La formula del divertimento di tipo 2
«Non l’avrei mai fatto se non qui, a casa mia, pandemia o meno». Ha detto così Martina Valmassoi parlando del record del mondo di dislivello in 24 ore con gli sci che ha fatto registrare a fine marzo in Cadore. 17.645 metri contro i 16.777 di Rea Kolbl, un record registrato solo qualche giorno prima. Eppure il primato di Martina è spontaneo come lei. Ha organizzato tutto da sola, messo insieme e gestito la sua crew, sentito il comune per capire se in zona rossa fosse possibile tutto questo. È nato all’ultimo minuto. «Poche strategie, l’obiettivo che si pone è di fare un giro all’ora e completarne 24 - scrive Smaranda Chifu su Skialper 136 di giugno-luglio - L’unica cosa che ha subito chiara, perché così le ha consigliato la trail runner brasiliana Fernanda Maciel, è di iniziare subito con la notte di modo da togliersela all’inizio».
Martina non avevo praticamente sciato in pista quest’anno e nessun allenamento specifico, ha preso una decisione a febbraio e soltanto allora ho messo in cantiere due settimane di carico con circa 30.000 metri di dislivello in pista. Alla fine ne sono uscite 24 ore di divertimento due. «Ci sono tre tipi di divertimento. Il divertimento di tipo uno è quello che ti diverti mentre lo fai; il tipo due mentre lo fai non ti diverti affatto ma a posteriori assume un altro sapore e ti viene voglia di farlo ancora; e poi c’è il divertimento di tipo tre, che non ti diverti mai, nemmeno a posteriori. ‘Sicuramente questo è di tipo due’ risponde Martina ‘sai a un certo punto, mentre risalivo il muro, pensavo di aver sbagliato strada, mica me lo ricordavo così lungo, però alla fine ci sono arrivata col sorriso, ero proprio felice’»
Il 9 luglio al via le qualificazioni per il Campionato Mondiale di Plogging
Partiranno venerdì 9 luglio le qualificazioni per il primo Campionato Mondiale di Plogging, la corsa abbinata alla raccolta dei rifiuti abbandonati, che si terrà a ottobre in Piemonte. Saranno 17 le corse qualificanti per accedere alla selezione, oppure sarа possibile ottenere il pass attraverso una specifica ploggingchallenge, un’esclusiva classifica virtuale che permetterà agli amatori di accumulare punti competere tra loro. Durante la regular season (ovvero la fase di qualificazione), saranno 13 i trail che consentiranno di concorrere per la qualificazione al Campionato, all’interno di numerosi appuntamenti: Gran Trail Courmayeur (9-11 luglio), 100 miglia del Monviso (23-25 luglio), Trail EDF Cenis Tour (31 luglio-1° agosto), Alpe Adria Trail (13-15 agosto), a cui si aggiungono, per una sorta di play off, le 4 distanze del TorX (12–18 settembre) per un totale di 17 distanze.
Tutti i runner iscritti a questi trail potranno accedere gratuitamente alle selezioni per il World Plogging Championship, una volta iscritti riceveranno l’attrezzatura necessaria (guanti e sacchetto) direttamente con il pacco gara. Le gare fanno dunque parte a tutti gli effetti del Campionato, del quale rappresentano le fasi di selezione e di qualificazione alla fase finale di ottobre.
Per gli amatori che vogliono prendere parte alla competizione ecco invece una selezione particolare e coinvolgente: la ploggingchallenge. Non sarà necessario partecipare a un trail per ottenere la qualificazione, ma un particolare sistema di selezione verrà svelato nella conferenza stampa di presentazione in programma nella prima metà di luglio. Sarà possibile iscriversi sul portale worldploggingchampionship.com e partecipare così alla sfida per aggiudicarsi i pettorali in palio.
Chiedimi se sono felice
«L’idea è nata praticamente insieme: Matteo vedeva, dalla finestra della suo nuova casa in affitto, a San Vito di Cadore, il Pelmo a destra e l’Antelao a sinistra, entrambi gli facevano l’occhiolino; io stavo cullando il sogno di un’avventura lunga con gli sci. Per un inverno intero ci siamo confrontati, abbiamo perfezionato il percorso, la strategia. Ognuno preso dai suoi impegni, ci siamo allenati meglio che potevamo. Ci siamo visti poco negli ultimi mesi, non abbiamo mai sciato insieme la neve di questa stagione. Eppure ci sentivamo tutti i giorni per motivarci e stare focalizzati sul progetto, per condividere i dubbi e la carica che avevamo dentro».
Quale idea? Concatenare quattro vette simbolo delle Dolomiti come Civetta, Pelmo, Antelao e Tofana di Rozes partendo da casa e spostandosi solo con gli sci o a piedi. Quello che hanno fatto Giovanni Zaccaria e Matteo Furlan. 56 ore, circa 9.000 metri di dislivello e 85 chilometri di sviluppo di cui parliamo su Skialper 136 di giugno-luglio. Ma il cronometro è stata solo l’ultima preoccupazione.
«Non abbiamo fatto le corse, il cronometro non è uno strumento che ci appartiene. Ci siamo messi in gioco, sì, dal primo all’ultimo momento. Abbiamo tracciato una curva a modo nostro, unito dei punti che per noi significavano qualcosa, prevedendo non solo neve brutta, ma anche fango e polvere. Ora, da ogni punto delle Dolomiti, guarderemo queste quattro cime e l’aria che le separa con occhi diversi. È stato strano salire le montagne senza dare importanza all’apice della vetta. Perché il nostro giro, come tutto ciò che scorre, andava avanti lo stesso. Non c’era tempo per sedersi sugli allori, sentirsi arrivati. Esisteva solo il presente, da assorbire con gli occhi e col cuore, lì in piedi di fianco a questa o quella croce. Fermi per un istante privo di gratificazione, come adesso che è tutto finito».
