Nasce Dinamo Running Team

Di fatto è il primo team professionistico nel mondo italiano del trail running. Dinamo Running Team, presentato ufficialmente ai media in settimana a Milano, è nato dalla passione sportiva di Luca Spada, con il supporto tecnico di Simona Morbelli e Fulvio Massa.

Prendendo spunto dall’esperienza maturata nel mondo bike, gli atleti saranno seguiti a 360° da veri professionisti del settore che permetteranno loro di focalizzare le energie su gare di alto livello in ambito nazionale e internazionale. Un’attenta pianificazione della stagione, una comunicazione puntuale sui canali ordinari e social saranno fondamentali per valorizzare al meglio le performance di questi campioni e provare a sdogare uno sport che, di stagione in stagione, si sta facendo sempre più conoscere ed apprezzare al grande pubblico.

Il progetto Dinamo Running Team 2023 parte con 11 atleti italiani di caratura internazionale.  Gli obbiettivi sono ambiziosi e di caratura internazionale. Cerchiate in rosso nell’agenda ci sono le tappe di Golden Trail Series e di Skyrunning Series, oltre alle gare tricolori e ai campionati mondiali di trail e mountain running. È inoltre prevista la partecipazione a super classiche del circuito UTMB World Series.

dinamoteam.com 

TEAM 2023:

Cristian Minoggio: nazionale di skyrunning e trail running, 908 punti ITRA

Andreas Reiterer: nazionale di trail running, 903 punti ITRA

Fabiola Conti: nazionale di trail running e skyrunning, 750 punti  ITRA

Camilla Magliano: nazionale di trail running, 728 punti  ITRA

Davide Cheraz: nazionale trail running, 878 punti ITRA

Riccardo Montani: nazionale trail running, 876 punti ITRA

Julia Kessler: nazionale di trail running, 758 punti  ITRA

Mattia Gianola: nazionale di trail running, 858 punti  ITRA

Alberto Vender: nazionale di mountain running, 882  punti ITRA

Matteo Anselmi: nazionale di trail running, 827 punti ITRA

Andrea Macchi: nazionale di trail running 2018, 825 punti ITRA

 


Il Mezzalama a quota 90

Si sono aperte il 4 febbraio le iscrizioni alla XXIII edizione del Trofeo Mezzalama, in programma il 22 aprile. Tra le prime 90 squadre, oltre a qualche team italiano, la maggioranza degli atleti sono stranieri, da Austria, Andorra, Svizzera, Francia, Spagna, USA, Polonia, Bulgaria, Norvegia e Germania. Chissà se il tetto delle 300 squadre fissato dalla Fondazione verrà raggiunto prima del 12 aprile, giorno di chiusura delle iscrizioni.

Per quanto riguarda il regolamento, è stato deciso di inserire nel materiale obbligatorio una vite da ghiaccio, uno strumento fondamentale per assicurarsi sul ghiaccio in caso di pericolo. Questa decisione è stata presa per le condizioni in cui versa il ghiacciaio, purtroppo a causa delle scarse precipitazioni nevose di questi ultimi anni, ci sono moltissimi tratti di ghiaccio verde.

Il prossimo 22 aprile si disputerà anche il Mezzalama Jeunes che si correrà a Gressoney-La-Trinite in concomitanza con il Trofeo Mezzalama. I giovani atleti, il futuro dello scialpinismo, vivranno un momento di festa e di gioia insieme a tutti gli altri mezzalamisti e  taglieranno il traguardo dei Senior accolti dal calore del pubblico in festa.


Aperte le candidature per diventare Dynafit Trail Hero

Ritornano i Trail Hero Dynafit. Le candidature sono già aperte e possono partecipare atleti amatoriali che abbiano compuito i 18 anni e non siano legati a contratti di sponsorizzazione, provenienti da Belgio, Germania, Francia, Italia, Canada, Paesi bassi, Norvegia, Austria, Polonia, Svizzera, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Repubblica Ceca, Ungheria e USA. 

I trail hero saranno scelti entro metà aprile e faranno parte del team per un anno, durante il quale affronteranno diverse sfide, avranno un posto assicurato ai nastri di partenza di molte gare, parteciperanno a shooting fotografici e beneficeranno di sconti e offerte speciali validi nel proprio paese. In cambio, i candidati condivideranno sui social media le loro giornate di allenamento, la loro attrezzatura e le loro avventure sportive. 

