo in volata. Secondo gradino del podio, poi, al Trail dei Cervi e a quello dei 3 Castelli, oltre che alla 95 km del Dolomiti Extreme Trail. Tra i risultati più importanti della stagione, certamente, anche l’argento alla 5° edizione dell’Ultratrack Supramonte Seaside in Sardegna, 90 km in un territorio aspro e selvaggio, con salite impegnative e discese tecniche che lo ha visto arrivare alle spalle di uno degli atleti simbolo del trail running, Franco Collè.
Anche in occasione dell’Eremitica e della Ronda Ghibellina Bassi ha saputo dire la sua, posizionandosi al terzo posto. Ma RaidLight non è solo gare e competizione! Durante l’estate, con l’abbigliamento e l’attrezzatura del brand, ha anche percorso il mitico GR20 in Corsica insieme alla compagna di vita e di avventure. Una impresa non per tutti, a contatto con la natura e in pieno stile RaidLight. Nicola Bassi è stato inoltre fondamentale per quanto riguarda lo sviluppo prodotto: ha collaborato con il brand dando feedback che si sono dimostrati fondamentali per migliorare le calzature in vista della prossima stagione.
Ottimi risultati anche per Roberto Fregona, che ha collezionato diversi podi tra cui anche due primi posti, alla Transcavallo Equinox Run e all’Euganeus trail.
Tra le promesse ha saputo farsi notare il giovane Daniel Degasperi, 2° italiano assoluto alla Rosengarten Marathon, a soli 15 minuti dal primo e vincitore del Trittico dei Laghi. Daniel si è dichiarato entusiasta di correre per il marchio e soddisfatto di questi primi risultati, che rappresentano il suo esordio nelle competizioni trail. Fortemente motivato e intenzionato a “darci dentro” in vista della prossima stagione, si è dimostrato un avversario da non sottovalutare. «Le mie scarpe preferite sono sicuramente le Ultra e le Revolutiv, che ho utilizzato sempre, sia in allenamento sia in gara».
Un piccolo infortunio ha purtroppo limitato per questa stagione l’attività di Maurizio Basso, comunque secondo classificato al Lucetto Classic e al Campionato regionale Uisp, nonché primo al MNT Salomon trail sulla distanza dei 38k. Poche gare buone, come si suol dire. Stesso discorso anche per la seguitissima (a livello social) Laura Palluello, che si è trovata a dover affrontare una stagione difficile a causa di qualche problema a un ginocchio, che però non l’ha fermata del tutto e non le ha impedito di partecipare ad alcune gare di livello come la Monterosa Est Himalayan Trail e la Limone Extreme. L’altra donna del team, Anais Bstieler, si è classificata seconda (donna) al Trail degli Dei a Positano e seconda anche nella staffetta femminile alla Valmalenco Ultra Trail.
Tommaso De Mottoni, atleta e a sua volta organizzatore di gare, ha partecipato quest’anno alla Ultra Dolomites, all’Andorra Ultra Trail, al K24 Ultra e all’Ultra Trail Baunei Seaside e ha in serbo grosse novità per il prossimo futuro. Ad esempio la UTMB Oman, la Gran Canaria 360 (con navigazione GPS), la nuova Ultra Dolomites, la UTMB Pireniei e l'Échappée Belledonne. Specialista delle grandi corse estreme in Italia e non solo, ha anche preso parte al nuovissimo Tor De Glaciers. Oltre alle calzature De Mottoni ha utilizzato e recensito anche lo zaino Revolutiv 12. “Credo che il Revolutiv 12 abbia tutte le potenzialità in termini di innovazione e comodità per diventare un punto di riferimento come lo fu il vecchio zaino Olmo. Sono utilizzatore RaidLight da anni, da prima di fare parte del team e quindi conosco anche i vecchi modelli. La chiusura magnetica, come l’idea del girarlo davanti sono vincenti e davvero utili”.
Nuova discesa sul Monte Cook per Hewitt e Serle
Nuova e probabile prima discesa di ripido per Ross Hewitt e Dave Serle sulla Caroline Face al Monte Cook, in Nuova Zelanda, nei giorni scorsi. La linea, che scende sul fianco destro dell’estetica Face, era stata adocchiata da Hewitt durante una precedente esplorazione, mentre la fall line classica è stata sciata da Enrico Mosetti, Tom Grant e Ben Briggs nell’autunno del 2017 (avrebbe dovuto esserci anche Hewitt, ma un’ernia lo aveva fermato). I due, come scrivono in alcuni post sui loro account social, sono saliti dal versante opposto e hanno trovato buone condizioni, con neve polverosa e vento molto forte. Il meteo molto variabile ha messo in forse fino all'ultimo la linea, che potete vedere nella foto qui sotto.