Una fatica per scoprire la differenza tra contentezza e felicità. «È bello sentirsi soddisfatti e contenti, ma l’appagamento dura poco, il tempo di una storia su Instagram, e già bisogna pensare al giorno seguente. La felicità è un’altra cosa, dice il mio tumulto interiore mentre apro gli scarponi e cerco le chiavi dell’auto. Ha a che fare con il sogno, con l’ideazione, la sperimentazione e la condivisione vera. La felicità costa fatica ed ha bisogno dei suoi tempi».
Maguet-Boffelli da sogno alla Monte Rosa SkyMarathon
Erano in 558 da 36 Paesi ieri alla Monte Rosa SkyMarathon, la gara più alta d’Europa, 35 chilometri di lunghezza e 7.000 metri di dislivello complessivi da Alagna Valsesia a Capanna Margherita, a 4.554 metri di quota, andata e ritorno. In contemporanea su metà del percorso della gara principale si è corso l’AMA VK2, un doppio Vertical Kilometer.
La vittoria è andata alla coppia William Boffelli-Nadir Maguet in 4h43’58’’ su
Franco Collé-Tadei Pivk (5h01’28’’) e Henri Gorsjacques-Daniel Thedy (5h13’07’’). Tra le donne vittoria delle gemelle svedesi Lina e Sanna El Kott Helander, alle prese per la prima volta con una gara a così alta quota. Hanno trovato dura concorrenza nella coppia valdostana-valtellinese formata da Giuditta Turini e Laura Besseghini, che hanno riscattato il ritiro del 2019, avvenuto a pochissimo dalla vittoria. Le gemelle El Kott hanno chiuso in 6h22’12”. Il team italiano Turini-Besseghini ha tagliato il traguardo raggiante per il secondo posto in 6h31’30” a poco distacco da Marina Cugnetto e Roberta Jacquin, terze in 6h32’35”.
La seconda edizione dell’AMA VK2 ha visto l’americana Hillary Gerardi rubare la scena. Nel 2018 ha vinto la Monte Rosa SkyMarathon con la britannica Holly Page e quest’anno ha voluto tornare ad Alagna per respirare un po’ di aria di alta montagna.
Nove chilometri di sola salita con 2.086 m di dislivello positivo, questo perfetto doppio Vertical Kilometer finisce a 3.260 m di altitudine. Gerardi ha tagliato il ripido e innevato traguardo in 1h58’57” – nuovo record del percorso. Corinna Ghirardi ha chiuso per la seconda volta in un eccellente secondo posto in 2h02’33”, mentre la francese
Iris Pessey, vincitrice nel 2019, si è accontentata del gradino più basso del podio con un crono di 2h09’17”. Con Maguet, vincitore 2019, impegnato nella SkyMarathon, il primo gradino del podio maschile AMA VK2 è andato a Damiano Lenzi in 1h32’13”, 9’48” meno del precedente record di Maguet. Lo svizzero Pascal Egli ha chiuso al secondo posto in 1h38’15” con Giovanni Zamboni terzo in 1h42’43”.
Pionieri dietro casa
«L’Altavia numero 1 tocca quasi tutti i luoghi più simbolici delle Dolomiti, dal Lago di Braies alla città di Belluno. Forse, più che un concatenamento di sentieri, è un simbolo. Una metafora di libertà, un modo per le persone di riuscire a toccare l’indipendenza con uno zaino in spalla, tanto pesante quanto lo sarà la fame e la propria necessità di agio».
Comincia così l’articolo di Andrea Galliano che pubblichiamo su Skialper 136 di giugno-luglio, in edicola a partire da questi giorni. Un articolo che mostra un’altavia in una veste completamente diversa, invernale. E con tutti i rifugi chiusi. «Quest’inverno tra i miei pensieri è riaffiorato un vecchio sogno: percorrerla nella stagione meno confortevole dell’anno. L’idea è molto semplice quanto per me elettrizzante: coprire tutte le tappe sci ai piedi, dormendo in bivacchi di fortuna, malghe o altri ricoveri che potrei trovare per strada».
Ecco così che un progetto a lungo nel cassetto diventa realtà, con tutte le sue difficoltà. «Se la giornata è andata bene, la notte al contrario: una delle più lunghe della nostra vita. Abbiamo scavato una truna con la stessa meticolosità di quando si fa un favore a una persona che sta antipatica». Un progetto che sa di libertà, nel cuore di uno dei momenti più difficili della nostra esistenza. «Siamo in un bar con una birra sul tavolo aspettando qualcuno che ci riporti a casa, la mascherina è tornata sul viso. I giorni trascorsi ci hanno fatto dimenticare il Coronavirus. Probabilmente abbiamo sbagliato, anzi sicuramente: non è dimenticandosi che si risolvono i problemi, ma siamo riusciti a sentirci realmente liberi».
Mondiali long distanze e tre tappe di Coppa del Mondo di scialpinismo in Italia nel 2021/22
Si inizia in Italia e si chiude in Francia. La stagione agonistica internazionale dello scialpinismo prevede il via con la prima tappa di Coppa del Mondo a Pontedilegno-Tonale (sprint, vertical, individual) il 16 dicembre e la chiusura a Flaine (sprint, vertical, individual) il 6 aprile. In mezzo le trasferte del 15 gennaio ad Andorra per vertical e individual, a Morgins, in Svizzera, del 28 gennaio per sprint e individual. Poi il ritorno in Italia per la Valtellina Orobie del 4 febbraio (individual, sprint - tra Albosaggia e Caspoggio) e per l'International Ski Alp Race Dolomiti di Brenta il 17 marzo a Madonna di Campiglio (vertical, individual), con prima la tappa turca di Erciyes (24 febbraio, sprint, vertical, individual). A partire dal 9 febbraio, in Vall de Poi, Spagna, sarà la volta dei Campionati Europei, mentre i Mondiali in calendario sono due: Long Distance, al Tour du Rutor Extreme, il 31 marzo, e Master, a Piancavallo il 4 marzo.
