Kilian raggiunge tutti i Fourteeners del Colorado

I numeri, come sempre quando c’è di mezzo Kilian Jornet, sono impressionanti. A poco più di una settimana dalla fine della parte in Colorado del suo progetto States of Elevation per concatenare tutti i 67 Fourteeners of the lower 48 aperti al pubblico (le cime di oltre 4.267 metri) degli Stati Uniti (Colorado, California, Washington) by fair means, correndo e in bici, iniziano a filtrare i primi dati. In 16 giorni e 13 tappe Kilian ga raggiunto 56 Fourteeners, è stato in movimento per 267 ore, 10 minuti e 18 secondi. Il dislivello totale ha raggiunto i 79.176 m e la distanza i 2.007 km. 

Martedì scorso, dopo aver superato le mille miglia percorse e 200.000 piedi di dislivello, è stata la volta delle San Juan Mountains, dove si corre la Hardrock. Kilian si è fatto accompagnare dalla trail runner Anna Frost, da Meghan Hicks (che nel 2020 ha fatto registrare il FKT della Nolan’s 14, una delle sezioni del progetto di Kilian), e da Bryon Powell di irunfar.com. La tappa si è conclusa con un gelido tramonto in vetta e una pedalata fino a Ouray in compagnia di Scott Simmons. 

© Nick Danielson

La dodicesima tappa si è conlusa invece con 18 ore di traversata in una delle zone più selvagge del Colorado. Iniziata con una pedalata sulla bici gravel e proseguita in compagnia di Dakota Jones, ha portato il duo a Mount Sneffels, per poi scendere velocemente, pedalare ancora e concedersi un concatenamento di 25 miglia toccando Wilson Peaqk, El Diente e Mount Wilson, con passaggi fino al quarto grado. 

L’ultima tappa, per concatenare i quattro Fourteeners rimasti, ha avuto come teatro il Chicago Basin, in compagnia di Joe Grant. Le ultime vette? Mount Eolus, North Eolus, Sunlight Peak e Windom Peak. 

© Nick Danielson

 


Faletti Mountain Store

Passione di famiglia per la montagna

A Darfo Boario Terme, nel cuore della Vallecamonica, c'è un punto di riferimento per tutti gli amanti della montagna, dello sci e dell’outdoor: Faletti Mountainstore. Un negozio che nasce dalla passione di famiglia e che, dal 2010, è diventato una vera e propria istituzione per chi cerca equipaggiamento tecnico, esperienza e consulenza specializzata. «L'attività affonda le radici nel 1993, quando la nostra famiglia ha iniziato a muovere i primi passi nel mondo della montagna e dello sport – racconta Anna, che oggi gestisce il punto vendita – ma è nel 2010 che abbiamo deciso di aprire Faletti Mountainstore, nella sede storica di Darfo». Oggi il negozio si sviluppa su ben 500 metri quadri di area espositiva, dedicati a chi pratica sci alpino, scialpinismo, trail running e sport outdoor. «Siamo un punto di riferimento per chi cerca non solo prodotti, ma soprattutto competenza e assistenza vera, quella che fa la differenza» spiega Anna, seconda generazione della famiglia Faletti, che porta avanti l’attività con passione e determinazione, affiancata dall’esperienza del padre Franco, il fondatore.

La Vallecamonica è un territorio ricco, noto storicamente per il settore del ferro e dell’industria, ma anche per la sua vocazione naturale all’escursionismo e agli sport montani. Il negozio sorge lungo la prima tappa dell’antica Via Valeriana, che da Darfo arriva fino a Malonno. «Sono molti i trekking che consigliamo ai nostri clienti, tra cui il Darfo-Cervera o l’Erbanno-Monte Altissimo – spiega Anna – percorsi perfetti per chi ama la natura e vuole scoprire la zona». Faletti Mountainstore non è solo un punto vendita, ma anche un partner attivo del territorio, impegnato nel sostenere e promuovere numerose manifestazioni sportive locali. «Collaboriamo da anni con gare come la Darfo-Cervera, l’Erbanno Vertical e la Vallecamonica Vertical – racconta – e nel mondo dell’arrampicata supportiamo la palestra boulder Manopiede». Anche nel settore dello sci alpino, il negozio è protagonista: è sponsor tecnico dello Sci Club Rongai e dello Sci Club Astrio.

Uno dei punti di forza di Faletti Mountainstore è la grande attenzione alla specializzazione tecnica. «Sullo sci alpino siamo molto forti – sottolinea Anna – grazie anche al nostro maestro Andrea, che si occupa della preparazione degli sci e del bootfitting degli scarponi con una cura maniacale». Lo stesso approccio viene applicato allo skialp, dove il negozio offre una vasta scelta di prodotti, seguiti con competenza da Antonio. Per il trail running, invece, è Stefano a guidare i clienti nella scelta della scarpa giusta: “Non si tratta solo di vendere un prodotto, ma di capire chi hai davanti e cosa cerca veramente». Quello che fa davvero la differenza in Faletti Mountainstore sono l’assistenza e il servizio. «Da noi il cliente trova un supporto a 360 gradi, anche nel post-vendita. Se qualcosa non va, ci siamo. E soprattutto, c’è un personale competente che conosce davvero i prodotti».

La scelta dei marchi trattati è frutto di un lavoro di selezione accurata. «Per ogni settore abbiamo consolidato collaborazioni con i brand che riteniamo i migliori – spiega Anna – nello sci alpino siamo racing point per Rossignol e Dynastar, nello skialp partner di Ski Trab e ATK, due eccellenze del Made in Italy. Per il trail running, abbiamo puntato fin da subito su Hoka, e trattiamo anche La Sportiva e Scarpa, per chi cerca il massimo anche nei modelli più tradizionali».

