«Sono cresciuto con la scuola, il calcio e il mare, volgendo lo sguardo all’orizzonte, verso Est, verso il mare. Alla montagna ho sempre dato le spalle e per me non era nient’altro che parte del landmark del mio territorio. Quando avevo 12 anni, dopo una settimana verde a San Martino di Castrozza, la mia vita è cambiata. Rientrati a casa, io e mio padre abbiamo iniziato a raccogliere informazioni sulla nostra montagna, abbiamo scoperto che sulla Majella ci sono oltre 700 chilometri di sentieri e iniziato a frequentarla. Sì, nostra. Da quel momento l’abbiamo chiamata così, con gelosia e orgoglio, quando ne parlavamo con i forestieri. Il mio sguardo non era più rivolto a Est, ma a Ovest, verso la mia montagna». Non ricordo esattamente quando ho pensato per la prima volta a Mare Amaro, ma la prima idea mi è venuta nel 2017, quando vivevo all’estero, in Nuova Zelanda, e mi mancavano la mia terra, la mia famiglia e la mia Majella. Una volta tornato in Italia avrei voluto fare una lunga corsa dal mare alla montagna per promuovere il nostro territorio, dimostrando che l’Abruzzo è davvero una regione dove in un giorno puoi passare dal mare alla montagna.

Ho iniziato a correre nel 2011. A Roma, negli anni dell’università, mi ero allontanato dal calcio e da ogni sport. Poi ho preso troppi chili e per perdere peso ho scelto lo sport più facile da praticare e che fino ad allora avevo sempre odiato perché troppo faticoso, il running. A 21 anni la mia vita è cambiata, per sempre. Mi sono subito fatto prendere, ho iniziato a gareggiare sui 10 e i 15 chilometri e in poco tempo ecco la prima maratona. Pestare terra e roccia mi è venuto subito più facile che macinare chilometri sull’asfalto. E così ho iniziato a correre nei trail, collezionando partecipazioni
ad alcune della gare più belle e prestigiose, sia in Italia che all’estero, e allungando la distanza fino all’ultra-trail.

Marzo 2018, Atessa. Il mio paese si trova nel territorio Sangro Aventino, esattamente fra la Costa dei Trabocchi e la catena montuosa della Majella. Mentre parlo con mio padre della mia idea, mi interrompe bruscamente: «Dal Monte Amaro dovrai pur poi scendere da qualche parte». E così il progetto ha preso forma e ho deciso che avrei corso dalla costa al Monte Amaro e sarei ritornato al punto di partenza. Mare Amaro – L’Abruzzo in un Giorno una corsa in solitaria di 120 chilometri con 3.000 metri di dislivello positivo, da Fossacesia Marina fino alla seconda cima degli Appennini e ritorno lungo lo stesso percorso. Novanta chilometri di corsa su strada e 30 di skyrunning. La sfida? Chiudere il giro dall’alba al tramonto. In autunno ho iniziato a cercare gli sponsor e ho messo in calendario il mio sogno per il 4 agosto 2019. Il tempo è volato, era tutto pronto quando, poche settimane prima del via, è stato chiuso il sentiero H1. È quello che avrei dovuto seguire da Fara San Martino al Monte Amaro ma, a causa di una frana nelle famose Gole di Fara San Martino, sono stato costretto a cambiare percorso. La scelta più comoda era il sentiero H5 che fino ad allora non avevo mai percorso. Durante un sopralluogo mi sono accorto che era poco frequentato, con passaggi tecnici su alcune delle creste più belle e panoramiche dell’intero massiccio.