TX2 Evo, TX Hike e Akasha 2 saranno gli highlight dell’estate 2022 firmata La Sportiva
La Sportiva a tutto hiking e approach nel 2022, all’insegna della sostenibilità ambientale. La nuova linea da hiking TX HIKE ad esempio, impiega per il 65% materiali riciclati mentre i lacci utilizzati sulla linea climbing ed approach sono realizzati in materiale riciclato. I lacci e i sottopiedi della linea running sono inoltre realizzati con componenti derivati dal riutilizzo della materia prima all’interno del ciclo di produzione. Non solo, attraverso la pratica della risuolatura che i climber conoscono bene, La Sportiva invita da sempre a rigenerare e dare una seconda vita a scarponi e scarpette d’arrampicata. La vera novità però è che dall’estate 2022 anche le calzature da approach potranno essere risuolate grazie all'innovativa costruzione RESOLE PLATFORM presente sulla nuova TX2 EVO. La risuolatura sarà possibile rivolgendosi a una rete di professionisti, laboratori artigiani altamente qualificati, autorizzati e formati dai tecnici dell’azienda trentina. Risuolare, riutilizzare e rinnovare è sempre di più il mantra aziendale.
Vediamo quali sono le principali novità nel footwear.
TX2 Evo è la calzatura più leggera della serie approach Traverse X: soddisfa le esigenze di grip, protezione, minimo ingombro e leggerezza richieste in avvicinamento tecnico e durante le vie multi-pitch. Adotta un pacchetto suola con battistrada 100% risuolabile che ne raddoppia il ciclo di vita ed impiega materiali riciclati per un minor impatto ambientale. Il pacchetto suola è concepito per una facile e rapida risuolatura attraverso la sostituzione del battistrada esclusivamente presso i risuolatori autorizzati La Sportiva. La tomaia è priva di cuciture e molto avvolgente grazie alla linguella integrata che elimina gli spazi vuoti e fascia il piede per massimo comfort e protezione. Il tessuto utilizzato per la tomaia, i lacci, il plantare Ortholite Hybrid Approach e parte dell'EVA dell'intersuola sono inoltre realizzati con materiali riciclati e vegan friendly. Suola Vibram IdroGrip con climbing zone concepita per il massimo grip su terreni tecnici.
TX2 Evo Leather è la calzatura pensata per l'avvicinamento tecnico alle pareti d'arrampicata ed utilizzo in falesia, caratterizzata da una calzata avvolgente e dal comfort impareggiabile della tomaia in pelle scamosciata. Adotta un pacchetto suola con battistrada 100% risuolabile che ne raddoppia il ciclo di vita ed impiega materiali riciclati per un minor impatto ambientale. Il pachetto suola è concepito per una facile e rapida risuolatura attraverso la sostituzione del battistrada esclusivamente presso i risuolatori autorizzati La Sportiva. Rispetta l'ambiente grazie alla tomaia in eco-concia metal free, al sottopiede Ortholite Hybrid in materiale riciclato, all'intersuola realizzata in parte con sfridi di lavorazione e ai lacci 100% recycled. Suola Vibram IdroGrip con climbing zone concepita per il massimo grip su terreni tecnici.
TX Canyon è la calzatura che La Sportiva dedicata al canyoning/torrentismo ed alle attività acquatiche che necessitano di calzature robuste, durevoli e dall'ottimo grip per muoversi in sicurezza nei corsi d'acqua. EasyIN-EasyOUT: ogni componente è pensata per la massima velocità di asciugatura e l'idrorepellenza è ottenuta con materiali e trattamenti al 100% PFC Free, compatibili con l'ambiente. La tomaia è in Ariaprene, materiale certificato toxic free e composto da 4 strati che permettono all'acqua di fuoriuscire velocemente, anche grazie alle due valvole di scarico poste sull'arco plantare.
Calzatura low-cut di nuova generazione per l’escursionismo veloce, TX Hike GTX è realizzata con componenti eco-compatibili e vegan friendly quali: lacci e fettucce passanti in materiale 100% riciclato, sottopiede Ortholite Hybrid, battistrada Vibram Eco Step Evo con componenti derivanti dal ciclo di lavorazione, tomaia in tessuto riciclato. Combina soluzioni proprie del DNA Mountain La Sportiva con tecnologie di derivazione Mountain Running per un prodotto polivalente e sostenibile. I volumi molto ampi permettono un comfort di calzata molto elevato. Anche la nuova membrana Gore-Tex Extended Comfort è realizzata con materiali plastici a fine vita ed è certificata Bluesign. L'intersuola a compressione in EVA in parte riciclata aggiunge stabilità e ammortizzazione per un prodotto affidabile e comodo da indossare anche per un multi-day hiking. Esiste anche la versione mid-cut.
Nel segmento hiking c’è anche il re-edit estetico di Ultra Raptor II GTX, disponibile anche in versione junior, mentre nella versione non GTX l’azienda la indica anche per il trail running.