Faletti Mountainstore continua a crescere, con lo sguardo sempre rivolto verso l’alto, come le montagne che lo circondano. «Siamo nati per passione e continuiamo a portare avanti questa missione ogni giorno – conclude Anna – perché crediamo che lo sport in montagna non sia solo una pratica, ma uno stile di vita».

FALETTI MOUNTAIN STORE
Corso Roberto Enea Lepetit, 15 

25047 Darfo Boario Terme (BS)

www.falettimountainstore.it

@sherpamountainshop


Rossignol presenta la nuova scarpa per ultra-distanze Vercors

Circa un anno fa, in occasione dell'UTMB 2024, Rossignol ha presentato a Chamonix Vezor, la sua prima scarpa da trail running. Settimana scorsa, all'UTMB 2025, ecco svelata la Vercors, scarpa per le lunghe distanze che verrà commercializzata nella primavera/estate 2026. Vercors è in realtà il terzo modello da trail del marchio del galletto, che da questa primavera ha in catalogo anche Venosk, calzatura door to trail che si posiziona sotto la top di gamma 'race ready' Vezor. 

Vercors va a chiudere il cerchio e a completare la gamma per la corsa in natura. Se Vezor è indicata per distanze fino a un po' oltre la maratona, infatti, la nuova arrivata ha nelle ultra-distanze la sua anima. La geometria e la tomaia Dragonfly Light favoriscono una falcata fluida ed efficace, senza affaticare il piede. La schiuma E+FOAM morbida ma reattiva assicura un comfort duraturo, anche dopo diverse ore di attività. La suola in mescola proprietaria DuraGrip Ultra offre un'aderenza sicura su tutti i tipi di terreno ed è pensata per la durata. Infine, l'integrazione della nuova piastra comfort Diapazon Shield X-LT protegge il piede a ogni falcata e riduce la fatica, chilometro dopo chilometro. Fedele al suo DNA alpino, Rossignol conferma la sua ambizione di diventare uno dei protagonisti nel segmento del trail running, grazie alla sua storia centenaria e al know-how, collaborando con atleti di alto livello per sviluppare i propri prodotti e puntare alla vittoria. Come Marine Quintard alla MCC nella settimana delle finali UTMB a Chamonix.

ROSSIGNOL VERCORS

Peso: 290 g per scarpa (misura 42) / 250 g per scarpa (misura 38) 

Drop: 6 mm 

Stack: 32 mm 

Tassello: 4 mm 

Ammortizzazione: morbida, reattiva e durevole. 

Terreno: misto


Dare nuova vita a uno sci o piantare un albero per ogni attrezzo prodotto?

Il riutilizzo è il modo più nobile di non far finire prodotti usati in discarica o nell'inceneritore. Più del riciclo dei materiali. Se poi questo teorema viene applicato agli sci che - nonostante i progressi in materia - sono difficilmente riciclabili perché non semplici da disassemblare, il gioco è ancora più divertente. Ed è quello che da anni fa il marchio polacco Majesty con il progetto Skis Re // Defined. In pratica i clienti vengono invitati a non buttare via gli sci che non usano più e a inviarli ad artisti i cui progetti sono stati preventivamente selezionati. I prodotti realizzati con gli sci usati vengono poi premiati da una giuria. Il vincitore della terza edizione, Adam Kabanski, ha realizzato una fotocamera stenopeica con i vecchi sci, mentre, tra i progetti con menzione, c'è anche una lampada abat-jour di Mikołaj Kontraktowicz. Tra le altre proposte, attaccapanni, una lampada con ventola (che ha vinto l'Audience Award), tavolini, sedie. 

Skis Re // Defined (le candidature per la prossima edizione sono state da poco chiuse) non è l'unica iniziativa di Majesty a favore dell'ambiente. Skis 4 Trees prevede che, per ogni sci acquistato, Majesty pianti un albero a nome dello sciatore. Nella sola primavera del 2024 ne sono stati piantati 11.000. L'azienda calcola che per la produzione di uno sci servano circa 0.09 metri cubi di legno, tutto proveniente da foreste di pioppo e di frassino certificate FSC.

https://majestyskis.com/en/


Ad Annecy una convenzione per provare a progettare in modo sostenibile le Olimpiadi Invernali del 2030

Dal 5 all’8 luglio 2025 ad Annecy, in Alta Savoia, si è tenuta la prima Convention Citoyenne Olympique (CCO), un esperimento democratico senza precedenti promosso da Protect Our Winters France con il sostegno di numerosi partner europei. L’obiettivo: coinvolgere direttamente la cittadinanza nella valutazione e co-progettazione dei Giochi Olimpici Invernali del 2030, che la Francia si prepara a ospitare sulle Alpi. 

Una convenzione cittadina per le Alpi e il clima 

La scelta di Annecy non è casuale: situata nel cuore dei territori interessati dai Giochi Invernali del 2030, rappresenta uno snodo chiave per le comunità montane coinvolte. La Convention si è svolta nel contesto dell’aggravarsi della crisi climatica nei territori alpini - dove il surriscaldamento globale procede molto più rapidamente rispetto alla media globale - e della crescente consapevolezza che i grandi eventi sportivi non possono più essere progettati ignorando gli impatti ambientali e sociali. Organizzata in tre fine settimana di lavori collettivi, la prima sessione della CCO ha riunito cinquanta cittadine e cittadini estratti a sorte tra i residenti dei territori alpini francesi. Accompagnati da scienziati, attivisti, rappresentanti istituzionali e tecnici, i partecipanti hanno iniziato un percorso di formazione, confronto e deliberazione finalizzato a formulare raccomandazioni concrete e vincolanti per una gestione sostenibile dei Giochi 2030. 

