Una data che entra nella storia dello sci himalayano quella del 9 di maggio 2022, giorno in cui Adrian Ballinger ha portato a termine la prima discesa integrale del Makalu, quota 8463 m.
Makalu, Il Gigante Nero, di neve e roccia, la cui cresta sommitale demarca il confine tra il Nepal e il Tibet, il tutto a meno di 20 km dall’Everest. La quinta montagna più alta del mondo, considerata dagli alpinisti uno degli ottomila più difficili da salire per la complessa logistica ed il per nulla semplice avvicinamento. Un obiettivo ambizioso per Adrian Ballinger, Guida alpina e sciatore di alto livello con all’attivo diverse imprese nella catena himalayana, che già nel 2012 e nel 2015 aveva tentato la discesa senza però ottenere successo a causa delle cattive condizioni.
Il tentativo di discesa di Emily Harrington e Adrian Ballinger nel 2015
Il team composto da Ballinger, Dorji Sonam Sherpa e Pasang Sherpa è stato il primo a raggiungere la vetta nel 2022, lunedì mattina alle ore 9.00 in pieno whiteout. «Prima di parlare della discesa con gli sci…parliamo di chi l’ha resa possibile» scrive l’alpinista sui suoi canali social, ringraziando infinitamente i compagni senza i quali raggiungere la cima sarebbe stato impossibile. «Dai 7900 metri in su abbiamo battuto traccia, loro due trasportando 300 metri di corde fisse. Quando abbiamo raggiunto la cresta sommitale Dorji ha preso il comando su un terreno tecnico, difficile e poco proteggibile. Infine, si sono offerti di portare giù parte della mia attrezzatura in modo da consentirmi di sciare per tutti gli oltre 2400 metri di dislivello senza avere sulle spalle uno zaino enorme» continua Ballinger, ricordando come Dorji Sonam Sherpa fosse con lui anche nella spedizione al Manaslu nel 2011.
«Lo sci è sempre stata una delle mie più profonde passioni fin da quando ero bambino. La carriera da alpinista di alta quota mi ha poi portato a scalare diversi 8’000, fondere insieme sci e alpinismo è stato un processo naturale». Adrian è Guida IFMGA e CEO fondatore di Alpenglowe Expeditions, gruppo di Guide certificate che organizza spedizioni in tutto il globo e che utilizza tecniche avanzate di workout in camere iperbariche per ottimizzare le tempistiche di acclimatamento.
«La discesa è stata quasi completamente verticale e su terreno duro. Le curve buone erano su neve, quelle brutte su ghiaccio e roccia» racconta lo sciatore estremo, che confessa anche di aver dato fondo a tutti i «trucchi e stratagemmi» imparati negli anni di esperienza. Ballinger sottolinea, rivolto a «chi ci tiene e per chi vorrà fare una discesa migliore e più pulita in futuro», di avere iniziato la discesa 15 metri sotto la vetta, scelta dettata dalle «scarse condizioni di visibilità e dalla presenza di altri alpinisti». L’alpinista dichiara di aver tolto gli sci una sola volta per calarsi con una doppia di 60 metri lungo il French Couloir, a quota 8070m, e di aver utilizzato corde fisse come supporto nei tratti più critici e pericolosi. «È stato divertente sciare di fronte alle facce incredule degli oltre 25 sherpa e scalatori che risalivano le fisse mentre io scendevo, nei loro occhi si leggeva un’espressione del tipo ‘questo è pazzo’!».
In qualsiasi caso, 15 metri sotto la vetta, con l’ausilio di corde dove necessario, lo zaino leggero e chi più ne ha più ne metta, Ballinger è riuscito in un’impresa unica nel suo genere che non può ricevere altro se non rispetto ed ammirazione: «It wasn’t good skiing, but it was a great skiing», conclude Adrian, e noi non aggiungiamo altro.
Con il successo sul Makalu rimane una sola vetta tra i 14 ottomila ancora inviolata dalle lamine di uno sci: gli 8’586 metri del Kanchenjunga. Chissà se le nuove tecnologie, gli allenamenti mirati ed il continuo spostamento dell’asticella oltre il limite permetteranno a qualcuno di portare a termine l’impresa.