Arriva la v2 di un grande classico della collezione La Sportiva Mountain Running: Akasha. Il comfort di calzata è dato dall’ammortizzazione, grazie all’inserto plantare Cushion Platform e dai volumi interni ampi oltre che dalla tomaia morbida, traspirante ed avvolgente a costruzione Slip-on che evita punti di compressione durante la corsa. I rinforzi attivi anteriori Dynamic ProTechTion forniscono protezione e struttura seguendo il movimento del piede in modo dinamico e senza costrizioni. La suola grippante e bi-mescola FriXion Red è dotata dell’esclusiva soluzione Trail Rocker in grado di favorire il movimento naturale ‘tacco esterno – punta interna’ del piede durante la corsa. Lacci e plantare Ortholite Hybrid sono inoltre realizzati in materiali riciclato. Akasha II: il codice dell’ultra-runner si esprime attraverso protezione, comfort ed ammortizzazione.
Skialper 136, Sweet Home
Non abbiamo mai vissuto le nostre case come negli ultimi quindici mesi. Probabilmente non le abbiamo mai odiate così tanto perché da un giorno all’altro si sono trasformare da dormitorio a ufficio, luogo di svago, palestra, ristorante. E non erano state pensate per quelle funzioni. Ma poi alla fine la pandemia ci ha obbligati a riflettere sul concetto stesso di casa e a uscire dalla nostra comfort zone. Il domicilio è il luogo dove un soggetto ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi. Ce lo hanno insegnato i DPCM, così casa è dove abbiamo deciso di spostarci, anche per dare sfogo alle nostre passioni, è un luogo fisico con uno spazio mentale a cui siamo a nostro agio. Una luogo piccolo dove progettare le nostre grandi avventure, con le finestre che si aprono su panorami infiniti, come quelli della copertina, che rappresenta la vista dall’oblò di un bivacco in Sud America. E allora casa per gli autori di questo numero di Skialper significa Patagonia, Altavia numero 1 delle Dolomiti, Monte Baldo, Balcani, un record fuori dall’uscio e tanto altro.
PrimAscesa, prove di alpinismo post-apocalittico
Molti chiamano casa le proprie montagne. Ma in fin dei conti casa non è l’intero pianeta che abitiamo? Ed è piena di spazzatura. Perché allora ci risulta tanto difficile prenderne coscienza? Forse perché noi quella spazzatura non la vediamo. Così Simon e Juan, i protagonisti del mediometraggio presentato al Trento Film Festival, hanno pensato di scalare i 300 metri e 105.000 metri cubi di immondizia di una discarica per scenderla con gli sci.
Il paradiso è per pochi
El Chaltén, Patagonia. Migliaia di visitatori al giorno in estate (il nostro inverno) e poche centinaia di residenti nell’inverno australe, quando soffiano i venti del sud e la neve ricopre anche i pendii più bassi del Fitz Roy e del Cerro Torre. E quando entra in scena la minuscola ed eterogenea tribù di scialpinisti locali. Matthew Tufts ha deciso di fare di El Chaltén la sua casa per un lungo inverno fatto di attese, asados e discese irripetibili. Un reportage di 20 pagine per pensare alla neve e allo sci di montagna anche quando da noi si riempiono le spiagge.
Chiedimi se sono felice
Civetta, Antelao, Pelmo e Tofana di Rozes da salire e scendere con gli sci uno dietro l’altro, spostandosi solo a piedi tra una montagna e l’altra. Non un record alla ricerca della prestazione contro il cronometro, ma una sfida dietro casa per scoprire la differenza tra contentezza e felicità. È quello che hanno fatto Giovanni Zaccaria e Matteo Furlan.
Tea e il Baldo
La montagna di casa, un microcosmo che si tuffa nel Lago di Garda, ricco di sorprese anche se è proprio fuori dall’uscio. Da raggiungere in bici e attraversare a piedi, con la neve, in coppia. Per chiudere tutte le cianfrusaglie della vita moderna in un baule col lucchetto e farsi un giro leggeri e senza pensieri. Un racconto di Andrea Zocca con illustrazioni di Alessandro Ripane.
Dobro došli
Carpazi, Balcani e Caucaso. Un viaggio leggero, al ritmo del trekking e di una tendina gialla. Ma anche al ritmo dell’ospitalità semplice e genuina, quando ad aprirti la porta di un’umile ma dignitosa casa sono soprattutto le donne come Mayvala, sul Caucaso Maggiore. Storie di incontri, e rinascite, come quella di Zef, che ha aperto un rifugio sulle montagne dell’Albania. Storie di notti nella natura, con le parole e le immagini di Giacomo Frison e Glorija Blazinšek.
Pionieri dietro casa
L’Altavia numero 1 delle Dolomiti è un sogno per molti, ma in inverno è poco frequentata, soprattutto nell’anno pandemico, con tutti i rifugi chiusi. E allora perché non provare ad affrontarla con sci e pelli, costruendosi ogni sera la propria casa scavando una truna o infilandosi in una baita? L’idea Andrea Galliano ce l’aveva in mente da tempo, ma la pandemia e i lockdown hanno dato la spinta giusta.
La formula del divertimento di tipo 2
17.645 metri di dislivello con sci e pelli in 24 ore. E il nuovo record del mondo. A realizzarlo, a marzo, Martina Valmassoi, sulle piste di casa, nel Cadore. Un’idea nata per caso e un progetto improvvisato, per mettersi alla prova e fare qualcosa di diverso.
Marco De Gasperi 2.0
Dopo sei ori mondiali nella corsa in montagna e successi prestigiosi come quelli alla Sierre-Zinal e alla Jungfrau Marathon è tempo di guardare oltre. Per progettare le scarpe da trail del futuro. Siamo stati in SCARPA, la nuova casa di Marco De Gasperi, category manager per il trail del marchio veneto. Per parlare di scarpe e suole ma anche di ricordi. Passato, presente e futuro di un campione.