I temi e le attività: conoscenza, confronto, proposta 

I lavori del weekend si sono articolati attorno a diversi moduli tematici. Si è iniziato con un approfondimento su clima e biosfera, che ha offerto una cornice scientifica condivisa sui principali processi del cambiamento climatico, sia su scala globale che locale, con un’attenzione particolare al contesto alpino e alle sue fragilità. Si è poi discusso dello stato di salute delle Alpi francesi, Un ulteriore spazio è stato dedicato all’analisi degli impatti delle precedenti edizioni dei Giochi Invernali - in particolare Grenoble 1968 e Albertville 1992. per trarne un bilancio, sia in termini ambientali che socio-economici. 

 

© archivio Hans Kammerlander

La case history Milano-Cortina 2026

Infine, POW Italy ha presentato il caso studio di Milano-Cortina 2026, raccontando le criticità emerse nel percorso italiano. In particolare, durante l’intervento sono state raccontate le attività del comitato Open Olympics, un collettivo composto da più di venti associazioni di respiro nazionale, tra cui POW Italy, nato per chiedere piena trasparenza dei giochi olimpici invernali. Inoltre, è stata riportata l’esperienza dei Walkscapes, una  progettualità di POW Italy consistita in due incontri in presenza a Rasun Anterselva e Cortina D'Ampezzo con le comunità che ospiteranno i prossimi giochi invernali. È proprio tramite l’attività dei Walkscape che i rappresentanti di POW Italy hanno potuto farsi portavoce delle riflessioni emerse durante gli incontri sul territorio. Le principali problematiche emerse sono state la mancanza di trasparenza, l’assenza di valutazioni ambientali su molte opere e la scarsa inclusione delle comunità locali nei processi decisionali. 

Quella della partecipazione alla CCO è stata l’occasione perfetta per consegnare ufficialmente ai colleghi di POW France e ai rappresentanti del Comitato organizzatore delle prossime Olimpiadi Invernali francesi il position paper di POW Italy sulle Olimpiadi prossime allo svolgersi nelle Alpi italiane, dal titolo Milano-Cortina 2026: un’opportunità mancata, in cui viene analizzata criticamente l’esperienza italiana per trarne lezioni utili alle future edizioni, a partire da quella prevista nelle Alpi francese. 

«L’esperienza di Milano-Cortina ha mostrato i limiti di un approccio top-down - ha detto Giorgia Garancini, coordinatrice generale di POW Italy - Abbiamo visto come processi decisionali opachi e l’assenza di valutazioni ambientali adeguate possano compromettere la sostenibilità a lungo termine degli eventi. In Francia abbiamo trovato un terreno fertile per riflettere su un’alternativa possibile e concreta. Come advocates per la giustizia climatica, il nostro compito è trasformare l’esperienza vissuta in proposta politica. La Convention di Annecy ci ha dimostrato che un altro modo di costruire le Olimpiadi è non solo possibile, ma necessario».


Centosettanta corsi estivi con le Ortovox Safety Academy

La Ortovox Safety Academy è una delle più note e apprezzate iniziative formative per le attività di montagna, tanto da essere diventata negli anni uno standard internazionale di riferimento per gli appassionati. La sua offerta diversificata comprende i corsi pratici in ambiente in trentacinque scuole di alpinismo e arrampicata in Europa, la piattaforma digitale per l'auto istruzione Safety Academy Lab, e le Guide Book, pratici libretti in formato tascabile per apprendere le nozioni di base sulla sicurezza in montagna e da portare sempre con sé.
L'offerta delle Ortovox Safety Academy per la stagione estiva comprende centosettanta corsi di cui oltre ottanta sul territorio italiano, suddivisi in tre tematiche: alpinismo su ghiacciaio, alpinismo su roccia, arrampicata. Le scuole di Guide alpine che effettuano i corsi Ortovox Safety Academy sul territorio italiano sono Peakshunter Mountain Guides (Valle d’Aosta), Mountain Evolution (Abruzzo), Ossola Outdoor School (Piemonte), Alpine Days Mountain Guide (Trentino), Alp Experience (Lombardia), Oltre La Verticale (Lombardia) e Südtirolalpin (Alto Adige).

Mountaineering Basic

Corso base di alpinismo su roccia, dedicato a chi vuole avvicinarsi ai percorsi alpinistici classici su roccia o in cresta, tecnicamente facili ma in un vero ambiente di alta montagna. Il corso parte dalle tecniche di progressione nell'arrampicata per scalare anche con gli scarponi da alpinismo. Vengono trattate le tecniche di corda per la progressione a tiri di corda e a corda corta, a posizionare le protezioni veloci e allestire le soste. Verrà trattato l’argomento della corretta pianificazione degli itinerari, analizzati i pericoli oggettivi che presenta la montagna di media e alta quota e insegnato come gestire le variabili e l'emergenza.
Quando: da luglio a settembre
Dove: Abruzzo, Valle d'Aosta (area Monte Bianco), Piemonte, Trentino 

