ISPO Munich punta sulla fiera ‘ibrida’
Dopo qualche rumour, è arrivata oggi la conferma ufficiale che ISPO Munich, la più importante fiera al mondo per gli articoli sportivi invernali, si terrà dal 31 gennaio al 3 febbraio al quartiere fieristico di Monaco di Baviera. Sarà però una fiera ‘ibrida’, come comunicano gli organizzatori, con stand e possibilità di presenza nei padiglioni, ma anche una piattaforma digitale che permetterà di ‘partecipare’, soprattutto ai visitatori extra-europei, quelli per i quali sarà più difficile la presenza di persona anche se il governo tedesco ha chiarito che anche i cittadini di Stati che attualmente non fanno parte della lista verde di Paesi extra-Schengen potranno entrare in Germania per la partecipazione alle fiere. Inoltre per gli espositori sono stati previste scadenze e termini per la cancellazione più flessibili e stand pre-allestiti per ridurre costi e tempi. La piattaforma digitale consentirà anche un ‘accesso’ alla fiera ai consumatori finali ed è stato sperimentato con la community ISPO Innovation che ha coinvolto 80.000 consumatori in progetti di crowd-funding e ricerche di mercato. La politica di sicurezza sanitaria si baserà sulla distanza interpersonale, l’igiene delle mani, l’utilizzo della mascherina e la tracciabilità. Non sono ancora noti i dettagli della formula ibrida e soprattutto come funzionerà la piattaforma digitale e rimane l’incognita della partecipazione dei marchi che vedrà prevedibilmente un calo importante rispetto alle ultime edizioni con diversi marchi la cui partecipazione rimane in dubbio.
Arriva Scott Kinabalu 2
Arriva la seconda versione di Scott Kinabalu, la scarpa da trail più versatile del marchio svizzero. L’obiettivo di progetto è proprio la trazione versatile, legata ad alti livelli di ritorno di energia e comfort. La versatilità nella trazione è data soprattutto dalle alette posizionate sulla suola, tasselli multiformi (alcuni sono a chevron) che sono pensati per consentire alla scarpa di mordere i diversi strati di rocce e radici e adattarsi il terreno.
L’aspetto più vistoso però è legato ai diversi colori lungo l'intersuola che contengono una densità diversa della schiuma utilizzata. La parte protettiva, che è più morbida in densità, consente un atterraggio ammortizzato mentre il resto dell'intersuola, essendo più rigido, fornisce un rebound reattivo. L'impiego della schiuma cinetica di Scott, secondo quanto dichiarato dalla casa, fornisce il 14% in più di ritorno di energia rispetto alla schiuma EVA standard.
Il drop è di 8 mm per 290 gr di peso dichiarato. La tomaia è in maglia ingegnerizzata. Scott Kinabalu 2 è già in vendita al prezzo al pubblico di 145,90 euro. Sarà sicuramente tra le prime scarpe che metteremo alla frusta per la prossima edizoone della Outdoor Guide ;)
Skialper 132, alla ricerca dello spirito selvaggio dello scialpinismo
Come sarà l’inverno che verrà? Quanto le limitazioni imposte dalla pandemia incideranno sui nostri comportamenti? Non lo sappiamo, sappiamo però che l’estate appena finita ha visto la montagna in forte crescita e che nella primavera 2020, dove il lockdown è stato meno severo, lo skialp è stato lo sport più trendy. Perché è prima di tutto uno sport di distanziamento, nella natura. E il numero 132 di Skialper di ottobre-novembre va proprio alla scoperta - o alla ri-scoperta - dei valori più belli e profondi dello sci con le pelli. 176 pagine ricche di spunti per un inverno mai atteso come quest’anno.
Su quale nuvola vivevamo per non accorgerci della nostra fortuna?
Il diario dal lockdown in un monolocale di 26 metri quadrati di Maxence Gallot è un invito alla riflessione e a fare tesoro di quelle lunghe settimane per vivere il prossimo inverno con uno spirito nuovo. Abbiamo sempre avuto l’impressione di dominare il mondo, eccoci ora molto meno potenti e molto più insignificanti. Ma potremo vivere la montagna e l’inverno con occhi diversi.