Marker presenta Duke PT, l’attacco touring in salita e alpino in discesa
Arriva Marker Duke PT (Pin Technology) il nuovo attacco touring con performance freeride in discesa grazie all’innovativo puntale con due funzionalità completamente differenziate. La principale rivoluzione del nuovo attacco ibrido è infatti la possibilità di essere utilizzato come un normale attacco a pin in salita, e di trasformarsi per la discesa in attacco di tipo alpino grazie ai braccetti che si sovrappongono a chiudere tutta la punta dello scarpone. Il gioco è semplice: per camminare basta ribaltare in avanti la parte alpina e bloccarla (oppure asportarla per ridurre il peso al piede di 250 grammi circa su risalite lunghe). In questa configurazione il puntale è quello di un attacco a pin. Riportando i braccetti in posizione Ski, Duke PT blocca la punta dello scarpone sotto gli sci e assicura sganci con valori da 6 a 16 nella versione PT 16, e da 4 a 12 (PT12). La tecnologia AFD garantisce lo sgancio laterale. Le operazioni di passaggio hike / ride e viceversa sono semplici e automatiche grazie alla tecnologia Auto Quad Lock. In pratica in salita Duke è molto simile a un KingPin (ma senza slitta né selettore ski-walk), mentre in discesa a un Jester. La talloniera è step-in, in tutto simile a quelle di Jester e degli altri Duke. La tecnologia Sole.ID rende compatibile il puntale con le suole alpine, touring e GripWalk. Duke PT 16, in vendita dalla stagione invernale 2020-2021, pesa 1.280 grammi in assetto di discesa e 1.000 in salita stivando la mascella nello zaino. PT 12 corrispondentemente 1.090 e 850 grammi.
Garanzia a vita per gli attacchi Dynafit
I dati di mercato mostrano che oltre il 70% degli attacchi da scialpinismo è privo di intelaiatura e che quasi tutti gli scarponi sono compatibili con gli attacchi pin. Grazie all’intuizione di Fritz Barthel, Dynafit ha dato vita a questo sistema che è ancora oggi un punto di riferimento mondiale nella produzione di attacchi da scialpinismo. Nel catalogo dell’azienda sono presenti ben 12 modelli differenti, tutti prodotti in Germania, nei pressi della cittadina di Passau, a mano, e sottoposti a numerose prove di resistenza e sicurezza. L’azienda controllata dalla holding Oberalp per ribadire la totale fiducia che ripone nei propri prodotti e nella loro qualità, ha annunciato ieri l’introduzione di un’importante novità: a partire dalla stagione invernale 2019/20 offre per tutti gli attacchi a catalogo acquistati a partire da oggi la garanzia a vita. Una volta effettuato l'acquisto, il cliente dovrà registrare il prodotto sul sito web di Dynafit, inserendo il numero di serie. In questo modo il periodo di garanzia si estenderà dai due ai dieci anni, equivalenti alla durata di vita stimata di un attacco da scialpinismo oltre i quali i materiali impiegati e la struttura dell’attrezzo possono aver subito modifiche tali da non garantire il corretto utilizzo. La garanzia copre tutti i difetti del materiale e di fabbricazione e tutti gli attacchi difettosi saranno riparati da Dynafit gratuitamente. Qualora non fosse possibile la riparazione, l’attacco sarà sostituito con un modello del valore medesimo o superiore. La garanzia non copre l'usura dovuta al normale utilizzo e i danni a seguito di utilizzo improprio o di incidenti.