High Alpine Touring Basic

Corso di alpinismo su roccia e su ghiacciaio, per imparare a conoscere l'attrezzatura, le legature, la progressione della cordata e le tecniche di cramponage. Oltre all'utilizzo corretto di corda, piccozza e ramponi, il corso ha l'obiettivo di insegnare a orientarsi in modo autonomo sui ghiacciai grazie alla corretta interpretazione del terreno. Per una pratica responsabile vengono introdotte le basilari tecniche di autosoccorso, di intervento in caso di caduta e le tecniche di arresto. Alcune materie teoriche sviluppate in rifugio quali la meteorologia, la topografia e l'uso di applicazioni e strumenti vengono utilizzate per la pianificazione dell'escursione.
Quando: da luglio a settembre
Dove: Abruzzo, Valle d'Aosta (area Monte Bianco), Lombardia, Piemonte e Trentino (Dolomiti)
Durata: 3 o 4 giorni
Livello: per principianti e per aggiornamento

Climbing

Corsi di arrampicata disponibili in tre diversi livelli - Basic (dalla palestra indoor alla falesia), Advanced (arrampicata multipitch), Alpine Climbing (vie alpinistiche) - con un programma specifico per ognuna delle attività che include le tecniche base dell’arrampicata, la pianificazione delle vie, i nodi, le tecniche di sicurezza, la costruzione delle soste e la discesa in corda doppia. I corsi di arrampicata per principianti e progrediti sono finalizzati a trasmettere tutte le conoscenze fondamentali per praticare questa disciplina in sicurezza, con l'obiettivo di ridurre i rischi ed evitare possibili situazioni di emergenza.
Quando: da luglio a settembre
Dove: Alto Adige, Lombardia, Piemonte, Abruzzo
Durata: Basic, 1 giorno; Advanced, 2 giorni; Alpine Climbing, 3 giorni
Livello: da principiante a esperto a seconda del corso

La panoramica completa sui corsi è sempre aggiornata nella pagina dedicata del sito internet di Ortovox.

© Max Draeger

Hans Kammerlander e quella salita e discesa con gli sci dell'Everest da record

© archivio Hans Kammerlander

 

Il 3 maggio 1996 un uomo scende dalla vetta della montagna più alta del mondo. Più precisamente sul versante tibetano. È la prima discesa con gli sci dalla cima dell'Everest, anche se dovrà toglierli in un tratto per mancanza di neve. Hans Kammerlander è passato alla storia come il primo uomo a sciare il tetto del mondo. Ci avevano già provato in diversi, tra i quali Afanassieff e Jaeger nel 1978 e Tardivel nel 1992, tutti sul versante nepalese. Ma nessuno riuscì a partire dalla vetta ed erano stati aiutati dall'utilizzo delle bombole di ossigeno. Dopo di Kammerlander ci proverà lo sloveno Davo Karničar, nel 2000, riuscendo ad arrivare fino al campo base del versante nepalese senza togliere gli sci. Kammerlander ha fatto registrare il record (mai battuto) di salita dal versante tibetano, di 16 ore e 45 minuti, chiudendo salita e discesa in meno di 24 ore, senza ossigeno. 

L'alpinista altoatesino compagno di Messner su sette ottomila è tornato sulla sua discesa in occasione dell'incontro Alpinismo di Vita, organizzato da Sport Specialist nel negozio di Bevera (LC) lo scorso 9 luglio. Insieme a lui anche l'alpinista polacco Krzysztof Wielicki  e Simone Moro. «Per la salita ho puntato sulla massima leggerezza possibile, pensando ad arrivare in vetta senza fermarmi ai campi: l'obiettivo era di provarci se le condizioni fossero state favorevoli oppure di rinunciare lungo il percorso, però così ho potuto evitare di portare tenda, sacco a pelo e altra attrezzatura che avrebbe reso molto più pesante lo zaino». Kammerlander ha svelato che il peso dello zaino era di poco inferiore ai cinque chili inclusi gli sci e che la percentuale più alta era dovuta ai liquidi. «Quando sono arrivato in cima ero stanchissimo e il momento in cui ho visto le punte degli sci sporgere oltre la cresta è stato probabilmente il più intenso della vita». La discesa richiederà circa sei ore. «Non è stata proprio una sciata, ma una scivolata a valle con gli sci, a causa delle condizioni e della stanchezza» ha ammesso Kammerlander, che ha ricordato anche la sua discesa dal Nanga Parbat nel 1990. «Ho sempre pensato a sciare gli ottomila ma finché ero il compagno di Messner era impossibile perché lui non era uno sciatore ed era il capo spedizione, così quando Reinhold ha raggiunto il suo obiettivo, ho iniziato ad andare in Himalaya con gli sci». 

Kammerlander, già Maestro di sci, è arrivato allo sci ripido ispirandosi a Heini Holzer. Dopo l'Everest scierà anche su altre nevi himalayane: quelle del Broad Peak da quota 7.000; quelle del Kangchenjunga da quota 7.500; quelle del K2 nei primi 400 metri dalla vetta. Rimane ancora qualcosa da inventarsi per il futuro? «Ci sarebbe da provare a sciare tutti i 14 ottomila, ma è difficilissimo perché se cadi non soffrirai mai più di mal di denti» ha concluso Kammerlander.

 


Mille scarpe per l'Africa

Una scarpa da trail, o da corsa, ce l'hanno tutti. Correre, rispetto ad altri sport, per esempio la bici, è nettamente più economico oltre che semplice. Eppure ci sono Paesi dove anche un paio di scarpe per correre non è scontato. Per esempio Iten, in Kenya, patria di grandi campioni come Eliud Kipchoge, Wilson Kipsang e David Rudisha, meta ogni anno di centinaia di ragazzi e ragazze determinati a trasformare la propria passione per la corsa in una carriera professionistica. La fame non manca, ma spesso sono i mezzi che non ci sono. Ecco perché nel 2017 il documentarista Francisco Grimaldi e il medico-runner Giordano Bravetti hanno creato InYourShoes, per recuperare scarpe da corsa e da trail usate e donarle ai giovani atleti di Iten.