«Negli ultimi anni si è andata formando intorno al trail running una community nutrita e molto appassionata. Gli atleti non professionisti più ambiziosi sono un’ottima fonte di motivazione e ispirazione per chi ha appena iniziato a praticare questo sport o vuole migliorare» spiega Alex Nehls, International Marketing Director Dynafit. «Questi atleti sono allo stesso livello della community, conoscono le sfide legate a questo sport e solitamente hanno stretti legami con gli altri runner della loro regione. Il programma Dynafit Trail Hero è dedicato proprio a loro, vogliamo infatti sostenerli per contribuire ad aumentare la diffusione del trail running. Anche per il 2023 ci aspettiamo di ricevere tante candidature interessanti, per mettere insieme una squadra ben assortita da scatenare sui trail in estate, secondo il nostro motto #Speedup». 

È dal 2017 che Dynafit si è messa alla ricerca dei primi trail hero e nel 2022 sono state circa mille le candidature. 

Uno dei casi che conferma quanto il programma Trail Hero possa fungere da trampolino di lancio è quello di Rosanna Buchauer. La sua partecipazione al programma nel 2017 ha infatti dato il via a una carriera agonistica a livello internazionale. Oggi Rosanna fa parte del team di atleti Dynafit, è considerata una delle runner più forti della Germania e nel 2022 ha raggiunto il quinto posto sia ai Campionati Mondiali di corsa in montagna e trail in Thailandia che nella CCC. 

Come diventare trail hero: 

Le candidature possono essere inviate dal primo febbraio al 31 marzo al sito dynafit.com/trailheroes. Anche chi ha già fatto parte del programma Dynafit Trail Hero può candidarsi nuovamente. Per la candidatura sono necessarie le seguenti informazioni:

  • Dati personali
  • Account di social media, incluso Strava 
  • Breve lettera motivazionale
  • Una foto durante lo sport e una foto profilo
  • Eventualmente informazioni su contratti di sponsorizzazione in corso
  • Particolari progetti, corse, successi sportivi ecc.

Tutte le informazioni si trovano al sito dynafit.com/trailheroes.


Bode Miller a Cortina d'Ampezzo mercoledì 8 febbraio

Appuntamento mercoledì prossimo alle 18,30 alla Palestra Cortina 360 di Cortina d'Ampezzo con uno dei più grandi sciatori di tutti i tempi: Bode Miller. L'incontro, organizzato da SCARPA, di cui Bode è brand ambassador, è a ingresso libero e lo sciatore americano racconterà la sua parabola e la sua visione dello sci, che lo ha portato ad apprezzare sempre di più la montagna anche lontano dalle piste di sci. Ecco perché SCARPA l'ha coinvolto nel progetto dello scarpone 4-Quattro, il primo ibrido della casa di Asolo. Si consolida dunque il legame tra SCARPA e Cortina: dopo aver organizzato nel 2021 un evento in Piazza Dibona con Nirmal Purja, il primo uomo nella storia ad aver scalato il K2 nei mesi invernali, ora è la volta di un personaggio altrettanto straordinario come Bode Miller, che sarà a disposizione per firmare autografi e scattare foto con fan e appassionati.


Primo contatto: The North Face Summit Cayesh Futurelight

Anche The North Face, con Summit Cayesh Futurelight, fa il suo ingresso nel mondo delle calzature che accettano i ramponi semi-automatici, per affrontare la montagna e l’ingaggio alpinistico in versione fast & light. Si tratta di un modello alla cui realizzazione ha collaborato David Göttler, pensato per utilizzatori evoluti. La struttura, visivamente, si presenta simile ad altri modelli già sul mercato (Summit Cayesh Futurelight è commercializzata da qualche settimana), con scarpa bassa interna, ghetta esterna impermeabile e cerniera sfalsata a prova di acqua e neve. Le differenze, però, ci sono: l’impermabilità è garantita dalla tecnologia proprietaria Futurelight la cui membrana è stata integrata da filati Spectra per aumentare la resistenza. Una lamina in fibra di carbonio annegata nell’intrusola conferisce rigidità alla struttura. La regolazione della scarpetta interna è con sistema a ghiera Boa. Infine la suola è Vibram. Il tutto per un peso alla bilancia di poco più di 570 grammi. Il prezzo al pubblico è di 500 euro.