Covid-19, provare a conviverci
È un dato di fatto, con la pandemia bisogna convivere, cercando di adottare le strategie più utili ad evitare il contagio (anche per proteggere le persone più deboli). Ne abbiamo parlato con un personaggio molto conosciuto nel nostro ambiente perché è l’organizzatore del festival Milano Montagna. Però Francesco Bertolini è anche molto competente in materia perché direttore della Divisione di Laboratorio di Ematoncologia all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. Così abbiamo sfruttato la sua esperienza per capire se ci sono dei consigli ad uso skialper.
Lontano dalle tracce
Un gruppo di amici, un gruppo abbastanza eterogeneo, con Guide alpine, cercatori di cristallo, professionisti della montagna. Un appuntamento, ogni anno, per qualche giorno con le pelli ai piedi, per una traversata nella quale condividere i valori più belli dello stare insieme. In valli meno frequentate di Chamonix & co. Dopo averlo intervistato, abbiamo chiesto a Bruno Compagnet di scrivere per noi e lui ci ha raccontato la sua traversata dalla Valle Varaita alla Val Maira. Le stupende foto in bianco e nero sono di Layla Kerley. Sulle orme di Bruno & co, Federico Ravassard è andato in Val Maira alla scoperta della proposta turistica diversa di questa valle e di come si proponga a esempio per il turismo alpino post-Covid.
Alta Valtellina: scoprire, riscoprire, condividere
Non si può dire che la zona dei Forni, Bormio o Livigno siano destinazioni poco popolari tra gli scialpinisti. Però ci sono itinerari o momenti nei quali è possibile sciare senza incontrare nessuno. Basta, per esempio, andare ai Forni in pieno inverno, quando la strada è chiusa. Oppure darsi allo ski sauvage nelle valli più difficili da raggiungere, abbinando avvicinamenti in e-bike, ravanage, qualche passo alpinistico… Abbiamo chiesto di parlarci delle loro esperienze solitarie a un local doc come Giuliano Bordoni, Guida alpina e da sempre amante della glisse valtellinese, e a una local acquisita, Eva Toschi, che ha scelto la Valfurva come casa. Un ampio dossier con consigli pratici e racconti da leggere con attenzione.
Lettera da…
Negli anni Trenta Ernest Hemingway pubblicava delle lunghe lettere da Cuba o dal cuore dell’Europa su Esquire. Dei racconti su come viveva e cosa faceva. Così abbiamo provato anche noi a stare al gioco in questo momento così particolare, scegliendo luoghi e persone lontani, non sempre dal punto di vista geografico, ma anche negli stili di vita. Il postino arriva da Val di Rhêmes, Gennargentu, Sauris, Alaska, Nuova Zelanda. A scrivere Louis Oreiller, Maurizio Oviglia, Anna Pugliese, Gabriella Palko e Joe Harrison.
Giù al Nord
A volte gli stereotipi si capovolgono. Così può capitare che i Monti della Laga, nel Centro Italia, siano ricoperti di powder, non ci sia il vento, ma solo il fluff e il silenzio della montagna. Come è successo a Lorenzo Alesi.
Waffle, powder e wilderness
Il nome è abbastanza impronunciabile, Låktatjåkka Mountain Lodge, però è il rifugio più alto della Svezia e - oltre a essere molto accogliente - si trova al centro di una delle ultime zone di natura selvaggia europee. A visitarlo per noi Mattias Fredriksson, autore anche delle favolose fotografie.
Dentro il van
L’hashtag #vanlife conta più di otto milioni di citazioni. Non c’è dubbio che dormire su quattro ruote sia ormai una moda e che rientri tra i trend in crescita nell’emergenza pandemia. Così abbiamo pensato di fare scrivere a una ‘vera’ vanlifer, con varie esperienze e di lunga data, Veronica Balocco, cosa vuol dire vivere in van in inverno. E per documentare il tutto siamo andati a fotografare alcuni nomi noti del mondo outdoor con i loro mezzi. Cala Cimenti, Enrico Mosetti o Paolo Marazzi dicono qualcosa? Le foto sono di Federico Ravassard.
