De Gasperi e Gerardi stabiliscono i nuovi FKT sul Sentiero Roma

Nuovo FKT sul Sentiero Roma per Marco De Gasperi e Hillary Gerardi del team Scarpa. L’itinerario in quota (54 km 4.500 m D+) collega la Valchiavenna alla Valmalenco e, nel tratto intermedio della Val Masino, ripercorre a ritroso quello del Trofeo KIMA. De Gasperi ha migliorato il precedente primato siglato meno di un mese fa dallo skyrunner di casa Valentino Speziali (8h’42’32”), quello stabilito dall’americana risulta essere a tutti gli effetti il primo riscontro cronometrico di riferimento al femminile.

Marco De Gasperi ha fermato il crono a 7h53’41” Hillary Gerardi a 10h06'41". L’itinerario con partenza da Novate Mezzola e arrivo a Torre Santa Maria viene abitualmente percorso dai trekker in tre giorni e si superano otto passi alpini sopra i 2.500 metri.

«Come scrivevo un mese fa, il Sentiero Roma (da Novate Mezzola a Torre di Santa Maria, in provincia di Sondrio) non è una semplice gita in montagna che può passare inosservata - da scritto in un post su Facebook De Gasperi -. Chi camminando o correndo ne percorre i passi che si affacciano su vallate incredibili non può che rimanere ammaliato da queste montagne! L’amicizia che mi lega a Valentino, il detentore del precedente FKT su questo tracciato, mi rendeva dubbioso se provare a fare questo tentativo o meno. Invece il suo sostegno oggi è stato come sempre disinteressato ed encomiabile, come quello di tanti cari amici che hanno assistito sul percorso sia Hillary Gerardi che il sottoscritto. Grazie Vale, lo skyrunning unisce sempre!».

Hillary Gerardi ©Maurizio Torri

SCARPA riparte dal rebranding

SCARPA annuncia di aver completato il rinnovamento dell’immagine aziendale con il rebranding del marchio. L’identità dell’azienda resta radicata nella lunga tradizione di eccellenza e innovazione del marchio, simboleggiata dal pay-off No Place Too Far, ma ogni elemento visivo è stato migliorato per renderlo più fresco e più vicino ai valori aziendali: dall’ottimizzazione le logo, all’ampliamento della gamma di colori, incentrata su un nuovo tono che evolve il tradizionale colore ottanio dell’azienda. A questo scopo è stato anche sviluppato un nuovo carattere tipografico proprietario, elaborato in una serie flessibile di pesi e varianti.

Questa identità visuale, realizzata insieme a Landor, agenzia leader mondiale nel brand consulting ed experience design, è stata declinata sui principali punti di contatto di SCARPA con i suoi interlocutori: dal packaging al sito, dai cataloghi agli spazi fieristici e aziendali. Il marchio punta a proseguire nella propria espansione internazionale, pur in un momento così difficile per le imprese e l’economia italiana. L’azienda di Asolo vuole riprendere velocemente il percorso di crescita intrapreso negli ultimi anni, puntando sulla forza di un marchio che è diventato sinonimo di qualità e innovazione Made in Italy in tutto il mondo.

«Crediamo fortemente che per ripartire si debba scommettere sul fascino e sulla solidità del nostro brand» commenta Diego Bolzonello, amministratore delegato di SCARPA. «Questo rinnovamento dell’immagine SCARPA ci aiuterà a ritornare presto sul sentiero che abbiamo tracciato negli ultimi anni: crescita sui mercati internazionali, consolidamento delle varie categorie di prodotto e impegno concreto per la sostenibilità ambientale e sociale».

«È sempre difficile andare a toccare l’immagine di un’azienda che, per noi, rappresenta la storia della nostra famiglia» spiega il presidente di SCARPA, Sandro Parisotto. «Per questo raramente ci siamo impegnati in operazioni simili. Stavolta però si è trattato di un aggiornamento necessario, che conserva il meglio della nostra tradizione e la proietta nel futuro: siamo sicuri lancerà SCARPA verso un nuovo decennio di successi e innovazione».