Abbiamo messo ai piedi Summit Cayesh Futurelight per un primo contatto, in attesa di provarla più intensamente nella prossima Outdoor Guide. L’inserimento del piede, come spesso avviene per le scarpe con ghetta, non è intuitivo come in una normale calzatura bassa o di medio taglio e richiede qualche attenzione. Poi, quando sei dentro, il comfort non manca e la pianta ha un’impostazione abbastanza ampia che la fa prediligere per piedi non troppo magri (valutando anche la scelta di un numero più piccolo dopo averla provata bene). Si segnala per camminata, sensibilità su roccia e libertà delle caviglia. In marcia, nonostante non abbia un rocker accentuato, è leggera e agevola la rullata. La lamina in materiale composito la rende particolarmente secca e reattiva. Su roccia è molto sensibile e la mescola lavora a dovere. Gli spessori sono giusti e sembra quasi di scalare a piedi nudi, un fattore da tenere in considerazione in chiave durata. Nel cramponnage va considerato che le forme ampie riguardano anche il tallone e su piedi fini potrebbe non essere perfettamente bloccato. La libertà della caviglia, in tutte le situazioni, è totale, quasi come avere ai piedi una scarpa da trail con ghetta. La chiusura Boa funziona bene, oltre a essere pratica; da segnalare che il posizionamento del rotore, su alcuni colli dei piedi pronunciati, potrebbe farsi sentire in appoggio in punta. In definitiva, Summit Cayesh Futurelight è un modello dagli atleti per gli atleti, per imprese in velocità e utilizzi evoluti. Veloce, ma non per tutti.


Skialper Archive / Ortles Friends, fidarsi & affidarsi

Gabriel Tschurtschenthaler soffre di un disturbo degenerativo
della vista, così per salire in vetta ha creato una cordata
perfetta con le Guide Vittorio Messini e Matthias Wurzer.
Che è arrivata sul Cerro Torre e sulla cresta Hintergrat.

Testo di Elena Casolaro, foto di Damiano Levati/Storyteller Labs

Radice a sinistra. avverte Vittorio, in testa alla cordata. Gabriel segue le indicazioni, spostandosi a destra, e Matthias lo osserva da vicino, affinché eviti ogni ostacolo. I tre alpinisti procedono in cresta, muovendosi tra canaloni ghiacciati e camini di roccia e avvicinandosi alla vetta un metro alla volta. Potrebbe sembrare una cordata come tante, ma Gabriel è affetto fin da piccolo da un disturbo degenerativo della vista, e dell’ambiente che lo circonda distingue solo immagini sfocate. Se nasci in Alta Pusteria, in montagna ci devi andare per forza: non c’è molto altro da fare. Così Gabriel Tschurtschenthaler, altoatesino classe 1988, inizia da bambino a scorrazzare per creste e prati. Verso i 15-16 anni, le sue facoltà visive cominciano a diminuire lentamente, dandogli il tempo per fare ciò che gli viene naturale: cercare un modo per continuare a fare alpinismo. Il suo modo ha un nome e un cognome, anzi due, quelli di Vittorio Messini e Matthias Wurzer, entrambi Guide alpine.

I tre si conoscono scalando su ghiaccio e il loro rapporto è fin da subito qualcosa di più di quello Guida-cliente. Iniziano ad andare in giro insieme, diventano amici e progettano vette da conquistare. A uno viene un’idea, oppure spesso tutti e tre hanno già in testa la stessa montagna. Si informano e cercano la via più adatta alle loro esigenze, magari che sia stata già ripetuta da Matthias o Vittorio e che lasci la possibilità di calarsi in discesa. La stessa cosa che farebbe una cordata normale, con qualche accortezza in più e la massima concentrazione da mantenere per tutta la durata dell’ascensione, evitando anche il minimo inciampo. Ognuno si fida degli altri, oltre che di se stesso, e questo è il vero punto di forza della squadra. Gli altri sensi di Gabriel compensano le mancanze della vista: si muove affidandosi al suo equilibrio, alle sensazioni trasmesse dalle piante dei piedi e alle indicazioni minuziose dei compagni, con cui si intende al volo. Così riesce a trovare le giuste prese per le mani o i migliori appoggi per i piedi, a conficcare le punte di piccozze e ramponi nel ghiaccio e a scegliere il percorso più sicuro su cui camminare. Gabriel ha inoltre grande consapevolezza del proprio movimento nello spazio e distingue chiaramente un tratto di roccia solida da uno sfasciume, indovinando il momento preciso in cui accorciare il passo o cambiare direzione.


Oggi essere autosufficienti e bastare a se stessi sono considerati i massimi valori a cui aspirare: farcela da soli, senza chiedere l’aiuto di nessuno. Quando domando a Gabriel cosa si prova a riconoscere di essere completamente dipendenti dagli altri in questo contesto, risponde che non gli è mai piaciuto fare affidamento su qualcuno, per lui farcela da solo è sempre stato un grande obiettivo. Ma a un certo punto ha dovuto ammettere di non poter continuare a fare certe cose, senza aiuto. Aveva solo due scelte: accettarlo, o mollare. Inutile dire che l’alpinista altoatesino non si è arreso, ha scelto di affidarsi ai suoi amici e continuare ad andare in montagna. Matthias e Vittorio sono i suoi occhi e anche loro, descrivendo con precisione qualcosa che Gabriel non può vedere, ottengono una prospettiva nuova sulla montagna. Tutto questo ha un piacevole effetto collaterale: l’assoluta fiducia che si costruisce tra i tre amici vetta dopo vetta e che è forse più importante della salita stessa.