Must have
Abbiamo tutti una dannata voglia di tornare a scivolare sulla neve polverosa. Così abbiamo scelto alcuni giocattoli che renderanno i nostri vizi ancora più belli e li abbiamo fotografati per farveli vedere meglio. E per farvi venire voglia…
E tanto altro…
Come sempre presentazioni materiali (il nuovo scarpone skialp race Ayr Nirvana, la gamma Ortles, Stelvio e Gavia di Ski Trab, la Scarpa Spin Ultra con Gore-Tex Invisible Fit), le pagine dedicate ai prodotti must have, ma anche portfolio fotografici e riflessioni per fermare l’obiettivo sul momento particolare che stiamo vivendo. E su un inverno che – ne siamo sicuri - sarà indimenticabile.
Nasce la Kilian Jornet Foundation
Ha scelto un motto in tema con l’attualità, rifacendosi A Black Lives Matter. Per lanciare la sua fondazione per la protezione delle montagne Kilian Jornet si è affidato a un coinvolgente Mountains Matter. L’atleta simbolo degli sport endurance in montagna ha scelto di scendere in campo in prima persona per la difesa delle montagne e del loro delicato equilibrio ambientale. Lo ha fatto annunciando sul suo account Linkedin la nascita della Kilian Jornet Foundation.
«Sono felice di affrontare quella che sarà sicuramente la cima più difficile da scalare: la Fondazione Kilian Jornet - ha scritto - Amo la montagna, profondamente, e ho sempre avuto una grande consapevolezza dell'importanza della sua conservazione. Nonostante la mia coscienza ambientale, sono uno dei più grandi distruttori dell'ambiente. Il mio stile di vita nell'ultimo decennio come atleta professionista è stato strettamente legato ai viaggi frenetici in giro per il mondo e con ciò contribuendo su larga scala al riscaldamento globale. Le montagne sono essenziali per la vita sulla terra. Ci forniscono l'acqua immagazzinata nei loro ghiacciai, fiumi e laghi. Ci forniscono risorse come alimenti ed energie rinnovabili. È spaventoso pensare a come il riscaldamento globale potrà plasmare il pianeta nei prossimi decenni o come l'inquinamento potrà cambiare la biodiversità del mondo e il modo in cui mangiamo o troviamo acqua da bere. Questa paura mi ha fatto capire che devo cambiare il mio modo di vivere per essere più coerente con i valori e l'amore per le montagne che ho. La Kilian Jornet Foundation lavora per la conservazione delle montagne e del loro ambiente, comprendendo gli effetti del cambiamento climatico negli ambienti montani e stabilendo i migliori strumenti possibili per affrontarli.»
La mission della nuova fondazione è semplice: azioni dirette per la protezione delle montagne, iniziative di sensibilizzazione ed educazione e ricerca. Il primo progetto sostiene il World Glacier Monitoring Service dell’Università di Zurigo. L’obiettivo è di acquistare almeno 20 stazioni di monitoraggio dei ghiacciai tra il 2020 e il 2021. Si tratta di strumenti sviluppati in Francia che permettono di misurare lo scioglimento dei ghiacciai e gli effetti del global warming a distanza. Il costo di ogni stazione è di 10.000 euro. Tramite il sito della fondazione è possibile fare donazioni a partire da poche decine di euro.
Salomon verso la produzione di scarpe ‘made in France’
La svolta verso la produzione locale, conseguenza anche della pandemia e delle problematiche emerse con il blocco dei trasporti e le limitazioni alla mobilità delle persone, segna un nuovo traguardo. Salomon ha annunciato ieri l’accordo con Chamatex per la realizzazione di uno stabilimento altamente automatizzato a 200 chilometri dalla sede di Annecy, ad Ardoix.
Advanced Shoe Factory 4.0 (ASF 4.0), questo il nome del sito produttivo, sarà operativo a partire da metà 2021 e a regime (2025) potrà produrre fino a 500.000 paia di calzature, per la metà marchiate Salomon. La prima pietra è stata posata lo scorso 17 settembre. Le scarpe Salomon create in ASF 4.0 saranno distribuite in tutta Europa e saranno prodotte al 100% in questa fabbrica. L'uso della robotica in fabbrica semplifica anche il processo di assemblaggio, offrendo una soluzione competitiva ai costi di produzione asiatici. Infine, la produzione localizzata è maggiormente rispettosa dell'ambiente perché riduce al minimo l'impatto di CO2 associato alla spedizione dalle fabbriche all'estero. La costruzione di ASF 4.0, nonostante l’ampia automatizzazione, creerà anche nuovi posti di lavoro in Francia impiegando circa 50 persone, dagli operatori qualificati fino agli ingegneri e ai programmatori.