4 agosto 2019, Atessa. La sveglia suona alle tre, ho riposato davvero poco per l’eccitazione. Faccio un’abbondante colazione e alle quattro sono già a Fossacesia Marina dove trovo ad attendermi i miei familiari e molti amici che mi accompagneranno durante tutto il viaggio. Mi preparo lentamente, cercando la giusta concentrazione prima di partire alle cinque in punto. Stringo i lacci delle scarpe, recito le preghiere, preparo
il GPS ed ecco che parte il conto alla rovescia con il cielo all’orizzonte che si colora di giorno pur essendo ancora notte. 5,4,3,2,1 via! In un attimo mi ritrovo dal clamore al silenzio della notte che volge all’alba, solo con i miei angeli custodi: Grazia, la mia fidanzata che mi seguirà in auto per tutto il tempo con Natascia e Antonio, due cari amici. Devo fare 45 chilometri fino a Fara San Martino, la zona cambio prima della salita a Monte Amaro. Provo a smorzare l’emozione con qualche scambio di parole con Antonio, che pedala al mio fianco con la sua bici, cercando comunque di restare concentrato e seguendo il mio ritmo senza esagerare. Attraversata la Lecceta di Torino di Sangro sono sul lungo rettilineo che dal mare sale lungo la Valle Sangrina e dopo 22 chilometri passo a Piazzano di Atessa, davanti casa. È ancora molto presto, dormono tutti, ma non qualche curioso che, sapendo della mia avventura, non ha perso l’occasione per venire a salutarmi. Una di loro è nonna Maria, che trovo a bordo strada con gli occhi pieni di lacrime dall’emozione ad urlare Forza Alex. Forza Nonna, che carica che mi hai dato. Le do un bacio e proseguo. Continuo la mia marcia solitaria e, man mano che passano le ore, sulle strade trovo sempre più persone pronte a battermi le mani al mio passaggio, ma il bello deve ancora arrivare. Intanto sui miei account Facebook e Instagram ci sono le dirette, seguite dai tanti amici lontani.

© Mirko Picco

Vedo lentamente la Majella che diventa sempre più grande davanti ai miei occhi, mi avvicino alla zona cambio e passo dopo passo crescono le emozioni. Intorno al chilometro 27 vivo una breve ma intensa crisi di stanchezza alle gambe, ma per fortuna passa velocemente. Dopo 3 ore e 45 minuti arrivo a Fara San Martino dove trovo tanti amici, parenti e il sindaco Carlo de Vitis ad accogliermi. Grazia ha preparato la zona cambio al meglio. Mi rifocillo come posso, cercando di caricarmi di energie e mi cambio per la frazione di skyrunning. Dopo dieci minuti di sosta arriva la salita: da 440 metri di quota ai 2.793 del Monte Amaro in 15 chilometri. Mi accompagna Lorenzo, amico e atleta molto forte che curerà le riprese video live durante questo tratto. In un paio di chilometri sono già davanti alla dura salita che mi porterà su a Cima Tarì: questi primi cinque chilometri sono un vero e proprio vertical, con mille metri secchi di dislivello. Scolliniamo con un ottimo tempo e con il sole che nel frattempo inizia a bruciare sulle spalle, ma per fortuna stiamo guadagnando quota e la temperatura è ancora buona.

A Cima Tarì trovo Gianni a fare il ristoro, il primo dei tanti lungo il sentiero. Mentre io partivo dal mare alle prime luci dell’alba, in montagna c’era un gruppo con più di 30 persone che saliva lungo il mio tracciato per prepararsi a farmi assistenza durante la prova. Da qui inizia la parte più bella e panoramica del sentiero, le creste. Ripartiamo ed ecco che dopo poco sento il suono del drone sulla mia testa, alzo lo sguardo e davanti a me, a qualche centinaio di metri, vedo mio padre che urla fra i suoni dei campanacci. In testa mi ronzano le sue parole: Alex, gestisci bene, mi raccomando.
In fondo, fra la nebbia, vedo la cima di Monte Amaro riconoscibile da quel puntino rosso che significa Bivacco Pelino, il simbolo della cima. Mi sento davvero bene, tanto che Lorenzo m’invita a rallentare perché abbondantemente in anticipo sulla tabella di marcia. L’obiettivo era arrivare in cima intorno all’una, ma fra le urla delle decine di persone sul tetto del bivacco e l’entusiasmo di essere arrivato fin lì, alle 12.08 abbraccio la croce di vetta. Sono arrivato qui in 7h08’14’’, ho corso questa prima frazione davvero molto bene e veloce. Pensare che un’escursionista impiega anche nove ore per il solo tratto da Fara San Martino a Monte Amaro.