Le imprese di Gabriel riflettono la sua determinazione: nel dicembre 2021, vola in Patagonia per provare a raggiungere la vetta del Cerro Torre insieme a Matthias e Vittorio, da un’idea di quest’ultimo. Una montagna iconica e che pone molte sfide, prima fra tutte l’avvicinamento: la base della via dista dall’ultimo paese 40 chilometri, di cui buona parte su ghiacciaio e il resto su roccia. Quando i tre riescono a raggiungere la base della parete, rimangono da affrontare le difficoltà. dell’arrampicata: impiegano due ore e mezza solo per salire l’ultimo tiro della via. Per questo, una volta conquistata la cumbre, la prima sensazione provata da Gabriel è il sollievo per esserci arrivati tutti interi. Poco dopo, la necessità di rimandare l’esultanza e rimanere concentrati: la discesa è, infatti, lunga e la vetta è solo a metà strada. Ma l’avventura patagonica non fa che affiatare la cordata e alimentarne la fame di nuove imprese. Così lo scorso aprile troviamo i tre alpinisti sull’Ortles, la cima più alta dell’Alto Adige, la stessa che Gabriel guardava da bambino col naso all'insù. Proprio per questo ci vuole andare: arrivare in vetta alla maggiore tra le montagne di casa, è qualcosa che sente di dover fare. La via scelta è la cresta Hintergrat, spesso esposta e con tratti di roccia friabile che per Gabriel rappresentano la maggiore insidia. I tre procedono seguendo uno schema ben preciso: quando Vittorio sale da primo, avverte gli altri due di ogni ostacolo, mentre Matthias sta alle spalle di Gabriel, seguendone ogni mossa. Viceversa, quando . Matthias a guidare la cordata. Così, i tre conquistano i 3.905 metri della vetta. La giornata è limpida e il panorama in cima all’Ortles lascia senza fiato, mille picchi bianchi che bucano le nuvole e si allungano verso il cielo. Gabriel sente il vento sul viso, l’odore della neve che fonde, il calore del sole e la grandezza del vuoto tutto intorno a sé. Sembrava impossibile, ma ci ha creduto e ce l’ha fatta. Tocca la croce di vetta, abbraccia gli amici e gli sembra quasi di riuscire a vederlo, il panorama.