Must Have & more
Siamo stati a Saluzzo e nei dintorni, tra Valle Varaita e Valle Po, per una corsetta con i ragazzi della Podistica Valle Varaita. E nel frattempo abbiamo anche provato qualche chicca: scarpe, abbigliamento, bastoni, zaini, gps & co. Poi abbiamo fatto un giro in mountain bike e a piedi a Gressoney con i nuovi capi di abbigliamento della linea Moncler Grenoble, abbiamo organizzato una tavola rotonda a fil di vetta con Federica Mingolla, Fabian Buhl e Matteo Jellici, R&D footwear director La Sportiva, sulla nuova linea di scarponi semi-ramponabili Aequilibrium e abbiamo chiesto alla Guida alpina catalana Santi Padrós cosa ne pensa della nuova scarpa da approach AKU Rock DFS.
Pensieri di roccia e di neve
Nella consueta rubrica Antologia Bianca i racconti dei lettori e proprio uno di loro, Massimo Teghille, dopo essere stato pubblicato tra le pagine dei lettori, è stato promosso e ha firmato l’outro di questo numero. Quindi… continuate a mandarci i vostri racconti! La doppia pagina dei Pensieri, a inizio rivista, è dedicata alle Dolomiti, alla loro roccia e all’arrampicata, a firma di Gian Luca Gagino.
AMA-Bilmente, assalto al Monte Rosa
«Lo scopo del progetto è di trasmettere un importante messaggio sociale sia alle persone diversamente abili che alle persone normodotate. Come ben noto, l’invalidità non è solo un concetto fisico, ma un’ideologia ben radicata nel pensiero comune, che vede il disabile come una persona emarginata e dalle poche possibilità fisiche. Lo scopo è di abbattere l’immensa montagna psicologica della disabilità affrontando la vera montagna». A parlare è Moreno Pesce, anima del progetto AMA-Bilmente vedrà 6 sportivi con un arto artificiale salire lungo il percorso della Monte Rosa SkyMarathon AMA, la gara più alta d’Europa, fino alla Capanna Margherita a 4.554 m sul Monte Rosa.
Il gruppo partirà il 15 giugno raggiungendo la Capanna Gnifetti. Il giorno dopo si partirà al mattino per l’ascesa verso la Capanna Margherita. Il cronometro non sarà importante tanto quanto invece il risultato del gruppo.
Moreno Pesce, 46enne, appassionato di montagna, amputato in seguito a un incidente motociclistico ha ideato il progetto con la collaborazione degli organizzatori della gara e un gruppo di Guide alpine ed è stato recentemente anche in vetta al Gran Sasso. Nel 2019, in un analogo tentativo di salita alla Capanna Margherita, aveva dovuto fermarmi al Cristo delle Vette con 40 centimetri di neve fresca. Il suo sogno è quello di realizzare una scuola di alpinismo per i disabili. Perché bisogna provare prima di dire non ce la faccio.
Del gruppo di AMA-Bilmente fanno parte sei team composti da uno sportivo amputato, un accompagnatore (una sicurezza in più in caso di rottura delle protesi) e una Guida alpina.
Gruppo TRANSTIBIALI
Cesare Rocco + Chiarolini Cristina - GUIDA Simone Elmi
Lino Cianciotto + Luigia Marini - GUIDA Leandro Giannangeli
Massimo Coda + Massimo Vialardi - GUIDA Luca Montanari
Salvatore Cutaia + Angelo Santucci - GUIDA Abele Blanc
Gruppo TRANSFEMORALI
Loris Miloni + Paola Frigiolini - GUIDA Paolo Della Valentina
Moreno Pesce + Martina Scussel - GUIDA Lio De Nes
La Réunion di altitudini in Val Terragnolo
L’Isola de La Réunion è un piccolo paradiso dell’arcipelago delle isole Mascarene, di cui fa parte la più famosa Mauritius. Posta nell’Oceano Indiano a 700 km dal Madagascar il 40% del territorio è tutelato a Parco naturale, caratterizzato da valli, boschi, gole e falesie che formano un paradiso naturale in gran parte incontaminato.
Il Masetto è un puntino nel bosco, fuori dai sentieri battuti, a metà strada tra Rovereto e Folgaria, tra i monti della Valle trentina di Terragnolo. Il Masetto, gestito da Gianni Mittempergher, come un’isola tra i boschi è un luogo pieno di cultura, un rifugio creativo e ospitale.
Isola, riunione e arcipelago sono sembrate tre parole perfette attorno alle quali organizzare il primo incontro di altitudini aperto a chi ama le storie e i luoghi fuori traccia, occasione per conoscere i vincitori del Blogger Contest 2020, di cui Skialper e la nostra casa editrice sono media partner.
Ecco il programma:
I vincitori e i premiati del Blogger Contest 2020 si racconteranno attraverso un oggetto, un disegno, una mappa, un pezzo di motore, una foto: Francesca Nemi (premio PalaRonda Trek), Marco Ranocchiari (premio Giro del Confinale), Federico Balzan (premio La montagna dal vivo), Erica Segale (3° posto web comics); Stefano Lovison (2° posto web comics); Marco Rossignoli (1° posto web comics), Antonio G. Bortoluzzi (3° posto racconti brevi); Silvia Benetollo (2° posto racconti brevi); Luciano Caminati (1° posto racconti brevi, premiato da Skialper).
E come negli incontri importanti ci saranno alcuni ospiti speciali: Andrea Nicolussi Golo (scrittore e poeta) parlerà di grandi montagne e piccoli popoli; Laura Bortot (scrittrice e traduttrice) di tradurre in mezzo alle montagne; Eva Toschipresenterà il suo libro Per la mia strada edito da Harper Collins Italia e Simonetta Radice direttrice di MonteRosa edizioni parlerà di Sciare in modo fragile.