Per saperne di più visitare il sito:
https://www.dynafit.com/lifelong-guarantee-dynafit-bindings
Lettere dai quattromila
«Mentre scrivo queste riflessioni sono a Courmayeur, è il 26 di giugno e sono trascorsi 45 giorni da quando sono partito con il mio compagno Gabriele Carrara e abbiamo salito la Barre des Écrins. Lo scopo del nostro viaggio era traversare tutti gli 82 quattromila delle Alpi e per farlo avevo calcolato di impiegarci circa 40 giorni. Volevo sapere se in 33 giorni effettivi, con condizioni e meteo favorevole, fosse possibile salire tutte le vette più alte delle Alpi». Scrive così Silvestro Franchini nell’ampio articolo Lettere dai quattromila sul numero 126 di Skialper di ottobre-novembre. Silvestro, Guida alpina, insieme a Gabriele Carrara si è spostato da un capo all’altro delle Alpi riuscendo a salire e a volte anche a sciare 69 vette di quattromila metri. Più che un’impresa, una vacanza diversa, a bordo di un vecchio furgone Volkswagen. Una vacanza non certo aiutata dal meteo: «le condizioni meteo di questa primavera sono state pessime, tanto da costringerci a fermarci per ben 18 giorni. Però, essendo riusciti a fare quello che abbiamo fatto con questo meteo, credo di potere affermare che non mi sbagliavo: in 40 giorni alpinisti con il nostro allenamento avrebbero davvero potuto completare senza eccessive difficoltà la salita degli 82 quattromila delle Alpi» aggiunge Franchini. Un viaggio nella natura alpina, ma anche un viaggio interiore. «Sembrerà strano ma ho imparato di più dalle 13 cime che abbiamo saltato piuttosto che dalle 69 che abbiamo raggiunto e che si sono concesse. Porterò sempre con me l’insegnamento di saper rinunciare umilmente di fronte alla forza della natura, consapevoli che è la montagna che si concede» scrive Gabriele Carrara, Aspirante Guida alpina che nel ventaglio di cime è riuscito a inserire anche una integrale di Peuterey.
Dal mare dell'Abruzzo alla Majella in meno di 14 ore
«Sono cresciuto con la scuola, il calcio e il mare, volgendo lo sguardo all’orizzonte, verso Est, verso il mare. Alla montagna ho sempre dato le spalle e per me non era nient’altro che parte del landmark del mio territorio. Quando avevo 12 anni, dopo una settimana verde a San Martino di Castrozza, la mia vita è cambiata. Rientrati a casa, io e mio padre abbiamo iniziato a raccogliere informazioni sulla nostra montagna, abbiamo scoperto che sulla Majella ci sono oltre 700 chilometri di sentieri e iniziato a frequentarla. Sì, nostra. Da quel momento l’abbiamo chiamata così, con gelosia e orgoglio, quando ne parlavamo con i forestieri. Il mio sguardo non era più rivolto a Est, ma a Ovest, verso la mia montagna». E così Alex Tucci proprio su quella montagna ha pensato di inventarsi un exploit, partire dal mare dell’Abruzzo per raggiungerla e poi tornare al mare. Per dimostrare che si può fare mare e montagna nello stesso giorno. La partenza all’alba, con le scarpe da running, da Fossacesia Marina, lo scorso 4 agosto. Poi a un certo punto ha calzato le scarpe da trail ed è salito fino agli oltre 2.700 metri del Monte Amaro, per fare ritorno a Fossacesia Marina dopo 13 ore e 55 minuti, cioè prima del tramonto. Centoventi chilometri con 3.000 metri di dislivello positivo. Missione riuscita e sul numero 126 di Skialper di ottobre-novembre documentiamo Mare Amaro con un ampio reportage tutto da leggere e da guardare.
Kilian vince le Golden Trail World Series, secondo Magnini
È stata scritta la parola fine sulla lunga stagione delle Golden Trail World Series. La finale all'Annapurna Trail Marathon, in Nepal, ha incoronato campione overall Kilian Jornet davanti a Davide Magnini e Stian Angermund-Vik (identiche le posizioni anche nella finale nepalese), mentre tra le donne la vittoria è andata a Judith Wyder su Silvia Rampazzo e Ruth Croft (nella classifica di gara al terzo posto c'è invece Meg MacKenzie). La gara himalayana misurava 42 km e 3.560 metri di dislivello.
Hélias Milleroux: «mi piace stare in montagna»
Le vere avventure dovrebbero avere una parte riservata alle incognite e all’improvvisazione. È quello che cerca Hélias Millerioux, lo si legge nei suoi occhi. Guida, alpinista, sciatore, soli 32 anni e un curriculum top con ottomila, ascensioni di alto livello in giro per il mondo, discese estreme, spedizioni e viaggi nei quattro continenti per esplorare i luoghi più verticali del pianeta. Insieme a Frédéric Degoulet e Benjamin Guigonnet, Hélias Millerioux nel 2018 è stato insignito dl Piolet d'Or in seguito alla loro nuova linea sulla parete Sud del Nuptse: 2.200 metri di ghiaccio e roccia, terreno tecnico a oltre 7.000 metri. Nell’ultimo inverno, dopo avere partecipato l’anno precedente alle riprese del film Zabardast, eccolo sul Mount Logan, nello Yukon. Andrea Bomida l’ha intervistato per noi sulle nevi del Monte Bianco, ecco una piccola anticipazione. L’articolo completo è sul numero 126 di Skialper di ottobre-novembre.