 

 

Ogni anno InYourShoes organizza una spedizione per consegnare direttamente le scarpe raccolte, lavorando a stretto contatto con due importanti realtà locali, la St. Patrick High School e la Sing’ore Girls School, che selezionano giovani meritevoli, sia nello sport sia nello studio. Nel 2024 si è raggiunto il numero record di mille scarpe spedite. Dall'anno scorso a sostenere l'iniziativa c'è Salomon, attraverso la Salomon Foundation. Ma come contribuire? Ognuno può donare le proprie scarpe da trail o da corsa usate ma ancora in buone condizioni e di qualsiasi marca. È sufficiente lavarle in lavatrice, inserire un biglietto con il proprio nome e cognome, il profilo Instagram (facoltativo) e un messaggio per l’atleta che le riceverà (preferibilmente in inglese). Le scarpe possono essere consegnate l’11-12-13 luglio alla Dolomyths Run 2025 presso l’area expo di Salomon in piazza Marconi a Canazei; fino a fine settembre 2025 a Milano presso il nuovo Salomon Store in Porta Nuova – Piazza Gae Aulenti, 4 – o presso il negozio WHY_RUN – Corso Sempione, 6; in uno dei punti raccolta ufficiali riportati nel sito della ONLUS: https://www.inyourshoes.eu/it/progetti/kenya.html#kenya_punti_raccolta

InYourShoes organizzerà un viaggio per la consegna ufficiale delle scarpe e dà la possibilità a chi fosse interessato di partecipare. Le date sono quelle dal 26 ottobre al 5 novembre e ci si può candidare compilando il modulo online.

 


Suunto Run, la prova

È la new entry tra gli orologi sportivi Suunto e si propone, già dal nome, come strumento pensato per chi fa della corsa, in tutte le sue declinazioni, anche il trail running, il proprio mantra. In realtà, oltre il nome e il look fresco e sportivo (belle le versioni lime e coral orange, ma ci sono anche le più discrete all black e frost gray), è un prodotto già abbastanza completo per sportivi e amanti dell’outdoor, che punta sul rapporto qualità/prezzo (249 euro).

Unbox

In confezione ci sono due cinturini in nylon di diversa lunghezza da montare, le istruzioni “get started” per iniziare (il manuale completo è online) e il cavetto USB-C, senza presa. Ci sono anche le istruzioni per montare il cinturino, operazione non così immediata per via della barretta in acciaio sottile che può sfuggire di mano. Il cinturino a strap è comodo e non dà fastidio durante le attività sportive intense. La cassa è in poliammide rinforzata con fibra di vetro, la ghiera in acciaio inossidabile e il cristallo è Gorilla Glass.

User experience

Il diametro è di 46 mm, non troppo piccolo da affaticare la vista, né grande da dare fastidio. Sta bene anche su polsi minuti e pesa solo 36 grammi. Spicca il bel display AMOLED, regolabile su tre diversi livelli di luminosità: si vede bene sempre, anche sotto il sole. L'impostazione di fabbrica prevede l'accensione del display al sollevamento del polso. Lo schermo è touch, l’esperienza è positiva, ma c’è anche la pratica ghiera che spesso risulta più comoda da usare: dipende dalle abitudini. Premendo la ghiera si passa direttamente ai 34 profili sportivi previsti, il tasto inferiore è l’undo, per tornare indietro, quello superiore porta direttamente all’ultima attività sportiva scelta. Suunto Run va abbinato allo smartphone tramite l’apposita app, operazione veloce e semplice. Anche gli aggiornamenti avvengono via app.

Rilevamenti

Suunto Run dispone di cardiofrequenzimetro ottico, pulsiossimetro, altimetro barometrico, bussola digitale. Il cardiofrequenzimetro è molto preciso se utilizzato correttamente. Il cinturino va stretto bene, senza che la cassa possa muoversi, un paio di dita sopra il polso. Durante il test ha avuto qualche incertezza correndo con le braccia basse e senza troppa oscillazione. Lo abbiamo riprovato con il classico movimento delle braccia durante la fase di corsa, ad altezza media e ben mobili, e nel confronto con la fascia cardio i valori sono stati identici, con scarti di massimo un battito al minuto. L’altimetro si è rivelato generalmente affidabile, la quota può essere regolata manualmente (in una situazione tendeva a ritornare quella precedente all’impostazione) o incrociando i dati con quelli del GPS, operazione che può richiedere qualche minuto e spazi aperti.