Chamatex, produttore di tessuti dal 1980, ha scelto Salomon come partner principale nella costruzione dello stabilimento ASF 4.0 per la storica collaborazione tra le due aziende e il know-how tecnico maturato. Molte delle scarpe Salomon realizzate nello stabilimento ASF 4.0 utilizzeranno il materiale Matryx che Chamatex ha fornito a Salomon per la scarpa da trail running Cross/Pro, presentata durante la stagione primavera/estate 2020. Chamatex e Salomon applicano anche le conoscenze acquisite da quando Salomon ha creato la sua linea di calzature personalizzate ME:sh nel 2017 e nel 2018, che prevedeva già l'utilizzo della robotica per la creazione di scarpe da corsa personalizzate all'interno dell'Annecy Design Center di Salomon.
La questione della produzione locale è strettamente legata non solo a quella della sostenibilità ambientale ma anche a quella della sostenibilità economica connessa al costo del lavoro nei Paesi Occidentali. Un interessante studio realizzato da un altro marchio francese, il brand di abbigliamento outdoor Picture, ha analizzato i costi di produzione e di vendita di una t-shirt in cotone organico realizzata in Turchia secondo i migliori principi e certificazioni della sostenibilità ambientale e della tutela dei lavoratori e a livello europeo. Produrre in Turchia determina un costo a capo di 7 euro, mentre il costo di acquisto del negozio è di 12,50 euro e al pubblico di 30-33 euro iva inclusa. La realizzazione in Europa costerebbe 15-20 euro, con la necessità di vendere al negozio a 30-35 euro e di prezzo al pubblico fuori mercato, di oltre 70 euro. L’unico modo perché la produzione sia sostenibile dal punto di vista economico, secondo il marchio francese, sarebbe la vendita diretta attraverso il proprio sito internet, come fanno alcuni marchi francesi, per esempio Hopaal e 1083. Una scelta che probabilmente ridurrebbe la popolarità ma soprattutto, cambiando il sistema di distribuzione, non contribuirebbe allo sviluppo delle economie locali, dai Paesi in via di sviluppo ai commercianti. Robotizzare o cambiare il modello di distribuzione? Queste al momento sembrano le vie possibili verso la rilocalizzazione di parte della produzione.
Il grido d'allarme di Bruno Compagnet per salvare i boschi dei suoi Pirenei
È arrivato l’autunno e il bosco cambia colore. L’estate indiana è uno dei momenti più belli nelle valli, quando gli alberi si colorano delle tonalità più calde, giusto prima che il bianco gelo ricopra tutto (e tanta neve, almeno così speriamo noi amanti della glisse). Un’occasione unica per riflettere su quanto siano importanti gli alberi per il nostro ecosistema e per le nostre montagne.
Proprio sull’argomento arriva un grido d’allarme da Bruno Compagnet, freeskier pirenaico, tra i fondatori del marchio Black Crows (beh, se leggete Skialper sapete bene chi è…). Nel comune di Lannemezan, sui Pirenei, è in progetto la costruzione di una grande segheria e Bruno sta cercando di risvegliare le coscienze perché ritiene che si tratti di un piano faraonico e non sostenibile per quei boschi dove tante volte ha posato le sue lamine. «Sono cresciuto in un piccolo villaggio a mille metri e i boschi hanno sempre fatto parte del mio ambiente e di quello degli abitanti della valle, hanno scandito le stagioni e oggi sappiamo quanto siano importanti per combattere l’emergenza climatica. Non sono contrario allo sfruttamento del bosco, ma è un progetto che va contro la realtà ambientale e umana di queste valli» ci ha detto Bruno che invita a firmare la petizione di SOS Forêt Pyrénées.
L’associazione segnala alcuni dati chiave dell’operazione: per fornire i faggi necessari alla segheria dovrebbero essere tagliati l’equivalente di 1.200 campi di calcio sul territorio di 400 comuni pirenaici ogni anno con 5.000 camion in più sulle strade. In pratica si tratta di una quantità da due a tre volte superiore a quella fornita oggi dai Pirenei Atlantici e dal Massiccio Centrale d’Acquitania. SOS Forêt Pyrénées ritiene che il volume di legno richiesto permetta di sostenere la segheria solo per qualche anno, mettendo in pericolo l’ecosistema della foresta pirenaica e la biodiversità. Il progetto sarebbe inoltre finanziato per almeno la metà con fondi pubblici.