Mi fermo qualche minuto per mangiare un panino, mi godo il momento, ritrovo la giusta concentrazione e faccio stretching, visti i crampi agli adduttori che sono arrivati negli ultimi chilometri. Riparto con la consapevolezza che sono solo a metà dell’opera e che la parte più dura deve ancora arrivare, insieme alla stanchezza che ben presto inizierà a farsi sentire. Su queste aride pietraie voglio concentrarmi al massimo per vedere dove metto i piedi: una storta o una caduta in discesa potrebbero rovinare tutto, ma comunque scendo bene e forte. La nebbia fitta ci mette lo zampino, ma per fortuna sul mio Garmin ho la traccia e ben presto mi ritrovo a correre con un occhio a terra e uno sull’orologio per evitare di uscire fuori rotta, da solo perché Lorenzo ha un problema alle ginocchia. Dopo un’ora di discesa sono già da mio padre sulle creste e realizzo che da lì con lo stesso ritmo potrei essere a Fara San Martino entro un’ora. Inizia la parte più tecnica della discesa che equivale a quella che all’andata era stata la più faticosa, faccio molta attenzione a dove metto i piedi e a scivolare il meno possibile. Sono ormai a qualche centinaio di metri dal paese, è quasi andata, però inizio a sentire la stanchezza nelle gambe e il grande caldo fa salire la temperatura della pelle. Al cambio di Fara San Martino sono in tantissimi ad attendermi, ma i forti dolori alle gambe e la nausea rovinano il momento.

© Mirko Picco

Sono passate da poco le due e ho quasi due ore di anticipo rispetto alla tabella di marcia. Faccio lunghi respiri con la speranza che lo stomaco torni ad aver voglia di cibo, ma niente. Riparto con tanti liquidi in corpo, ma purtroppo senza aver mangiato. Non ci voleva! So che quest’ultima parte di 45 chilometri fino al mare sarà la più sofferta: sono stanco, fa caldo e non ho mai corso 90 chilometri sull’asfalto in un solo giorno. Però è qui che iniziano i ricordi più belli, i momenti più sofferti ed emozionanti. Riprendo la mia marcia e intanto per strada incontro tante persone, a ogni angolo c’è sempre qualcuno a battere le mani e a urlare il mio nome. Cerco di ringraziare e sorridere a tutti perché tutto questo non lo do per scontato, soprattutto in una domenica di agosto. Però la stanchezza e il senso di nausea aumentano, il ritmo è rallentato e non è sicuramente come quello dell’andata. Fa molto caldo e bevo continuamente. Arrivo a Piane d’Archi e sul rettilineo in fondo a me vedo una nuvola di persone per strada. Inizialmente penso che sia successo qualcosa ma, man mano che questa immagine diventa grande davanti ai miei occhi, realizzo che tutte quelle persone aspettano me. Che emozione e che carica. Dopo una ventina di minuti eccomi ancora davanti casa: ad attendermi un’altra folla di gente con tutti e quattro i miei nonni a braccia aperte. Purtroppo lo stomaco è ancora sottosopra, provo a vomitare ma ho solo aria, la nausea aumenta e le gambe sono ormai distrutte.

Mancano 22 km e quando mi accascio a terra, l’asfalto è bollente. Toccando la suola delle scarpe ho come l’impressione che si stia sciogliendo il battistrada delle mie
New Balance. Faccio avvicinare Grazia con l’auto, le do la mano mentre corro e mentre la guardo sfinito lei mi dice: mi raccomando, non puoi mollare adesso, pensa a quanto hai sognato tutto questo. Stringo i denti e lentamente sulle strade vedo aumentare le persone, le bici al mio fianco con amici e sconosciuti si moltiplicano così come la fila di auto che diventa sempre più lunga. Il traffico è ormai bloccato dal mio passaggio. Mancano solo quattro chilometri, sono finalmente nella Lecceta di Torino di Sangro e fra gli alberi vedo il mare; ci sono tanti amici a bordo strada che iniziano a correre insieme a me fino al traguardo. Quando manca un chilometro vedo Grazia ad aspettarmi insieme a tanti runner. È un momento di grande emozione. Sto realizzando il mio sogno. Percorro l’ultimo chilometro fra urla, clacson e applausi. Vorrei fermare il tempo in questo istante. Davanti a me, in fondo alla strada, c’è l’arco d’arrivo che vedo a malapena, coperto da tutta la gente che è lì ad aspettarmi. Percorro gli ultimi metri fra due ali di folla con centinaia di persone a gioire insieme a me. Ce l’ho fatta. Ho realizzato il mio sogno in 13 ore e 55 minuti, correndo fra le bellezze di una regione unica e inimitabile, dimostrando che in Abruzzo puoi fare mare-montagna-mare in un solo giorno.

QUESTO ARTICOLO È STATO PUBBLICATO SU SKIALPER 126

© Mirko Picco