Durante la camminata di sabato mattina, attraverso gli insediamenti storici di Terragnolo, ci si fermerà ogni tanto a parlare con Alice Martinelli della Mudeda e della vita in rifugio, con Daniele Ceddia del suo progetto Sulla Faglia e con Andrea Carta della sua Cima Undici e di quella dei famosi Mascabroni.
Ad accompagnare gli ospiti ci saranno Luisa Mandrino (presidente della giuria del BC 2020, autrice e sceneggiatrice) e Davide Torri (editor di altitudini).
Per partecipare è necessaria la prenotazione: redazione@altitudini.it
La rinuncia di Kilian e David
«No, no, no. No, non abbiamo scalato l’Everest. Finalmente, dopo aver atteso tanto che passassero i cicloni tropicali e che la neve smettesse di cadere, abbiamo lanciato un tentativo, ma mentre stavamo raggiungendo il Colle Sud abbiamo deciso di fermarci entrambi». A scrivere è David Göttler sui suoi account social nella giornata di ieri. Dunque, dopo settimane complicate a causa del meteo e della pandemia, il duo Kilian Jornet - David Göttler non ha raggiunto la vetta dell’Everest nella finestra di tempo lasciata dal passaggio del ciclone Yaas. Una rinuncia nata non solo per cause esterne come il meteo, ma soprattutto ‘interne’. Kilian è partito dal campo base e David dal campo 2 e, dopo avere scalato tutta la notte, si sono ritrovati al Colle Sud. «Tutti e due non ci sentivamo bene e non avevamo le forze necessarie . «È stato un momento bizzarro quando ci siamo ritrovati al Colle Sud e ci siamo detti che non stavamo bene, entrambi abbiamo vissuto esattamente la stessa esperienza. Quindi è stato facile decidere di non proseguire. Sarebbe stato folle continuare a salire più in alto in quelle condizioni. Non puoi scalare l’Everest nel nostro stile se non ti senti al 100% e per fortuna entrambi sappiamo benissimo come dovremmo sentirci a quelle quote. Per questo siamo scesi. Anche se potevamo dare la colpa al vento per averci impedito di proseguire (al Colle Sud ce n’era abbastanza), non è stato per il vento o il maltempo o le cattive condizioni sulla montagna. La causa i nostri corpi e come ci sentivamo, ed è altrettanto importante ascoltare il proprio corpo e saperlo rispettare». Kilian e David sono saliti dalla via normale. Durante il loro allenamento in quota erano arrivati fino a sfiorare quota 8.000 sulla via per il Lhotse. Tra le ipotesi iniziali del duo sembrava esserci proprio la traversata Everest - Lhotse.
Transap
C’è chi si porta in spalla il fornelletto e prepara l’asado, chi gira in bretelle. C’è chi cammina tutta la notte senza fermarsi mai e chi non vede l’ora che finisca. La Transappenninica è una prova di avventura e di montagna attraverso l’Appennino, lungo le antiche vie che l’uomo ha usato per centinaia di anni per trasportare il sale necessario alla conservazione dei cibi verso la Pianura Padana e sui sentieri dei Partigiani tracciati durante la Seconda Guerra Mondiale, dalle colline della bassa padana fino al Mar Ligure. Tutti percorsi che toccano i crinali e non le valli come le strade moderne, per sfuggire a briganti, interminabili guadi dei fiumi o soldati tedeschi. Non è una gara di trail running. Non è a pagamento. Ciò che conta non è vincere. La Transap è una corsa al mare, un’intensa esperienza di strada. Si fonda su valori di resistenza alla fatica, ironia, fair-play, sostenibilità e un pizzico di follia. La sfida si svolge durante l’ultimo weekend d’estate (che quasi sempre coincide con il terzo fine settimana di settembre) e prevede di coprire ampie distanze in poco tempo, con notevoli metri di dislivello (da 3.000 a 7.000 tra salite e discese) e chilometri di sviluppo (dai 55 ai 110), variabili a seconda dell’itinerario scelto.
Per essere classificati è fissato un tempo limite, all’incirca 32 ore. Chi, pur sforando l’orario massimo, giungesse ugualmente all’arrivo, può in ogni caso considerarsi un vincitore. Solo che le birre saranno già finite. La partecipazione è gratuita e a proprie spese: ogni squadra, composta obbligatoriamente da due persone, deve procurarsi da sé tutto l’equipaggiamento necessario. L’organizzazione stabilisce solo i punti di partenza e di arrivo, variabili di anno in anno. Alcuni luoghi del campo di gara sono segnalati come checkpoint e stabiliscono il punteggio che determina il risultato finale della squadra» si legge sul sito. È necessario fornire le prove dell’avvenuto passaggio ai checkpoint, attraverso selfie, disegni, video… L’elemento sorpresa è fondamentale: partenza, arrivo e checkpoint vengono comunicati solo poche ore prima del via.
La scelta del percorso, assolutamente libero, dipende dal gusto personale e dalla capacità di lettura dei sentieri. Per partecipare è necessario munirsi di mappe dettagliate della zona, che sono fornite via mail agli iscritti. La prova non consente l’utilizzo di GPS, navigatori e applicazioni di navigazione di altro tipo. Il primo premio della Transappenninica è riservato alla squadra che totalizza il maggior numero di punti, in considerazione dei checkpoint raggiunti. A parità di punti, vince la squadra che impiega meno tempo. Ogni anno cambiano il percorso, i checkpoint e le regole (non tutte) e varia leggermente il numero delle coppie in gara (tra le 40 e le 45). Sono ben accetti contributi spontanei, anche di beni in natura, per coprire i costi della festa inaugurale e della logistica. Ci si iscrive a coppie. I posti sono limitati e si è ammessi per ordine di iscrizione. Per partecipare basta spedire il modulo che si trova sul sito (https://transap.tumblr.com/iscriviti) all’indirizzo transappenninica@gmail. com. Gli ammessi vengono contattati telefonicamente o via mail.