Franco Collé vince lo SwissPeaks Trail

«Non saprei dire se è più dura del Tor des Géants, da valdostano sono ovviamente di parte. Quello che so è che la SwissPeaks davvero tosta e alpinistica. La consiglio a chi ama percorsi di questo tipo. Anche qui le montagne non vengono aggirate, ma scalate una ad una. In certi tratti ci siamo trovati anche 20 centimetri di neve fresca». Sono queste le prime parole di Franco Collé al traguardo dello Swisspeaks Trail 360, la gara di 314 km e 22.500 m D+ partita alla mezzanotte del primo settembre da OberWalp, nel Vallese.
Il valdostano del team Hoka One One, testatore della nostra Outdoor Guide, è arrivato primo ex aequo con lo svizzero Jonas Russi fermando il crono in 62h43’ in quella che era una delle gare più attese di questa stagione povera di traguardi, perché consentiva di confrontarsi sulla ‘distanza Tor’. L'ideatore  dell’evento, Julien Voeffray, un decimo e un quindicesimo posto al Tor des Géants, ha riproposto nel proprio paese una competizione simile con molti passaggi a quota 3.000, diversi dei quali tecnici in luoghi selvaggi… una vera e propria avventura. Qualche novità anche per lo SwissPeaks Trail nel 2020, che quest’anno, causa Covid, è andata in scena su una distanza minore. Nonostante la riduzione chilometrica a rimescolare le carte in tavola è stato il meteo che ha messo i concorrenti di fronte a pioggia battente e neve. C’è ancora Italia sul terzo gradino del podio, con Andrea Mattiato, che ha tagliato il traguardo con poco meno di otto ore di ritardo dai due battistrada.


I due quattromila di Fernanda Maciel

In questa estate 2020 senza (o quasi) gare non passa giorno senza un nuovo FKT (fastest known time). È così per gli atleti top, ma anche per chi sta nel gruppo. Ed è una strategia che funziona per runner e sponsor, anche più delle vittorie alle gare, almeno in termini di visibilità, se si considera che Pau Capell durante il suo tentativo di record in solitaria sul percorso dell’UTMB ha guadagnato 7.000 follower Instagram in 20 ore. C’è però una trail runner che, superata la soglia dei 40 anni, non si ferma e ogni anno continua a proporre fastest known time ed exploit che hanno nella creatività e originalità la loro ragione d’essere. Fernanda Maciel, brasiliana di Belo Horizonte, la ricordano in tanti per i podi nelle gare più importanti, dalla Transgrancanaria alla Lavaredo Ultra Trail, ma la ricordiamo soprattutto per quello che ha fatto oltre i podi. Come non dimenticare il Cammino di Santiago corso in 10 giorni, oppure i fastest known time sull’Aconcagua e sul Kilimanjaro?

Eppure Fernanda non si arrende e anche in questo pazzo 2020 ha lasciato il suo segno con un’impresa che, andando oltre tempi e numeri, fa discutere. Lo scorso 20 agosto ha migliorato il suo fastest known time sul percorso da Pont (1.879 m) alla vetta del Gran Paradiso (4.061 m), chiudendo il giro in 4h03’ (2h40’ la salita) e migliorando di circa un’ora il crono. E fin qui è un risultato notevole ma che va ad aggiungersi a tanti altri. Però, scesa in valle, la Maciel è salita su un’auto per Cervinia e ha raggiunto, nella stessa giornata, il Cervino. Al Cervino non ha corso contro il tempo, ma contro i propri fantasmi e le proprie paure. Qui infatti nel 2017 aveva dovuto rinunciare per un problema agli occhi e l’anno scorso ha perso l’amico argentino Gonzalo.