Secondo Europe Écologie les Verts Midi-Pyrénées la quantità di legno da tagliare si aggirerebbe tra i 200.000 e 360.000 metri cubi all’anno: «la foresta copre più della metà del territorio dei Pirenei e questo ecosistema dai fragili equilibri ha un ruolo essenziale come serbatoio di biodiversità che preserva il futuro degli esseri viventi, cattura e immagazzina l’anidride carbonica, limitando i cambiamenti climatici e drena l’acqua, limitando le inondazioni e l'erosione del suolo».
La segheria potrebbe dare lavoro a 25 persone e gli studi di fattibilità valutano in 90 i posti di lavoro che si creerebbero nell’indotto negli anni a seguire, ma gli attivisti locali temono che la filiera chiuda prima ancora che possa esserci un indotto, rovinando irrimediabilmente quella natura che è il vero tesoro dei Pirenei.
Ryan Gellert è il nuovo CEO di Patagonia
Patagonia ha nominato il nuovo CEO di Patagonia Works, Ryan Gellert, dal 2014 alla guida di Patagonia in Europa, in Medio Oriente e Africa. Patagonia Works è la holding che presiede Patagonia, Inc (abbigliamento e attrezzature), Patagonia Provisions (alimentare), Patagonia Media (libri, film e progetti multimediali), Lost Arrow Solutions (settore government), Fletcher Chouinard Designs, Inc. (tavole da surf), Tin Shed Ventures, LLC (settore investments) e Worn Wear, Inc. (upcycling di abbigliamento usato).
Gellert ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti, in Asia e in Europa. Prima di entrare in Patagonia, ha trascorso 15 anni presso Black Diamond Equipment, dove ha ricoperto diversi ruoli tra cui Brand President, VP of Supply Chain Management e Managing Director di Black Diamond Asia. Sotto la sua guida, Patagonia ha lanciato la sua prima campagna ambientale globale relativa a un'iniziativa europea: Save the Blue Heart of Europe, proteggendo gli ultimi fiumi incontaminati d'Europa dalla minaccia di oltre 3.000 progetti idroelettrici pianificati. Ha inoltre lanciato nel vecchio continente Patagonia Action Works, uno strumento digitale per connettere le persone con i gruppi ambientalisti, sia nella loro area sia in tutto il mondo, dando loro modo di partecipare alle iniziative e agire concretamente. Gellert succede alla carismatica guida di Rose Marcario e la sua nomina arriva dopo un periodo di qualche mese di guida ad interim dell'azienda da parte del COO Doug Freeman.
Il Consiglio di Amministrazione di Patagonia ha annunciato due ulteriori cambiamenti nella sua leadership: Jenna Johnson e Lisa Williams sono state incaricate di un nuovo importante ruolo. Jenna Johnson, che precedentemente ha guidato il settore outdoor tecnico di Patagonia è ora a capo di Patagonia, Inc., dove avrà il compito di allineare ulteriormente il business della divisione di abbigliamento e accessori alla mission aziendale e alle comunità sportive. Lisa Williams, che è entrata a far parte del team prodotti di Patagonia nel 2001, assume un nuovo incarico esecutivo come Head of innovation, design and merchandising. In questo ruolo, avrà il compito di accelerare la mission di Patagonia attraverso progetti e materiali rivoluzionari e in grado di catturare CO2.
«Sono davvero onorato dell'opportunità e profondamente consapevole della grande responsabilità di guidare l’azienda in questo momento critico – ha detto il nuovo Ceo Ryan Gellert - Siamo noi stessi ad avere le maggiori aspettative su Patagonia. Tutto ciò che facciamo deve ricondurre alla nostra mission: siamo in business per salvare il nostro pianeta e dobbiamo farlo in un modo che sia giusto, equo e inclusivo per tutte le persone. È una grandissima ambizione e dovremo affrontare giorni difficili quando proveremo a sfidare le regole, ma sono entusiasta di poterlo fare fianco a fianco con i talentuosi e appassionati professionisti che fanno parte del team Patagonia. E sono sicuro che ci sarà anche da divertirsi durante il percorso!».
Il sito statunitense Fastcompany ha pubblicato la prima intervista a Ryan Gellert e Jenna Johnson, online qui.