Marinai d’Appennino.
Transap 2018
Sono quasi le otto di sera e osservo Giulio tuffarsi in mare a Sori. Lo guardo e sono contento. Il senso di tutta questa corsa era racchiuso nel farla insieme, cavandosela, sostenendosi e continuando ad andare avanti fino a mettere i piedi sulla spiaggia e poi in acqua. È stato come essere un piccolo equipaggio in una minuscola barchetta tra le onde verdi dell’Appennino. Eppure abbiamo rischiato di saltare e di andare alla deriva quasi subito per colpa mia, per le gambe vuote e per lo stomaco sottosopra. Ma abbiamo tenuto, un po’ per la testa dura e un po’ per un pizzico di fantasia, o sana follia, chissà… I detrattori direbbero che non si fa, ma va bene lo stesso per noi. Non abbiamo mollato nello sconforto della nebbia che il mitologico Alfeo ci buttava addosso, carica di pioggia, di vento e di pessimismo.
Ci siamo rincuorati e rimessi in sesto con i sorrisi e le parole di Giovanni e Giulia al rifugio Antola (anche con le birrette e i panini, ok...). E la strada passava, intrecciando le nostre storie con le memorie del passato, dei villaggi, dei boschi profondi e delle antiche speranze di chi si metteva in viaggio verso il mare. Poi incontrare un amico fa la differenza. Già, Davide, che ti aspetta vicino a Torriglia, dopo essere partito di corsa proprio dal mare per poi ritornare a ritroso insieme, con te. E così corri ancora, cammini, fatichi, corri di nuovo, corri in tutte le sue declinazioni possibili fino al limite del semplice un piede dietro l’altro e poi arrivi a Sant’Uberto al tramonto, con il sole che sfonda e spacca in un grido cremisi tutto quello che c’è in giro. Scalinate ripide, odori di fiori, le voci che arrivano dalla spiaggia; è la Liguria di chi sbuca dal retro bottega come noi ora, nell’incandescenza di una sera interminabile e preziosa come le cose rare. Siamo arrivati adesso, io e Giulio e Davide dietro che ci scorta, con cura. Magari non belli da vedere, ma efficaci, come quando sai dove stai andando e ci vai. Alla fine per terra c’era scritto ecco il mare. I marinai d’Appennino hanno bisogno di saperlo, sempre.
Niki Gresteri
Una canzone semplice.
Transap 2019
Le cose più belle della Transap sono quelle che non si vedono con gli occhi, sono quelle che non puoi toccare e quantificare materialmente. Credo sia un aspetto positivo non avere oggetti o riconoscimenti che definiscano il valore delle motivazioni e delle azioni. Non ci servono cose per essere e per fare. Nel caso della Transap, tutto ciò che ha un significato, almeno per me, rimane immateriale. A dare un senso alla Transap non sono certo i chilometri (non pochi), né tantomeno il dislivello (non male), anche se ci devi fare i conti, e magari dopo un po’ li maledici, come se fossero diventati delle vespe sotto la maglietta o delle tarme nelle scarpe bucate. Sudi e soffri, a volte sbocchi in mezzo al bosco, sbuffi come un vecchio motore a gasolio sfatto, ma vai avanti perché nella Transap c’è un perenne senso di attesa nei confronti di qualcosa che sta per accadere. Mi piace pensare alla Transap come a un viaggio ideale, che in realtà non si compie, ma ridefinisce ogni volta una meravigliosa aspettativa. Perché è sempre difficile cogliere il senso di un’attesa, visto che la sua magia è proprio il non compiersi, ma aspettare che nasca. Ci vuole impegno e il giusto atteggiamento per capire la semplicità.
C’è l’attesa che precede la partenza e poi quella di vedere il mare. L’attesa di un versante che cambia e della notte che ti avvolge. L’attesa che una crisi passi e che la strada termini il prima possibile, anche se poi alla fine ti dispiacerebbe. Ci sono incertezze e dubbi che si trasformano in scoperte. Ma so che, nonostante tutto - la fatica, i dolori e il dolce desiderio di abbandonarsi al sonno - so che vale sempre la pena arrivare in fondo. Perché la cosa più bella resta il momento in cui vedi brillare gli occhi del tuo compagno o dei tuoi compagni e hai vissuto per tutto il giorno l’attesa di vederli felici, ancor prima di esserlo per davvero anche tu. Così, al mattino presto, lentamente, ciascuno con la propria idea in testa di cammino e di sentiero, ci siamo diretti verso un’intuizione di orizzonte e di memorie marine, a Sud. Ognuno a suo modo è ispirato da qualcosa. E da qui, da Borgo Val di Taro, il mare è per davvero ispirazione, promessa e idea, ma in alcuni momenti del nostro viaggio ci è sembrato quasi un miraggio, una chimera e una condanna, soprattutto quando la testa ti porta in un loop di malessere e di pensieri negativi. È come essere impigliato nei rovi e nelle ortiche senza venirne fuori (e magari a qualcuno è successo, più zecche optional). Ma il momento nero passa sempre, basta saper aspettare. E si tratta di capire che fa parte del gioco mettersi a nudo, saltare per aria e ripartire. È questo il bello.
Alla fine siamo sempre rimasti in cinque, siamo partiti e arrivati tutti insieme: io, Giulio, Edoardo, Eva e Ombra. Una lunghissima giornata di condivisione, di sguardi, di parole e di silenzi, che quasi sempre raccontano perfettamente lo stupore. Sempre insieme, camminando nel respiro dei faggi più alti e poi correndo sugli assolati crinali battuti dal sole pomeridiano. Insieme a cercare acqua, non trovarne, aspettare, chiedere a un contadino, trovare una locanda aperta al passo e rinfrescarsi finalmente! Sempre insieme, con le gambe adesso più stanche, prima di arrivare in cima a Prato Pinello nell’ora d’oro e fermarsi a osservare l’arco ideale di montagne disegnate con i piedi fino a quel momento. Pensi alla generosità e alla dedizione dei tuoi amici, di chi ha razionato l’acqua e ne ha portata in più per gli altri e per Ombra, il fedele amico a quattro zampe. Pensi che sia il posto giusto e il momento giusto.