«Ero pronta per la sfida, ma il blocco era mentale e sono arrivata quasi a cancellare il progetto due giorni prima - ha detto Fernanda - Alla fine ho deciso di provarci, di farlo passo dopo passo, concentrandomi sul presente e senza pensare a quello che c’era dietro e davanti. E così sono arrivata in vetta e ho pianto. Non conquistiamo le montagne, conquistiamo noi stessi»


L'UTMB in solitaria di Pau Capell in 21h17’18’’

L’obiettivo era scendere sotto le 20 ore e sotto quel 20h19’ dell’ultima edizione della mitica corsa attorno al Monte Bianco, vinta proprio da Pau Capell. Breaking 20 come il Breaking 2 della maratona. La partenza della corsa in solitaria di Pau Capell per correre attorno al Monte Bianco (accompagnato da un piccolo team di supporto a tutela della sua salute e della sicurezza) avrebbe dovuto essere venerdì pomeriggio, come all’UTMB, poi il meteo ha fatto anticipare tutto di un giorno, con il via alle 18 di giovedì. Per seguire l’impresa e la progressione di Pau c’erano anche una piattaforma e le telecamere della televisione catalana. 171 km e più di 10.000 metri chiusi alla fine in 21h17’18’’ (tempo da podio). La barriera delle 20 ore non è stata battuta, ma Capell al traguardo era comunque soddisfatto: «È stato davvero incredibile riuscire a correre quest’anno, sicuramente una delle esperienze più belle della mia vita. È stato un anno davvero difficile per tutti e il supporto che ho ricevuto da moltissime persone in tutto il mondo è stato stupendo. Per il momento mi concederò un po’ di riposo, dedicandomi alla mia famiglia. Non vedo l’ora di scoprire cosa mi riserverà il futuro». Capell ha corso con ai piedi le nuove The North Face Flight Vectiv, in vendita da gennaio.

©UTMB/Mathis Dumas

Translagorai Classic FKT Run

«Translagorai Classic FKT Run nasce in modo piuttosto semplice. Ordino 50 adesivi pagandoli a mie spese e decido che sono il premio per chi arriva in fondo alla traversata in meno di 24 ore. Servono a rendere l’idea che se sei a caccia di un riscontro materiale importante è meglio che aspetti che ricomincino le gare.
Attenzione, la Translagorai esiste da sempre come percorso, io non ho inventato assolutamente nulla. Esisteva la traccia e, intuendo da ciò che in molti mi hanno scritto, in tanti hanno un cugino o un conoscente che aveva già stampato un tempo strabiliante.
Però mancava l’ufficialità, ma soprattutto qualcosa che rendesse questa traversata un vero FKT, un percorso condiviso, ripetibile e che facesse sognare anche i non local. Abbiamo quindi creato la traccia cercando di individuare il concatenamento che avesse più logicità e linearità per chi lo avrebbe voluto ripetere in futuro. Possiamo dire che è uno standard collaudato, non esclusivo, e ovviamente aperto alla creatività personale di ognuno».

… E poi Francesco Paco Gentilucci e altri otto trail runner sono partiti una sera di metà luglio da Passo Rolle per farla in meno di 24 ore questa Translagorai.

«Per me era la terza volta su questo percorso e non ero mai riuscito ad arrivare in fondo nell’arco di una giornata sola. Il nostro obbiettivo è quello di creare un archivio degli intertempi, di consigli per chi vuole ripeterlo, oltre alla salvaguardia di questo posto che è perfetto così, nella sua imperfezione. In un FKT è giusto avere una visione diversa da quella che si ha su un percorso tracciato con le fettucce di una gara, senza pubblico e senza materiale obbligatorio: insomma, devi arrangiarti».

© Elisa Bessega

Il Lagorai è una delle ultime zone selvagge delle Alpi. Lungo il percorso si incrocia un solo rifugio con pernotto, per il resto o si scende a valle oppure ci si affida alla tenda e ai tanti bivacchi non gestiti: una peculiarità che le amministrazioni locali e i progettisti definiscono inadeguatezza. Ecco perché è stata prevista la ristrutturazione edilizia di un rifugio già esistente e di altre sei malghe-bivacco per creare nuovi punti ristoro gestiti: i primi lavori sono iniziati e in breve tempo si potrebbero incontrare agriturismi e ristoranti lì dove al momento non ci sono che qualche pastore e molte praterie. Un progetto di riqualificazione del genere servirà a dare nuova vita alla traversata? Così come gli atleti della Translagorai Classic FKT Run sono sempre di più coloro che si dirigono verso quest’angolo del Trentino attirati dalla possibilità di vivere un’esperienza di outdoor forse più scomodo e più difficile da gestire, eppure proprio per questo più appagante e più reale, soprattutto oggi che gli ambienti alpini, saturi di infrastrutture, finiscono per assomigliarsi quasi tutti. Ne parliamo su Skialper 131 di agosto-settembre.

