«Stavamo attraversando, a 800 metri di quota, il tratto periferico di un ghiacciaio dal nome impronunciabile – sulla carta c’è scritto Øksfjordjøkelen – e la temperatura nell’arco di poche centinaia di metri era crollata di parecchi gradi rispetto ai pendii più vicini alla costa. Davanti a noi, e anche dietro, e di fianco, montagne senza nome rese ancora più cupe dalla luce bassa del sole. A febbraio, oltre il Circolo Polare Artico, il sole si alza ben poco sopra l’orizzonte: anche a mezzogiorno le ombre sono lunghe come al tramonto. Ci stavamo spostando con gli occhi ben aperti e la consapevolezza di essere gli unici esseri umani in giro, a parte la cinquantina di abitanti che occupano il piccolo insediamento portuale e altri quattro sciatori, ospitati come noi da Morten. Per raggiungere la civiltà, da qui, occorrono due ore di traghetto e altrettante di pullman, sempre che il mare non sia agitato o la strada non venga chiusa per le valanghe: e per civiltà sto parlando di Alta, ventimila anime distribuite con una media di cinque abitanti per chilometro quadrato. Ci sentivamo soli, anzi, di fatto lo eravamo: quella solitudine che uno sciatore cerca e, quando la trova, lo posiziona a metà strada tra l’esserne affascinato o intimorito».
Su Skialper 135 di aprile-maggio pubblichiamo lo straordinario reportage di Federico Ravassard da Bergsfjord, un minuscolo villaggio nella wilderness norvegese dove si va a sciare usando anche la barca. «La sera stessa in cui arriviamo capiamo di essere finiti in un lunapark per bambini troppo cresciuti: i canali più vicini sono letteralmente sopra il paese e le pelli si mettono direttamente sull’uscio di casa. Per arrivare a quelli più lontani, invece, ci pensa Nicky, la piccola barca bianca e arancione che usiamo il giorno successivo per muoverci fino al punto di partenza. Il briefing prima di salpare è essenziale ma efficace: se si dovesse cadere in acqua durante la navigazione avremmo non più di una decina di minuti di autonomia prima di passare all’altro mondo per l’ipotermia, sempre nel caso in cui non fossimo già affogati».
Federico è stato ospite nel lodge di Morten Christensen, sciatore e skipper norvegese che ha percorso tutta la costa del Paese in barca a vela, alla ricerca dei migliori sport per unire le sue due passioni. E del silenzio. «A posteriori si capisce che una delle qualità necessarie per vivere qui sei mesi all’anno è la stessa che viene richiesta agli sciatori o ai velisti: sapere apprezzare il silenzio, nella sua accezione più ampia possibile, quella di assenza delle cose. Dei suoni, delle trasmissioni, a volte anche delle altre persone o di attività a esse collegate. Quel tipo di silenzio ti permette di concentrarti di più e di entrare a contatto con l’essenza di quello che stai facendo. La pagina di un libro, uno sci che scorre sulla neve in salita, un’onda che si infrange sullo scafo. Sarebbe superfluo dirvi di venire in un posto come Bergsfjord per le sue montagne incontaminate: il senso di un luogo così sta nel suo essere silenzioso».