Sport

Tra i profili sportivi ci sono diverse varianti della corsa (corsa, corsa su pista, trail running, maratona, tapis roulant), non mancano il triathlon, l’escursionismo, il trekking, il ciclismo e la mountain bike. Le attività invernali prevedono sci alpino, sci di fondo e snowboard, ma per il momento non lo scialpinismo. L’orologio fornisce metriche personalizzate in base allo sport scelto. I profili corsa e trail running sono completi e dopo la sessione, aprendo l’app sullo smartphone, si ottengono analisi ancora più dettagliate. Nella sezione allenamento si ritrovano le diverse attività svolte, con itinerario tracciato sulla mappa, possibilità di aggiungere foto o di vedere il video del percorso in 3D. Vengono mostrati 51 parametri. Non mancano FC minima, massima e media, la potenza, le calorie, i carboidrati e i grassi consumati, la cadenza, l’oscillazione verticale, la lunghezza del passo, il tempo di contatto con il terreno, l’andatura media, quella di picco in diversi intervalli temporali, la velocità di ascesa e discesa, il VO2 max stimato. C’è poi la ripartizione della sessione in zone FC, immediatamente visualizzabile anche durante l’attività sul quadrante dell’orologio, grazie a una corona che si colora in base alla zona di andatura. La sezione Suunto Coach dell’app è ben studiata e piena di informazioni e, tramite l’app, si possono impostare allenamenti a intervalli da sincronizzare con l’orologio. Tra le informazioni che Suunto Run e l’app forniscono ci sono anche quelle relative allo stato di recupero, che incrocia i dati della HRV (heart rate variability) e della rilevazione del sonno. Nei dati sul sonno vengono indicati il sonno profondo, il sonno leggero, la fase REM, la concentrazione di ossigeno nel sangue, la HRV media e la frequenza cardiaca minima e media. Nella versione in lingua italiana le due fasi di sonno pesante e leggero (in inglese deep e core) vengono erroneamente tradotte entrambe come “pesante” (immaginiamo che verrà corretta la voce al prossimo aggiornamento del software), mentre sulla app l’indicazione è corretta e c’è anche un testo che analizza la qualità del sonno e una percentuale (più alta è, migliore è stato il sonno). C’è anche un grafico che posiziona le varie fasi nelle fasce orarie della notte. Nella sezione “progresso”, invece, vengono utilizzati il CTL (chronic training load) e il volume dell’allenamento TSS (Training Stress Score), che incrociano diversi parametri trasformandoli in numeri. Nella sezione dedicata al CTL sull’orologio è anche possibile calcolare la propria andatura e i tempi su diverse distanze, fino alla maratona, e la stima dell’andatura e della frequenza cardiaca di soglia anaerobica, oltre all’età sportiva.

Altre feature e navigazione

Tra le altre informazioni disponibili, gli orari di alba e tramonto e le fasi lunari, le condizioni meteo, il lettore multimediale abbinabile alle cuffie, la torcia, la sveglia, il timer. C’è, naturalmente, anche la navigazione, pur in assenza di mappe. In pratica si possono caricare itinerari creati sull’app (operazione semplice grazie al tracciamento automatico e sincronizzazione altrettanto) e poi farsi guidare. La navigazione, grazie anche all’opzione turn by turn, è abbastanza pratica. Nella pianificazione dell’itinerario si possono sfruttare le mappe di calore che rilevano gli itinerari più popolari della zona. Suunto Run riceve i messaggi dello smartphone e ne permette la lettura.

Batteria

I dati dichiarati sono di 12 giorni in modalità smartwatch e di 20 ore con tutti i sistemi attivati e multibanda. I test sul campo sono abbastanza in linea, come sempre con valori un po’ più bassi. Alcune attività, come per esempio l’autoregolazione della quota incrociando i dati con quelli del GPS, tendono a essere energivore in spazi poco aperti che rendono più lunga la ricerca del segnale GPS.

In conclusione

Prodotto dal look piacevole e dalla valida qualità costruttiva, si dimostra completo per chi cerca un orologio affidabile per allenamenti e attività outdoor, pur non avendo le mappe, e ideale da usare nella vita di tutti i giorni. A un prezzo concorrenziale, dettaglio non di poco conto.

suunto.com


Trail running, le migliori scarpe del 2025

Anche quest’anno nella Outdoor Guide 2025 abbiamo messo alla prova decine di modelli per offrire una guida completa, imparziale e approfondita alle migliori scarpe da trail running sul mercato. Grazie a un team di tester esperti e a un protocollo di valutazione affinato nel tempo, abbiamo analizzato ogni dettaglio: grip, comfort, stabilità, reattività e durata, sia sui sentieri più tecnici che nelle uscite di allenamento quotidiane. L'obiettivo? Aiutare ogni runner, dal neofita all'ultra trailer, a trovare la calzatura perfetta per il proprio stile e terreno di corsa ed eleggere i modelli che più interessanti dell'anno.

 

Scarpe Trail, non solo comfort e stabilità

Se in una fase iniziale l’introduzione di schiume più morbide e reattive aveva appiattito le differenze tra scarpe da allenamento e da gara, oggi la distinzione è nuovamente chiara: ciascuna categoria offre prodotti con feedback ben differenziati. Le scarpe da allenamento rappresentano il cuore dell’offerta: prodotti versatili e resistenti, pensati per gestire ogni tipo di sessione, dai lavori quotidiani ai lunghi pre-gara. Gli stack height medi si attestano attorno ai 33 mm sul tallone e 27 mm sull’avampiede, in crescita costante negli ultimi anni. Se comfort e stabilità rimangono le priorità di questa categoria, l’arrivo dei materiali nobili ha reso molti modelli idonei anche al giorno gara. Dove non competono alla pari con i prodotti performance della categorie Speed Race? Non tanto nella possibilità di essere utilizzati in gara, ma nel come si comportano: si tratta spesso di scarpe più ingombranti, meno reattive e meno adatte ad accogliere componenti tecnologiche avanzate. Fanno eccezione le cosiddette super-trainer, che colmano il divario tra le due categorie. Quest’anno le più apprezzate in questo segmento sono state la Norda 005 e la Merrell MTL Adapt.