L'OUTFIT DI GABRIEL, VITTORIO E MATTHIAS

Gabriel, Vittorio e Matthias durante le loro ascensioni non si possono permettere distrazioni, neanche quelle derivanti da un abbigliamento meno che perfetto. Per questo hanno scelto la collezione Ortles di Salewa, una linea in vendita da questo mese, basata su funzionalità ed essenzialità. Giacca e pantaloni Ortles 3L GTX Pro Stretch hanno svolto egregiamente il loro dovere sia sul Cerro Torre, sia sull’Ortles, Gabriel si ritiene pienamente soddisfatto: «Ho sempre la stessa giacca e non voglio cambiarla». Si tratta di prodotti pensati per l’alpinismo invernale più tecnico e le cascate di ghiaccio, realizzati per adattarsi a qualsiasi sfida. «La giacca hardshell, dal taglio ampio, lascia sufficiente gioco per un abbigliamento a più strati - indispensabile in inverno - e dona un senso di comfort senza costrizione» commenta Vittorio. La giacca (650 euro) è costruita in Gore-Tex Pro a tre strati, per una maggiore resistenza del tessuto all’abrasione. Troviamo due diverse tecnologie di Gore-Tex: gli inserti ergonomici Gore-Tex Pro Stretch, strategicamente posizionati in corrispondenza delle spalle e dei gomiti, lasciano tutta la libertà di movimento necessaria per l’alpinismo e l’arrampicata. Nelle aree esposte, invece, si è puntato sulla protezione dalle intemperie e la resistenza all’abrasione con la tecnologia Gore-Tex Pro Most Rugged, che assicura isolamento e durevolezza. Il capo presenta inoltre ampie tasche anteriori, che consentono di accedere al dispositivo ARTVA senza spogliarsi. Il cappuccio è regolabile e, grazie al soffietto nascosto sul retro, può essere utilizzato con e senza casco. Per quanto riguarda i pantaloni hardshell (550 euro), anche questi sono molto protettivi, impermeabili e traspiranti. Il design segue l’anatomia del corpo per lasciare le gambe libere di muoversi e le zip laterali permettono la massima ventilazione. Nei pantaloni, gli inserti in Gore-Tex Pro Stretch sono posizionati sulle ginocchia, in vita e sulla seduta. La parte inferiore della gamba è costruita per adattarsi agli scarponi da alpinismo e da scialpinismo e l’inserto elasticizzato permette di regolare l’ampiezza dell’orlo, così da evitare che i ramponi si impiglino. All’interno della collezione troviamo anche Ortles Ascent Mid GTX, uno scarpone da alpinismo leggero e funzionale che accetta ramponi semi-automatici. Vittorio lo utilizza per lunghe giornate su roccia e ghiaccio in alta quota e ne è entusiasta: «Una scarpa che non perde comodità nemmeno durante le uscite più lunghe e intense e che convince grazie all’ottimo grip e alla sicurezza che trasmette a ogni passo, senza limitare la mobilità. Un mix riuscitissimo, perfetto sia per noi Guide, che per le persone che si affidano a noi». Ortles Ascent Mid GTX adotta una suola Vibram con inserto per l’arrampicata, tomaia in robusta pelle da 2,2 mm, abbinata a una membrana Gore-Tex Insulated Comfort, che mantiene il piede caldo e asciutto anche in inverno. L’Ankle Protector System (APS) sulla caviglia aumenta la stabilità e la tenuta della tomaia; un supporto in più, che si rivela prezioso per proteggere dagli infortuni durante i lunghi tour in alta montagna, quando le discese danno fondo alle ultime riserve di energia. Pesa 850 gr e costa 370 euro. La combo perfetta è con lo zaino Ortles Guide 35L, studiato sulle esigenze di chi pratica alpinismo in inverno e deve attrezzarsi per affrontare uscite di più giorni, che comprendano anche passaggi di arrampicata. Compatto e leggero (1.280 gr), ha chiusura rolltop, attacco magnetico per la corda, scomparto per la pala e la sonda, fascia lombare separabile, doppio attacco per la piccozza, cerniera 3-way per un accesso rapido e completo allo scomparto principale. Il sistema di trasporto Salewa Dry Back Contact riduce l’area di contatto dello zaino con la schiena, garantendo una migliore circolazione dell’aria. Costa 190 euro ed è disponibile anche nella versione da 45 litri.

www.salewa.com

Giacca Ortles 3L GTX Pro Stretch
Scarpone Ortles Ascent Mid GTX
Zaino Ortles Guide 35 L

A Pontedilegno-Tonale vincono Bonnet e Gachet-Mollaret

L’individual di Coppa del Mondo parla svizzero e francese, ma nella gara maschile è stata battaglia fino all’ultimo, con un Davide Magnini che si è alternato alla testa della gara con Rémi Bonnet e ha ceduto solo nel finale. Ecco i verdetti della tappa italiana di Coppa del Mondo di scialpinismo, conclusasi ieri sulle nevi del Presena, a Pontedilegno-Tonale, e iniziata venerdì con la sprint.

Individual

Percorso nervoso, che complessivamente prevedeva 12 cambi assetto, 6 tratti con le pelli, 2 tratti a piedi e 4 discese. Dislivello di 1.440 metri per la categoria maschile e di 1.180 metri al femminile. Nella lunga ascesa dai Laghetti fino ai 3.000 metri di Passo Presena a fare l’andatura e a marcarsi stretto ci hanno pensato il vincitore della passata edizione Thinault Anselmet, il suo connazionale William Bon Mardion, lo svizzero Rémì Bonnet e i due azzurri Michele Boscacci e Davide Magnini.
Nella seconda parte di gara si è poi assistito all’interminabile testa a testa fra l’elvetico e il trentino di Vermiglio, che con le loro schermaglie, aumentando il ritmo, si sono progressivamente scrollati di dosso i compagni di fuga, tranne Anselmet, che è transitato per primo sopra ai Laghetti del Presena, cedendo pure lui il passo ai due indemoniati avversari. Al secondo passaggio ai 3.000 metri è stato Magnini il primo a transitare, con un paio di secondi su Bonnet e 15 su Anselmet, quindi più staccati sono arrivati Bon Mardion, Boscacci e Antonioli. I due di testa hanno continuato a scambiarsi le posizioni fino al cambio pelli sotto lo spigolo del Lago Scuro, dove lo svizzero era il più veloce, guadagnando una decina di secondi sull’italiano, che è riuscito a mantenere sino al traguardo. Rémi Bonnet ha coperto i 12 km del percorso con il tempo di 1h31’52”, staccando di 10 secondi Davide Magnini, quindi a 32 secondi ecco Thibault Anselmet, a 1 minuto William Bon Mardion, a 2’09” Robert Antonioli e a 3’13” Michele Boscacci. Gli altri azzurri: Nicolò Ernesto Canclini è 8°, Nadir Maguet 9°, Alex Oberbacher 14°, Matteo Sostizzo 17°, Andrea Prandi 19°, Matteo Eydallin 24°, Sebastien Guichardaz 25°, Luca Tomasoni 33° e William Boffelli 39°. 