Adamello Ultra Trail, tutto rinviato di una settimana
L’Adamello Ultra Trail andrà in scena con una settimana di ritardo. Paolo Gregorini e il team organizzatore dell’evento inizialmente in programma dal 25 al 27 Settembre hanno infatti deciso di rinviare l’intero programma al 2-4 ottobre. Le previsioni per il fine settimana, e in particolare per la nottata fra venerdì 25 e sabato 26 settembre, sono molto negative. In pratica si slitta di una settimana esatta.
«Dover attuare un cambio di programma così importante a pochi giorni dall’evento non è certo quello che auspicavamo, ma è un atto dovuto nei confronti di chi ama questo evento e ci dà fiducia: a loro dobbiamo garantire di vivere Adamello Ultra Trail in condizioni di serenità e sicurezza» spiega Paolo Gregorini, leader del comitato organizzatore di Adamello Ultra Trail.
«Purtroppo venerdì 25 e sabato 26 settembre sono previste piogge intense sul tracciato della gara, con neve fino a bassa quota. Questo significa temperature inadatte alla disputa di un evento di trail running e impossibilità di garantire la sicurezza in alcuni passaggi particolarmente tecnici del percorso. A questo si aggiunge, nell’attuale contingenza legata al Covid-19, la difficoltà di assicurare il distanziamento nel momento in cui un gran numero di atleti fossero costretti a ripararsi in corrispondenza dei punti ristoro o delle basi vita»
Le iscrizioni ad Adamello Ultra Trail 2020 rimangono automaticamente valide per le nuove date. Coloro che non fossero in grado di partecipare all’evento dal 2 al 4 ottobre 2020 possono mettersi in contatto con l’organizzazione all’indirizzo info@adamelloultratrail.it, chiedendo di confermare la propria iscrizione per l’edizione 2021 dell’evento, o viceversa domandando il rimborso dell’iscrizione nella misura dell’80%. In caso di defezioni, il comitato organizzatore aprirà una finestra per eventuali ripescaggi sino a domenica sera, 27 Settembre 2020.
Arriva anche il pantaloncino... elettorale
È un fenomeno tutto americano, però un po’ di curiosità la può destare anche da noi. Negli Stati Uniti, in fibrillazione per le elezioni presidenziali del 3 novembre, ha iniziato a circolare la foto di un’etichetta di un capo di abbigliamento Patagonia con una scritta ‘Vote the assholes out’ (linguaggio molto colorito, diciamo ‘vota per lasciare a casa gli st….i’). La fotografia è apparsa per la prima volta in un post di Corey Ciorciari, ex consigliere del senatore della California Kamala Harris. In molti hanno pensato a un fotomontaggio, invece alcuni articoli della stampa, da Adventure Journal al Los Angeles Times, confermano che non è un fotomontaggio. Secondo quanto scritto da Steve Casimiro dell’Adventure Journal, che ha contattato la sezione affari pubblici del brand di abbigliamento outdoor californiano, si tratterebbe di un’edizione in tiratura ultra-limitata del pantaloncino Road to Regenerative Stand Up. Il messaggio sarebbe diretto genericamente, come avvenuto in altre forme in passato a ‘politici di qualsiasi partito che negano che il cambiamento climatico sia reale, o non credono che dovremmo fare nulla per il cambiamento climatico’.
Gorropu in anteprima sul sito internet di Ferrino
Il film Gorropu, ritratto della climber polacca Aleksandra Taistra, viene proiettato oggi, sabato 19 settembre, in occasione della 25esima edizione del Ladek Mountain Festival, la più importante manifestazione polacca dedicata alla cinematografia di montagna. Evento che da tre anni ospita la cerimonia di premiazione dei Piolets d’Or, gli oscar dell’alpinismo. In concomitanza alla proiezione Ferrino organizzerà un’anteprima online per lunedì 21. Dalle 21 alle 24 sarà infatti possibile vedere Gorropu in una sezione dedicata del sito Ferrino: www.ferrino.it
Gorropu, titolo del film realizzato da Francesco Pierini, Ivan Frattina e Filippo Maragno, è anche il nome di una gola in Sardegna, quella dove Aleksandra Taistra ha realizzato la sua salita piщ importante: Hotel Supramonte in giornata (8b max/7c obbl.; 400 m). Percorso aperto da Rolando Larcher e Roberto Vigiani nel 1999, Hotel Supramonte è tra le più apprezzate vie multi tiro in Europa. La pellicola ripercorre, scena dopo scena, il percorso che ha portato Aleksandra dal primo approccio con la roccia alla conclusione di questo ambizioso progetto, nell’ottobre 2019.