A proposito di sci, il Mount Logan di quest’anno?
«L’idea del Mount Logan, 5.959 metri, in Yukon, mi frullava in testa fin da prima: volevo un’avventura. È la montagna più alta del Canada, la seconda in Nord America dopo il Denali, ed è molto vicina al confine con l’Alaska. Nel corso di un’altra spedizione avevo visto quel fiume di ghiaccio: volevo risalirlo, scalare, sciare. Qualcosa di divertente e allo stesso tempo avventuroso. Per il Logan avevamo una mappa, un punto di inizio e uno di fine: il resto spettava a noi! Alla partenza eravamo io, Thomas Delfino, Alexandre Marchesseau e Grégory Douillard, una guida fluviale, visto che volevano tornare scendendo il fiume sul lato opposto della montagna fino al mare e su una canoa fino ad allora avevo passato solo un pomeriggio in vita mia. Abbiamo deciso di partire dal Malaspina Glacier dopo essere atterrati a Yukutat. Piccolo aneddoto: il secondo giorno uno sciamano locale è venuto per scacciare gli spiriti cattivi che aleggiavano su di noi: pare che il giorno prima ci fosse stata una curiosa coincidenza tra il canto di un uccello e l’abbaiare di un cane, segno di grande sventura, o almeno qualcosa del genere. È un ghiacciaio enorme, guarda questo punto sulla cartina, sembra stretto: beh, saranno dieci chilometri!. Siamo partiti con una slitta e zaini da 35 chili per ciascuno con l’idea di stare fuori più di un mese e mezzo. Avevamo programmato otto giorni fino al campo base, ma ne abbiamo impiegati il doppio. Siamo arrivati in un punto dove il ghiacciaio, largo quasi 15 chilometri, era insuperabile, un dedalo di crepacci che con le nostre slitte trainate a sci ci avrebbe richiesto troppo tempo e altrettanti rischi. Siamo riusciti a superarlo risalendo delle montagne sui suoi fianchi: sulla mappa erano definite hill, colline. Ma ci sono voluti due giorni. Abbiamo deciso di salire e provare a sciare la Cresta Est del Mount Logan: ci abbiamo impiegato dieci giorni ed essere lenti ma continuare a salire anche con tempo non ottimale è stata una delle chiavi del successo. L’altra è stata la decisione di costruire sempre delle grotte nella neve per i bivacchi. In cave fa più caldo, non c’è il pericolo che il vento te la rovini e sei protetto dai pericoli: è stato vincente e, una volta rodati, ci impiegavamo solo un paio d’ore a costruirla con delle buone pale in alluminio! Una volta in cima, siamo scesi per l’itinerario di salita. Una cresta prima immensa e poi un filo che s’insinua in una parete di seracchi. L’ho percorsa tutta in sci a eccezione di due sezioni troppo affilate, per un totale di trecento metri lineari».
Berg Trail, c'è ancora tempo per iscriversi alla gara del 3 novembre
Tutto pronto per il Berg Trail del prossimo 3 novembre. La gara, inizialmente prevista il 20 ottobre, è stata rinviata a causa della concomitanza del campionato di e-bike su buona parte dei sentieri, concomitanza purtroppo comunicata agli organizzatori solo poche settimane fa a fronte di una manifestazione in calendario già da sette mesi. Per chi non si era iscritto alla gara di Bergeggi, sulla spettacolare costa della provincia di Savona, rimane dunque ancora qualche giorno, mentre per gli iscritti del 20 ottobre che non potranno partecipare è previsto il rimborso. Due le gare in calendario, la 31k/1.480 m D+ e la 17k/1.780 m D+.
Iscrizioni:
Link per iscriversi alla 31k:
http://www.bergteam.it/iscrizioni/bergtrail/
Link per iscriversi alla 17k:
http://www.bergteam.it/iscrizioni/bergtrail-17k/