E diventa più facile correre di nuovo, almeno per un po’, incontro alla luna che cresce dietro montagne placide ma adesso oscure, relitti abbandonati in una terra di alberi a volte storti, a volte dritti e luminosi come se esplodessero di luce. Torni indietro con la mente fino al mattino quando, lungo un tratto di Via Francigena, una vecchietta ci ha chiamato da un pugno di case in pietra ed è uscita fuori. C’era il sole fragrante e l’odore dell’Appennino profondo, quello che scivolando nell’autunno ti lascia con un nodo alla gola. Abbiamo firmato il diario dei pellegrini e annusato i porcini essiccati al sole, poi siamo ripartiti. Era di nuovo il posto giusto e il momento giusto, era l’attesa che precedeva altre cose belle. La Transap porta ancora avanti la propria idea originale, pulita ed essenziale, spesso selvatica e anarchica, e chi si mette in cammino non cerca premi e classifiche. Chi si mette in viaggio non cerca di essere migliore, ma cerca di essere se stesso e di condividere un pezzo di strada (e di attesa) con qualcuno. È come una canzone semplice che ascolti di notte davanti al mare, con gli amici che si abbracciano e sorridono per tutte quelle cose che ci sono state e che non si possono vedere. È come una canzone semplice che avevi in testa e che hai saputo aspettare.
Niki Gresteri
Chi arriva per primo aspetta.
Transap 2019
Fine estate 2019. È molto buio. Sono le tre di notte e da diverse ore mia sorella e io camminiamo completamente sole nel bosco. State attente ai lupi ci hanno detto gli organizzatori alla partenza, anche se, in realtà, l’animale non è pericoloso per le persone, anzi tende a evitarle. Da queste parti può anche capitare che, tra la lapide all’eroe russo Fëdor e un paesino abbandonato, si incontrino gli occhi gialli di un lupo che sta seguendo il tuo stesso sentiero. Appena gli alberi lasciano spazio ai pascoli erbosi ci accoglie la luna piena. Camminiamo da diciassette ore e ci si chiudono gli occhi. Il suono del silenzio regna incontrastato e ci sembra, laggiù oltre le montagne, di intravedere il mare. Forse è solo un’allucinazione. Tiriamo fuori i sacchi a pelo e puntiamo la sveglia dopo mezz’ora.
Ci rannicchiamo testa contro testa: sembra che qualche folletto abbia modellato il sentiero sulla sagoma dei nostri corpi. È comodissimo! esclama mia sorella. Due secondi dopo sta già dormendo. Quando ci svegliamo inizia a piovere. Cerchiamo la traccia per la salita, ma di notte, sotto la pioggia, non la troviamo. Guadiamo più volte un fiume. La batteria della mia frontale è scarica, ne abbiamo una in due. Le cartine sono bagnate, scarabocchiate e spiegazzate. Ci perdiamo. Siamo partite alle 6,30 di ieri mattina da una cascina incantata, sulle colline dell’Emilia Romagna, che ci ha accolti e ospitati in tanti, curiosi, sorridenti e scalpitanti. Venerdì sera abbiamo picchettato le tende al buio, una vicina all’altra: la notte prima della partenza, quando si dorme tutti insieme sotto le stelle, e il ritrovo in spiaggia la domenica, sono dei momenti davvero magici. Intanto abbiamo trovato la strada. Siamo sole sul crinale.
Le prime salite, in verticale, sono state toste. Barcollo. Penso che sono tutti matti. Francesca mi dice che è importante chiacchierare per distrarsi: uso il poco fiato che ho per mandarla al diavolo. I gruppi che si erano formati alla partenza piano piano si dividono. Passo dopo passo il mio respiro si regolarizza: sto imparando la strada e mi piace un sacco. Attraversiamo parchi naturali, vette, fiumi e torrenti favolosi. Schiviamo un serpente e percepiamo i cinghiali che ci scrutano nella penombra del sottobosco. Sono le 8,30 di domenica mattina, siamo in vetta a un meraviglioso monte checkpoint e abbiamo fame. Rapida sosta rifocillante: focaccia ripiena di pomodorini secchi, scamorza affumicata e uova sode. Destra o sinistra? Rincomincia a piovere. Arriviamo al cimitero checkpoint, selfie al volo, e ci rimettiamo in marcia accompagnate dalle ultime gocce. I piedi fanno male e sono fradici. Ormai è una corsa al mare, tra salite e discese. Siamo partite insieme, camminiamo insieme, dobbiamo arrivare insieme. Viaggiare è la nostra passione, ma non avevamo mai viaggiato a piedi. Siamo molto puzzolenti, però quando arriviamo in spiaggia i nostri compagni d’avventura ci abbracciano lo stesso e ci mettono in mano delle birre ghiacciate. Francesca e io abbiamo camminato per circa ventisette ore. Arriviamo a un quarto d’ora dal termine, con diverse zecche su varie parti del corpo. Bottiglia di vino per tutti e rapida premiazione. Abbiamo fatto tante nuove amicizie e ci salutiamo con la voglia di ripartire. Il detto dice che l’avventura comincia sulla porta di casa: queste colline, valli e montagne, per me e per noi della Transap, sono diventate casa. Spero che lo diventino anche per voi. Buona strada!
Marta Manzoni
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