Non si tratta del mero racconto di una scalata su roccia, ma di un viaggio che va a toccare anche gli aspetti emotivi e sentimentali oltre a quelli sportivi. Un film che parla di resistenza e perseveranza, ma anche di maturazione personale attraverso la realizzazione di qualcosa per molti fuori portata. Mostra come la concentrazione necessaria per sopportare le difficoltà di un’intensa scalata, di tentativi falliti, di pessime condizioni meteo, possa diventare mezzo per comprendere se stessi.
Per le sue scalate Aleksandra veste Rock Slave e utilizza attrezzature da camping Ferrino High Lab. „Siamo orgogliosi – commenta Anna Ferrino, CEO – di supportare Aleksandra e con lei il film Gorropu. Una climber forte e decisa, capace di vivere l’arrampicata come percorso di crescita, andando oltre il gesto atletico».
La donna che vuole battere il record maschile
Una donna che punta dritta al record di un uomo. Peraltro fresco. Lo scorso 6 settembre il francese Aurélien Dunand-Pallaz ha superato 17.218,2 m di dislivello in 24 ore. Ora la connazionale Élise Delannoy vuole mettere la bandierina più in alto. Élise, settima all’ultima UTMB, ha scelto sabato prossimo, 19 settembre, per cercare di stabilire il nuovo record di dislivello in 24 ore. Lo farà su una collina di 129 metri a Nœud-les-Mines (Pas-de-Calais).
Il piano è di fare 290 giri di 520 metri con 59,4 m di dislivello per un totale di 151 km per 17.226 m D+. Nelle recenti prove in un giorno ha fatto 5h x 62 giri (3.680 m D+ - proiezione: 17.660 m in 24 ore), in un altro 3h x 39 giri (2.361 m D+ - proiezione: 18.500 m in 24 ore).
AGGIORNAMENTO 21/09/2020: Élise Delannoy non ha battuto il record maschile, ma stabilito quello femminile, che è il quarto assoluto con 16.572,6 m.
AlpFrontTrail, da Grado al Passo dello Stelvio di corsa per non dimenticare
Il 10 ottobre 1920 l’Alto Adige venne formalmente annesso all’Italia. Cento anni dopo quattro team internazionali, ciascuno composto da due atleti di spicco, tra il 6 e il 14 ottobre percorreranno il confine storico tra Italia e Austria. Affronteranno 850 chilometri e un dislivello di 55.000 metri. AlpFrontTrail, questo il nome dell’iniziativa, non è solo un evento sportivo. Attraverso lo sport il confine, un elemento che separa, si trasforma in un’esperienza che lega e viene tenuto alto il valore della libertà. «Correre è una cosa che chiunque può fare, indipendentemente dalla nazionalità, dal colore di pelle o dalla religione. Per correre non serve un’attrezzatura costosa e lo si può fare ovunque» ha detto Philipp Reiter. Il trail runner e videomaker ventinovenne originario di Bad Reichenhall (Baviera) ha avuto, insieme al fotografo altoatesino Harald Wisthaler, l’idea dell’AlpFrontTrail, che prenderà il via martedì 6 ottobre con la prima tappa da Grado al santuario di Castelmonte.
Il percorso toccherà poi Sesto passando per la Val Canale e Tarvisio, da lì proseguirà per Arabba e Grigno fino a raggiungere Riva del Garda, da cui sarà percorsa l’ultima parte che, affrontando il passo del Tonale e l’Ortles, raggiungerà infine il Passo dello Stelvio. «Parteciperanno Anton Palzer, Daniel Jung, Eva Sperger, Jakob Hermann, Martina Valmassoi, Hannes Perkmann, Marco De Gasperi, Ina Forchthammer e Tom Wagner: alcuni tra i migliori trail runner al mondo. Inoltre ci sarà anche l’olimpionica del biathlon Laura Dahlmeier» ha spiegato Wisthaler. L’iniziativa è sostenuta, tra gli altri, da Suunto e della zona turistica delle 3 Cime/3 Zinnen in Alta Pusteria.