Asics Gel-Trabuco 13: se è vero che squadra che vince non si cambia, c’è però da dire che si può sempre migliorare lavorando sulle lacune, anche di prodotti premiatissimi come sono state le passate iterazioni di Trabuco. E così questa tredicesima edizione torna con qualche novità, ma radici salde. l’onda del successo guadagnato con le precedenti versioni e continua a farsi apprezzare, grazie a un’intersuola stabile e un grip versatile; è la scarpa da allenamento (ed eventualmente gara) affidabile e funzionale al lavoro duro. Vera workhorse della categoria, anche se per la densità della nuova intersuola forse questa versione si presterà meno per ultra distanze.

 

 

 

 

Scarpe Speed Race, la discriminante è il terreno di utilizzo

Nel segmento più orientato alla performance, il 100% dei modelli monta zeppe in materiali avanzati. Lo stack height medio è di 30 mm al tallone e 25 mm all’avampiede. Su venti scarpe testate, sei includono una piastra, in carbonio o Pebax, pensata rispettivamente per aumentare il rimbalzo o modulare l’elasticità. Queste scarpe sono ideali per corse ad alta intensità, ma il vero elemento discriminante non è l’intensità d’uso, quanto il tipo di terreno. Le geometrie e i battistrada specializzati definiscono una destinazione d’uso ben precisa: nascono così super-shoe perfette per terreni veloci e corribili, oppure modelli più versatili per condizioni tecniche moderate. Importante ricordare che, pur essendo pensate per la competizione, queste scarpe sono strumenti performance adatti anche a chi cerca una calzatura reattiva e divertente per allenamenti intensi, non solo per il giorno gara.

La Sportiva Prodigio Pro: evoluzione della piattaforma Prodigio, questa Pro si presenta come una super shoe priva di inserti rigidi in carbonio o affini: un prodotto performance nato in montagna ma in grado di adattarsi a una grande varietà di terreni più o meno corribili. Versatilità al primo posto. Se la gioca sul filo di lana con la Speed Ultra di casa Adidas. Anche se le mancano un paio di feature a posizionarla sull’olimpo delle tecnologie applicate alla competizione, vince per l’adattabilità a tanti terreni diversi: si muove disinvolta dal corribile alla montagna e non solo per i top runner. Prodotto davvero trasversale a tanti utilizzatori, ben tornata La Sportiva.

 

 

 

 

© foto di Riccardo De Conti

 

 

 


Anna Ferrino nominata Cavaliere del Lavoro

Riconoscimento importante per la Direttrice Generale di Ferrino & C. S.p.A. che il prossimo 11 di giugno verrà nominata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, insieme ad altre 24 persone, Cavaliere del Lavoro. L’onorificenza è riservata agli imprenditori che si distinguono  per meriti eccezionali nel loro settore. «Questo riconoscimento rappresenta un traguardo personale e, al tempo stesso, un tributo al lungo percorso imprenditoriale della mia famiglia, dei soci Rabajoli e di tutta la squadra Ferrino, che ogni giorno contribuisce con passione e competenza al successo della nostra azienda - ha dichiarato Anna Ferrino - La nomina sottolinea l’importanza strategica del settore tessile in Piemonte e il contributo significativo di Ferrino all’economia locale e nazionale. È uno stimolo ulteriore a continuare a lavorare per valorizzare il tessile e il design italiano nel settore outdoor, offrendo prodotti funzionali, innovativi e sostenibili a chi vive la montagna».

Anna Ferrino è Direttore Generale di Ferrino & C. S.p.A e siede nel CdA della Fondazione La Stampa - Specchio dei Tempi. Nel passato è stata Presidente di Assosport, Vicepresidente di Unione Industriali Torino e del Teatro Stabile Torino, Presidente della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, Vicepresidente Fondazione CRT, consigliere OGR-CRT e Vicepresidente del Comitato per l’Imprenditoria Femminile della CCIAA. È stata Country Manager Italia per Columbia Sportswear Company (1995–2004) e per Gailliard s.a. France (1986–1994).

Fondata a Torino nel 1870, Ferrino è un’azienda italiana a conduzione familiare, pioniera nella produzione di attrezzatura tecnica per la montagna e il tempo libero. Con una forte vocazione all’innovazione e alla ricerca, Ferrino ha sviluppato nel tempo prodotti diventati punto di riferimento per professionisti, esploratori e appassionati dell’outdoor. Le sue tende sono utilizzate nelle spedizioni più estreme, dai ghiacci artici alle vette himalayane, grazie a una costante collaborazione con alpinisti e team scientifici. 


Rimbalzo e smorzamento delle piastre in polimeri rinforzati nelle scarpe da trail