La sfida al femminile è stata un monologo griffato Axelle Gachet-Mollaret, che si conferma la più forte in assoluto nelle gare lunghe. Nella prima salita seconda era la vincitrice della sprint Celia Perillat Pessey, che poi al passaggio del Presena si è dovuta fare da parte per far passare Giulia Murada, con una voglia di riscatto dopo la caduta e l’addio ai sogni di vittoria nella sprint di venerdì, e quindi Alba De Silvestro, determinata più che mai a centrare un podio. I distacchi fra le prime tre sono rimasti simili anche al secondo passaggio, poi hanno gestito le energie e il piazzamento fino al traguardo, dove la Mollaret è giunta dopo 1h28’24”, staccando di 2’36” Giulia Murada e di 3’45” una stremata Alba De Silvestro. Dietro le due francesi Celia Perillat Pessey ed Emily Harrop, quindi la svizzera Caroline Ulrrich e la valtellinese Giulia Compagnoni. Per quanto riguarda i piazzamenti delle altre azzurre Mara Martini è 11ª, Ilaria Veronese 12ª, Lisa Moreschini 17ª e seconda under 23 assoluta, Katia Mascherona 20ª, Samantha Bertolina 26ª, Silvia Berra 27ª.

Sprint
Prologo venerdì a Pontedilegno con le sprint. In finale gli svizzeri Lietha e Arnold hanno imposto subito un alto ritmo alla gara e hanno chiuso, nell’ordine, primo e secondo, con Nicolò Canclini bravo a inserirsi nella lotta per il podio e a spuntarla al fotofinish sul francese Thibaut Anselmet, con Giovanni Rossi ottimo quinto davanti all’altro transalpino Baptiste Ellmenreich. Usciti ai quarti di finale gli altri due italiani qualificati, Nadir Maguet e Rocco Baldini, entrambi quarti nella propria batteria.

Epilogo a sorpresa, invece, nella gara femminile, che ha perso in semifinale una delle protagoniste più attese, la recente vincitrice della sprint di Val Thorens Emily Harrop, vittima di una caduta. In finale Giulia Murada ha messo in mostra una condizione invidiabile e ha preso il comando delle operazioni, imboccando per prima la discesa che portava in zona arrivo. Il suo vantaggio era netto, ma l’azzurra è stata tradita dall’ultima curva, quando i giochi erano ormai fatti.
La valtellinese ha dovuto rimandare l’appuntamento con la prima affermazione da senior in Coppa del Mondo, centrata invece dalla francese Célia Perillat-Pessey, affiancata sul podio dalla slovacca Marianna Jagercikova e dalla compagna di squadra Lena Bonnel. Quarta la tedesca Tatjana Paller, con Murada quinta e la svizzera Caroline Ulrich sesta.
Fuori in semifinale Mara Martini e Ilaria Veronese, quarta e sesta nella loro batteria, mentre la trentina di Pejo Lisa Moreschini (decima in qualifica), Alba De Silvestro, Samantha Bertolina, Silvia Berra e Giulia Compagnoni sono uscite ai quarti di finale.