© Federico Ravassard

Concatenamento Cervino - Dent d’Hérens per Cazzanelli e Maguet

Se ne parlava da tempo e, complice la stagione senza gare, ecco che si è formata una nuova coppia per imprese in velocità e con ingaggio alpinistico in quota. Qualche giorno fa François Cazzanelli e Nadir Maguet hanno concatenato in una sola giornata Cervino e Dent d’Hérens. «Quest’anno in assenza di gare ho voluto dedicare più tempo alla montagna e scoprire un mondo per me nuovo, quello dell’alpinismo e quando François mi ha proposto il suo progetto di concatenare in una sola giornata il Cervino e la Dent D’Hérens, le due montagne simbolo della nostra valle, non ho esitato nel dirgli di sì» dice Maguet. In totale 15 ore e 57 minuti per un dislivello di 4.300 metri con 35 chilometri di sviluppo.

Partenza alle 2,15 della notte tra il 20 e 21 agosto dalla chiesa di Cervinia (2.050 m), poi la scelta di due belle vie di roccia, la Diretta degli Strapiombi al Cervino e la Cresta est della Dent d’Hérens. L’itinerario ha toccato il colle del Breuil per attaccare il Cervino (4.478 m.) proprio dalla via degli Strapiombi di Furggen «Dopo 5 ore e 20 minuti dalla partenza abbiamo raggiunto la vetta e siamo scesi per la cresta del Leone fino al rifugio Duca D’Abruzzi - aggiunge Maguet - Da lì ci siamo trasferiti alla base della Cresta Albertini. Dalla base fino alla vetta delle Dent d’Hérens (4.171 m) ci abbiamo impiegato 5 ore. Successivamente siamo discesi dalla cresta Tiefenmatten fino al fino al rifugio Prarayer in Valpelline (2.055 m). Il tutto in totale autonomia portandoci dietro il nostro materiale».

© Facebook Nadir Maguet

Dal 27 agosto disponibili online i film del Trento Film Festival

Da oggi si può accedere alla piattaforma online.trentofestival.it e registrarsi per vedere i film che verranno proiettati anche in sala. I film saranno disponibili dal 27 agosto, giorno di apertura del settantottesimo Trento Film Festival, in base al programma delle proiezioni: ogni film andrà online il giorno successivo all'anteprima a Trento, per preservare la scoperta per gli spettatori in sala, e resterà disponibile per un'intera settimana.

Tutti i cortometraggi fino a 40 minuti di durata, ovvero ben 41 film da tutte le sezioni del programma, sono disponibili gratuitamente. Per tutti gli altri film è possibile acquistare a 20 euro l’abbonamento online che dà accesso all'intera selezione oppure noleggiare il singolo titolo a 4 euro. Ogni film, tanto quelli gratuiti, quanto a noleggio, è limitato a 500 visioni: come al cinema, quindi, è importante prenotare il proprio posto.

A inaugurare la piattaforma sarà Cholitas di Jaime Murciego e Pablo Iraburu, appassionante racconto di una spedizione unica, in cui cinque donne indigene boliviane affrontano la scalata dell’Aconcagua indossando i loro abiti tradizionali, come gesto di liberazione ed emancipazione. Il 27 agosto, grazie alla collaborazione con Montura, i primi 500 utenti che si registreranno avranno la possibilità di vedere il film gratuitamente, in contemporanea con l’anteprima a Trento.

La selezione cinematografica sarà presentata sia in proiezione per il pubblico del festival che in streaming, con l’eccezione di due titoli che si potranno vedere solo a Trento prima dell’uscita nelle sale: Paradise, una nuova vita di Davide Del Degan (Fandango), e l’evento di chiusura Nomad: In the Footsteps of Bruce Chatwin di Werner Herzog (Feltrinelli Real Cinema e Wanted Cinema).