Nel mondo della corsa in natura si parla sempre più spesso di piastre o plate annegati nell’intersuola. Per la verità è diminuita l’attenzione sulle piastre in carbonio, massima solo un paio di stagioni fa e diffusa sulle scarpe top performance nella maratona e nell’atletica, ma l’utilizzo di un inserto rigido all’interno dei prodotti da trail running è stato ampiamente sdoganato. E, a differenza dei primi esperimenti che prevedevano prodotti realizzati con base termoindurente (il cosiddetto carbonio), sono sempre di più le piastre (nel caso del trail running si tratta spesso di prodotti a forma di forchetta) a base termo- plastica. Nella pratica sono polimeri rinforzati, cioè caricati con fibre, prevalentemente con la fibra di carbonio. Prodotti che, al netto della performance, offrono vantaggi significati-vi in termini di lavorazione e riciclabilità rispetto ai compositi a base di termoindurenti. Per citare alcuni esempi di questa guida, Adidas Terrex Agravic Speed Ultra adotta un inserto in Pebax, mentre Rossignol Vezor una forchetta Diapazon composta di Nylon e fibra di vetro. Atri modelli, come ASICS Metafuji Trail, Hoka Tecton X 3, Speedland GL:SVT e XBionic Terraskin X00/C sfruttano le proprietà di un plate in carbonio.
Poter contare su una piastra annegata nell’intersuola permette di intervenire sulla rigidità e stabilità, ma soprattutto sulla propulsione e il ritorno di energia. Tutti fattori importanti per la prestazione che dipendono dal materiale utilizzato, dalla forma, dall’interazione con le schiume dell’intersuola. Per aiutare i principali marchi a selezionare i migliori materiali per leoro applicazioni specifiche, Xenia, azienda vicentina leader nella produzione di polimeri rinforzati, ha realizzato un interessante studio in collaborazione con lo Sport Technology Lab dell’Università di Bologna.
Ci si è concentrati soprattutto su un innovativo test per analizzare e ottimizzare le proprietà di rimbalzo e smorzamento dei materiali rinforzati con fibra di carbonio e la variazione della rigidità in funzione della temperatura. Aspetti importanti perché il rimbalzo influisce sulla prestazione della corsa e lo smorzamento delle vibrazioni sul controllo, senza considerare che in montagna si può correre a temperature prossime ai 30 °C nei fondovalle, fino a zero o meno gradi in quota. In particolare il nuovo studio ha dimostrato che è possibile scegliere materiali compositi termoplastici su misura per applicazioni specifiche, con le desiderate caratteristiche di rimbalzo e smorzamento, selezionando la giusta combinazione di fibre (quantità e tipo) e di matrice polimerica.

Per questo scopo è stato sviluppato e realizzato un nuovo metodo per misurare le caratteristiche di rimbalzo e smorzamento dei materiali compositi. Il sistema blocca una parte del campione alla base, mentre la parte superiore è piegata con un cavo collegato a una macchina di prova di trazione capace di misurare lo spostamento e la forza applicata. Una volta ottenuta una certa deflessione, il campione viene rilasciato e la

curva di smorzamento (posizione vs tempo) viene misurata utilizzando un rilevatore laser che registra a 1 kHz. La velocità di ritorno elastico (rimbalzo) è stata valutata sulla base della frequenza naturale misurata durante il test ed è stata osservata una correlazione lineare tra rigidità e velocità di rimbalzo, che non dipende dalla matrice polimerica del composito. Questo per- mette di affermare che la velocità di rimbalzo desiderata può essere ottenuta modulando la rigidità, che può essere raggiunta variando la quantità e il tipo di fibre nel composito.
Per quanto riguarda lo smorzamento delle vibrazioni è risultato che dipende dal tipo di matrice e non è influenzato dalla rigidità del materiale per tutti i tipi di matrici analizzate. Sono state osservate differenze significative cambiando la matrice, con caratteristiche di smorzamento che possono variare tra quelle di un TPU standard (con elevato smorzamento delle vibrazioni) e quelle di un laminato di fibre continue (con basso smorzamento delle vibrazioni). Gli sport all’aperto vengono praticati a temperature molto diverse. Tutti i materiali diventano progressivamente più rigidi a mano a mano che la temperatura diminuisce, ma con ampiezze diverse. Per valutare la rigidità in funzione della temperatura, sono state eseguite analisi DMTA in un intervallo che va da -40°C a 80°C. Il risultato? Il comportamento rigidità vs temperatura dipende quasi
completamente dal tipo di matrice polimerica utilizzata e solo in misura molto minore dal tipo e dalla quantità di fibra utilizzata. I dati ottenuti dimostrano chiaramente che è possibile progettare materiali per applicazioni specifiche, con le caratteristiche di rimbalzo e smorzamento desiderate, scegliendo il tipo e la quantità corretti di fibre combinati con la matrice adeguata. Questo perché il rimbalzo è regolato dalla rigidità del materiale composito, mentre lo smorzamento è determinato dal tipo di matrice polimerica utilizzata.

Ulteriori analisi realizzate sempre dallo Sport Technology Lab ma direttamente sulle intersuole con plate hanno confermato i risultati, mostrando che un materiale con un modulo elastico più elevato (rigidità maggiore) ha una velocità di rebound maggiore. Per esempio, utilizzare un plate con una matrice in PA6 e 30% di fibre in carbonio porta a un aumento della velocità di ritorno del 46% rispetto a una suola senza plate. Il punto di posizionamento del plate (vicino alla parte superiore dell’intersuola o nel centro dell’intersuola) non porta a differenze sul rebound. Le analisi effettuate hanno inoltre mostrato una quantità di energia rilasciata del 50% superiore nel caso dell’intersuola con plate in PA6 e 30% di fibre di carbonio rispetto a quella rilasciata per la suola senza plate a parità di angolo di flessione della suola. Risultati intermedi si ottengono con un plate in TPU caricato con il 30% di fibre di carbonio. Va però evidenziato che una suola con plate in PA richiede il 50% di energia in più di quella senza plate per essere flessa allo stesso angolo.
Questo significa che una suola con plate necessita di più energia per essere flessa ma la cede in modo più veloce e con maggiore energia una volta rilasciata la forza. L’analisi di Digital Image Correlation sulla suola ha inoltre mostrato come la plate distribuisca la pressione su un’area maggiore creando meno stress localizzati rispetto alla suola senza plate.

xeniamaterials.com

 

Foto © Riccardo De Conti e Xenia Materials