Il Mezzalama festeggia 90 anni

Nel 2023 le candeline saranno 90 e per festeggiare il quasi secolo il Trofeo Mezzalama si regala qualche novità e qualche conferma. La regina delle gare di skialp è stata presentata questa mattina, come di consuetudine, a Milano. Appuntamento il 22 aprile prossimo e iscrizioni sul sito www.trofeomezzalama.it a partire dal 4 febbraio. Il percorso della XXIII edizione? «Come già previsto nel 2019 - ha detto il direttore tecnico Adriano Favre - invece di cominciare la discesa verso Gressoney appena valicato il Naso, da quota 3.900 gli atleti risaliranno con gli sci verso il Colle del Lys fino alla Roccia della Scoperta (4.177 m). Questo percorso ricalca il Mezzalama del 1978, volendo ricordare l’impresa dei sette montanari di Gressoney che nel 1778 raggiunsero questo piccolo isolotto roccioso che emerge dai ghiacciai tra Valle d’Aosta e Vallese». Un percorso che deve tenere in considerazione il cambiamento climatico. «Il prossimo 22 aprile dovremo fare i conti con le condizioni del ghiacciaio, - ha aggiunto Favre - dopo l’ultimo inverno assai avaro di precipitazioni e un’estate torrida, il ghiacciaio è severo con pochissima neve e molti tratti di ghiaccio verde. Speriamo che nei prossimi mesi le precipitazioni nevose possano in qualche modo migliorare la situazione, in ogni caso si il tracciato non subirà modifiche». Ad affiancare Adriano Favre arrivano Emrik Favre e François Cazzanelli, che seguiranno in particolare il Mezzalama Jerunes. «Il prossimo 22 aprile - ha raccontato François Cazzanelli - il Mezzalama Jeunes si correrà in concomitanza con il Trofeo Mezzalama. I giovani atleti sono il futuro dello scialpinismo, proprio per questo vogliamo che per loro il giorno della gara sia un momento di festa e di gioia insieme a tutti gli altri mezzalamisti, accolti dal calore del pubblico presente sul traguardo». Si deve a Emrik Favre e Cazzanelli la novità per quanto riguarda il materiale obbligatorio: una vite da ghiaccio. Ci sono novità anche per gli sci club. «Sappiamo quante fatiche ci siano dietro l’organizzazione di una squadra giovanile - ha detto Favre -, basandoci su questo presupposto abbiamo pensato di dare un premio in denaro allo sci club che classificherà il maggior numero di atleti». A rimanere invariato sarà lo spettacolo di una gara per squadre di tre che tocca ben tre quattromila, la vetta del Castore (4.126 m), il Naso dei Lyskamm (4.272 m) e la Roccia della Scoperta (4.177 m), da Breuil-Cervinia a Gressoney La Trinité, per un totale 45 km 3.272 m D+. 

Adriano ed Emrik Favre insieme a François Cazzanelli e Michele Boscacci alla presentazione del Trofeo Mezzalama

Tornano le Ortovox Safety Academy

Dal 2018 sono una presenza fissa nel calendario invernale, su tutte le Alpi. Le Safety Academy del marchio bavarese di abbigliamento e attrezzatura sono corsi di formazione sulla sicurezza e di ricerca in valanga per principianti e per professionisti in collaborazione con le scuole alpine.

I corsi

Tre tipologie di corsi dai diversi formati trasmettono una solida conoscenza sui temi legati al rischio valanghe e sull’utilizzo dei dispositivi ARTVA. Il corso Training Basic dura un giorno e tratta le basi della sicurezza per poter affrontare una giornata in ambiente alpino. Oltre a una panoramica sull’attrezzatura necessaria, vengono illustrati anche i comportamenti corretti da adottare durante un’uscita di scialpinismo e le regole essenziali per la ricerca dei travolti. Inoltre, frequentando il corso, si ha la possibilità di noleggiare gratuitamente le più recenti attrezzature di emergenza Ortovox. 

Il corso Tour and Training Basics dura un intero fine settimana e prevede anche un’uscita in ambiente durante la quale mettere in pratica quanto appreso. Oltre all’allenamento alla ricerca dei travolti, il programma comprende la valutazione del bollettino valanghe e la pianificazione dell’itinerario. 

Tour and Training Advanced è il corso più completo. Per iscriversi è necessario aver già partecipato al corso base o disporre di una conoscenza analoga. Il corso avanzato prevede due giornate e mezza di intensa esercita- zione in ambiente alpino. Oltre alla verifica delle condizioni del tracciato su terreni più difficili, le conoscenze acquisite vengono messe in pratica sul campo, durante due uscite più lunghe. 

Per informazioni:

https://www.ortovox.com/it-it/ safety-academy/corsi-di-formazione/corsi-antivalanga 


Gli skitrabber si ritrovano a Bormio

Robert Antonioli, Giulia Murada, Samantha Bertolina, Federico Nicolini, Tatjana Paller dalla Germania e Iwona Januszyk dalla Polonia. E poi Giuliano Bordoni, Bruno Mottini, Max Cusini, Adriano Greco, Ben Tibbetts, Valentine Fabre, Mathéo Jacquemoud, Bard Smestad, Benjamin Vedrines, Wolfgang Hell. Sabato 29 ottobre, nella nuova sede Ski Trab di Bormio, è andata in scena la prima edizione dell’International Skitrabber Meeting, portando a Bormio alcuni dei nomi che contano dello scialpinismo e della montagna. 