Luca Carrara e il Giro montano della Val di Scalve

Un nuovo giro in stile trail e skyrunning, che concatena sentieri esistenti, per stabilire un FKT, ma senza l’assillo del tempo, piuttosto per promuovere il territorio, divertirsi e registrare un primo crono, da cui ripartire. L’idea di Luca Carrara, atleta griffato Salomon, in Val di Scalve, nella bergamasca, era proprio questa. «Non è per il tempo che mi sono impegnato. La vera soddisfazione è la bontà della proposta che può avere un futuro. Mi dispiacerebbe se si esaurisse in questo mio tentativo» ha detto Luca al termine del giro di 68,5 km con un dislivello positivo di 4.400 metri chiuso domenica 16 agosto in 9 ore 21 minuti e 8 secondi. «I sentieri sono già in buono stato. I punti di ritorno a valle sono numerosi, così come i rifugi. Non tutte le alte vie hanno queste possibilità. Gli si dovrebbe dare un nome» continua Luca.

Ad accompagnarlo lungo il percorso alcuni local: Antonio Boni, Patrick Belingheri, Ernesto Duci e Valter Albrici. Il nuovo giro collega alcuni degli angoli più belli della valle bergamasca. La partenza da Nona (frazione di Vilminore di Scalve), poi Passo della Manina, Pizzo di Petto, Pizzo Ferrante, Rifugio Albani, Colle della Guait, Dezzo, Azzone, Passo Cornabusa, Malga Epolo, conca dei Campelli, Passo del Vivione, Laghi del Venerocolo, Rifugio Tagliaferri, Passo Belviso, Diga del Gleno fino ancora a Nona.

 


Keep Clean & Run e il Campionato del mondo di plogging

Keep Clean & Run. Corri e pulisci. Un motto che è diventato anche una manifestazione che prevede un itinerario ben preciso e simbolico per unire corsa e raccolta rifiuti, cioè plogging. La Keep Clean and Run 2020 avrebbe dovuto svolgersi ad aprile ma è stata rimandata a settembre, dal 3 al 10, e si svolgerà tra Trieste e Cortina lungo i luoghi del fronte della Prima Guerra Mondiale.

Gli organizzatori hanno anche pensato a una KCR solidale e all’edizione pilota del Campionato del mondo di plogging. Il funzionamento è semplice: ci si iscrive online in una delle categorie, walking, running o trail running, e nei giorni iniziali della XCR, 4, 5 o 6 settembre, si decide di correre dove si vuole e sulla distanza che si vuole seguendo il regolamento e registrando la propria attività tramite Strava o altre app. Al termine bisogna comunicare i dati accumulati agli organizzatori unitamente a una foto con il pettorale e i rifiuti raccolti: un algoritmo realizzato ad hoc calcolerà tempichilometri percorsi e chili di rifiuti raccolti e verrà stilata una classifica speciale. Quella della categoria trail running costituirà la graduatoria del primo Campionato del mondo di plogging.

Le quote di iscrizione unitamente agli altri fondi raccolti con le altre iniziative che rientrano nel Keep Clean and Run Solidale, verranno devolute in beneficenza alla Caritas Italiana che sosterrà, attraverso uno specifico concorso di idee, una start-up di giovani capaci di sviluppare progetti per l’ambiente e lo sviluppo sostenibile. Le iscrizioni chiudono il 30 agosto e costano 5 euro per running e trail running e 3 euro per il walking. Per iscriverti clicca qui.


Every Single Street

Correre su ogni singola strada di San Francisco in 45 giorni è stato come fare un’ultra ininterrotta tra le montagne, perché non puoi mai staccare con la testa, devi essere sempre concentrato e il dislivello è importante - dice Rickey - Però per altri versi è molto diverso, perché la nostra idea di trail running è spesso legata alla fuga, è semplicemente esistere in un posto e non essere perfettamente presenti e consapevoli in quel luogo: correre per le strade della città è l’opposto di fuggire.

