Anche gli animali del Parco del Gran Paradiso ne portano le conseguenze

L’enorme quantità di neve caduta quest’inverno ha sconvolto la vita dei paesi di alta montagna: le ferite le possiamo osservare ancora oggi a fine maggio nelle tracce di tragiche valanghe e nell’enorme quantità di neve ancora presente sopra i 2000 metri di quota.
In particolare abbiamo voluto soffermarci sul fenomeno degli animali che non hanno superato l’inverno: camosci, in particolare, le cui carcasse costellano gli itinerari di ski-alp e per racchettisti normalmente battuti in primavera inoltrata nel Parco Nazionale del Gran Paradiso.
Ad un’analisi superficiale ci è parso si trattasse di animali giovani ma per avere notizie più certe abbiamo intervistato il dottor Bassano, veterinario del Parco Nazionale.

Gli abbiamo chiesto di che proporzioni sia la moria di animali dopo un inverno del genere.
«Non abbiamo ancora fatto censimenti ma non dimentichiamo che negli anni più nevosi non hanno mai superato il 20% del totale di ungulati presenti nel territorio del parco.»
A cosa sono dovuti i decessi?
«Molti animali sono stati travolti dalle numerose valanghe che li ha sorpresi mentre cercavano qualche ciuffo d’erba, altri sono morti per patologie che in occasione di inverni molto duri sono alla base di una selezione naturale molto importante in questi ambienti.»
Cosa mangia un camoscio d’inverno?
«Questi ungulati non mangiano, cercano ciuffi d’erba soprattutto per mantenere in funzione il rumine e come tutti gli erbivori non hanno grandi necessità di liquidi. Soccombono quindi i più deboli, quelli che non hanno accumulato sufficiente quantità di grasso, quelli che hanno patologie dentarie, quelli che hanno qualche linea di febbre e che faticano a difendersi dal freddo… Una selezione che avviene ogni anno e che in quelli più duri risulta più evidente.»
Il tipo di fratture sembrerebbe essere dovuto all’azione della valanga…
«Non sempre: a volte anche il gipeto e la volpe producono questi risultati. Al proposito dobbiamo sottolineare che quest’anno si assisterà certamente ad un aumento delle aquile dal momento che il miglior apporto nutritivo dato da queste carcasse porterà ad un irrobustimento e ad una miglior proliferazione della specie.»

Ritorneremo su questo argomento che verrà ripreso e approfondito sul primo numero della stagione di Fondo ski-alp dove nella parte valanghe – meteo si parlerà dei disastri dell’inverno passato.