Nella piazzetta interna della Corte Ski Trab, che ben si presta agli eventi, gli ospiti si sono disposti in cerchio per creare un’atmosfera conviviale, insieme a un numeroso pubblico di appassionati, giovani atleti dello sci club locale, allenatori, Guide alpine e agli atleti e ambassador del marchio. La serata è stata anche l’occasione per presentate le novità della stagione 2022/23, tra le quali lo sci Ortles 90 e il Neve. Oltre a Bordoni, che del Neve è un po’ il papà, c’era anche Daniele Molineris, che ne ha disegnato la grafica.

Gli skitrabber si sono poi dati appuntamento domenica al Passo dello Stelvio, per una giornata dedicata ai test di sci e attrezzatura Ski Trab.

Benjamin Vedrines in azione allo Stelvio

Il Kima è di Finlay e Gerardi

Dopo quattro anni di attesa non sono mancate le emozioni al Trofeo Kima. Ieri sul sentiero Roma lo scozzese Finlay Wild e la statunitense Hillary Gerardi hanno scritto il loro nome su un albo d’oro prestigioso, portando a casa anche il primo ISF Technical Award, il premio messo in palio dalla federazione internazionale sul tratto più tecnico.

Fino a metà gara Nadir Maguet ha provato a sgranare il gruppo di testa cercando si sfiancare il francese Alexis Sevennec, il norvegese Stian Angermund, e lo scozzese Finlay Wild. Il suo forcing ha però presentato il conto al campione del CS Esercito che nella seconda parte di gara ha dovuto fare i conti con i crampi. Sul tecnico Wild, già vincitore dello scorso fine settimana della Matterhorn, è salito in cattedra, avvicinandosi non poco ai parziali fatti registrare nel 2018 dal recordman della gara Kilian Jornet.  Vittoria in 6h10’14”. Secondo posto ex aequo per Stian Angermund e Alexis Sevennec in 6h22’33” (nelle ultime tre edizioni del Kima, Sevennec ha centrato un quarto e due secondi posti). Ai piedi del podio Nadir Maguet in 6h26’00”, quinto il marocchino naturalizzato spagnolo Zaid Ait Malek. Chiudono la top ten di giornata Mattia Gianola, Johann Baujard, Rob Sinclair, Daniel Antonioli e Dany Jung.

La vincitrice 2018 e già detentrice della migliore performance cronometrica sul Sentiero Roma, Hillary Gerardi, ora è a tutti gli effetti la vera regina di queste montagne. Suo infatti il nuovo record della gara in 7h30’38”. Secondo posto per la polacca Marcela Vasinova in 7h58’35”, mentre terza è giunta la messicana Karina Carsolio (8h02’03”). Strappano un posto nella top five 2022 anche Giuditta Turini e Giulia Saggin.

© Trofeo Kima/Maurizio Torri
©Trofeo Kima/Francesco Bergamaschi

Kilian riscrive la storia dell’UTMB

Quella di oggi è una giornata storica per il mondo dell’ultra-running. Dove in tanti hanno provato invano, Kilian riesce con un’apparente leggerezza che lo consegna definitivamente come leggenda del trail: 19h49’30’’. Finalmente quella barriera delle 20 ore per la quale sono stati organizzati anche eventi ‘Breaking 20’ cade. Non è solo il record di gara, neppure la quarta vittoria nella cento miglia attorno al Monte Bianco (eguaglia D’Haene come il più vincente di sempre a Chamonix) a essere incredibile, quello che stupisce è che Kilian ha messo in dubbio la partecipazione perché risultato positivo al Covid poco dopo la Sierre-Zinal. Kilian Jornet è stato sempre nel pacchetto di testa, nella lunga notte con Jim Walmsley, in forma fino alle prime luci dell’alba, in Svizzera, poi Kilian è scappato e ha fatto da elastico a Mathieu Blanchard, fino a mettere il turbo nel tratto finale, quello che comprende la Tête aux Vents e la discesa su La Flegère e Chamonix. Ma non è stata una fuga, perché Blanchard è comunque sceso sotto le due ore e ha accusato un ritardo di poco più di cinque minuti. Jim Walmsley, insieme a Kilian il grande favorito, ha dovuto accontentarsi del quarto posto, superato dall’inglese Thomas Evans (20h34’35’’). Nella top ten, in ordine: Zack Miller, Benat Marimissole, Arthur Joyeux-Bouillon, Jonas Russi, Robert Hajnal, Thibaut Garrivier. Tra le donne vittoria della statunitense Katie Schide (23h15’12’’), davanti alla canadese Marianne Hogan (24h31'22'') e alla connazionale Kaytlyn Gerbin (25h07'44). Nono posto per la testatrice della nostra Outdoor Guide Francesca Pretto in 27h31'45''..