Le sterminate distese di sabbia e le gelide onde di Ocean Beach, a San Francisco, hanno qualcosa di catartico. E il gesto simbolico di Rickey Gates, che qui ha chiuso il primo agosto del 2017 la sua corsa da costa a costa degli Stati Uniti e da qui il primo novembre del 2018 è partito per il progetto Every Single Street, un’ultra-maratona per toccare ogni singola strada di San Francisco, è stato premonitore. O forse profetico. Passare dalle immense distese di uno dei Paesi più grandi del mondo alle 49 miglia quadrate di una città di poco meno di un milione di abitanti assume un significato ancora più profondo ora che, a causa delle restrizioni dei lockdown e delle conseguenze dell’era Covid, abbiamo riscoperto tutti una dimensione più local. E l’hashtag #everysinglestreet, oltre che un cortometraggio della Salomon TV, è diventato virale, con seguaci in ogni parte del mondo. Per correre dalla South Carolina a Ocean Beach, Rickey Gates ha coperto 3.700 miglia (poco meno di 6.000 chilometri), per raggiungere tutte le strade di Frisco, come i local chiamano la città del Golden Gate, 1.317 miglia (poco più di 2.100 chilometri) e 147.000 piedi di dislivello, quasi 45.000 metri. Dopotutto in sette miglia per sette miglia ci sono ben 1.100 miglia (1.770 chilometri) di strade e per percorrerle tutte, anche se sei efficiente al massimo, devi coprire alcuni tratti più volte. Abbiamo parlato con Rickey di Every Single Street su Skialper 131 di agosto-settembre.

© Jamil Coury

Una corsa alla fine del mondo

«Ero curioso di tornare nella valle Chacabuco e al lago Jeinemeni. Ma non era solo la natura ad attrarmi, piuttosto gli uomini e il loro rapporto con l’ambiente. Queste valli, questi monti, sono forse il luogo dove ho lavorato più a lungo come Guida di montagna, dove ho corso più lontano. Qui ho scritto record di salita e discesa in velocità su cime selvagge. Queste montagne le sento un po’ come mie, anche se non vivo qui, ma vicino a Santiago, nella valle Maipo. All’inizio del 2018, grazie alla donazione allo stato del Cile della terra della Valle Chacabuco da parte di Tompkins Conservation, la Reserva Nacional Lago Jeinemeni e la Reserva Nacional Lago Cochrane sono state unite nel Parque Nacional Patagonia. Queste valli sono state trasformate negli anni dall’allevamento e l’ecosistema, al di fuori dei panorami da cartolina, rischiava di essere compromesso irrimediabilmente, però la creazione del parco è andata contro alcuni degli interessi economici locali. Così, a distanza di due anni, volevo vedere come è stato accolto dalle persone che vivono da quelle parti e che effetto ha prodotto sull’economia locale. Volevo farlo a mio modo, tornando lì per correre».

A scrivere è Felipe Cancino, runner e attivista ambientale cileno, che ama guidare verso Sud, per andare a scoprire gli angoli più selvaggi della Patagonia usando i propri piedi. E così ha scoperto che un parco nazionale è molto più di un semplice contenitore di natura e può diventare un volano per l’economia locale e per uno sviluppo sostenibile. Attorno al Parque Nacional Patagonia, per esempio, sono sorte fattorie per l’agricoltura bio intensiva. Nei suoi viaggi in Patagonia Felipe è andato anche più a Sud, fino alla punta estrema del Sud America.

© Rodrigo Manns

«La Peninsula Mitre è l’estrema punta meridionale del Sud America, quella punta dell’Argentina che guarda a Est. Ieri abbiamo provato a bere l’acqua degli acquitrini rendendoci conto che, anche bollita, è imbevibile perché inquinata dai castori. Sembra incredibile, ma questi roditori, introdotti dall’industria delle pellicce, hanno devastato l’ecosistema locale. L’alternativa era bere quel liquido disgustoso o l’acqua salata del mare, poi abbiamo capito che si poteva raccogliere l’acqua che ogni giorno cade dal cielo ed è stata la nostra salvezza. Essere qui, senza tutte quelle comodità del nostro mondo, a partire da un collegamento internet, mi ha obbligato a risolvere i problemi, tanti, facendo solo ricorso al mio intuito. Mi ha fatto capire che a volte devi avere fortuna».

Su Skialper 131 di agosto-settembre un intenso reportage con le meravigliose fotografie di Nacho Grez e Rodrigo Manns.

© Nacho Grez