Ski local

Primo gennaio 2010

Felicemente fidanzato a mesi alterni, un lavoro impegnativo ma che mi piace, un buono stipendio, una casa di proprietà in un posto da sogno in cui ti alzi al mattino e ti senti in vacanza, salute, tanta energia, passioni e interessi. E un potente furgone sul quale dormire e trasportare l’attrezzatura da sci, bici e da scalata praticamente tutto l’anno. Ogni fine settimana centinaia di chilometri di trasferte: non mi mancava nulla per essere il padrone del mondo e, soprattutto, della mia libertà, guadagnata solo grazie ai sacrifici. Una libertà che volevo godere, in quanto mio diritto acquisito, fino all’ultimo minuto, fino all’ultimo chilometro. Non badavo al fatto che il mio furgone inquinasse come una petroliera, che la mia casa non fosse efficiente, a cosa acquistavo su internet o al supermercato per convenienza, a cosa mangiavo, alla storia di ogni prodotto che mi circondava. Nel 2012 trascorsi un mese e mezzo in Colorado e scoprii tanto, ma sicuramente non tutto, dei folli stili di vita degli americani. Un mio compagno di stanza possedeva un fichissimo furgone modello A Team e un giorno gli chiesi quanto carburante consumasse. Mi rispose:
I don’t know, I don’t take care.

Primo gennaio 2020

Vivo in una casa efficiente con frutteto, orto e quasi tre bambini. Ogni gesto mio e della famiglia è pensato percontenere al minimo l’impatto ambientale. Sfrutto al massimo l’autoproduzione alimentare di frutta e verdura e gestisco l’extra preparando conserve, marmellate e surgelando. Le tisane arrivano dalle erbe del mio giardino, lo yogurt si riproduce con i fermenti. Ho costruito un network di fornitori locali, biologici e a portata di bicicletta che completano le nostre esigenze alimentari e che mi hanno permesso di ridurre del novanta per cento e a una volta al mese gli acquisti presso la grande distribuzione. Carne, uova, latticini, pane, dolci, miele, frutta e verdura di stagione, pasta fresca: la spesa spesso diventa una scusa per una gita in famiglia in bicicletta. Pasta secca, spezie, riso, orzo, farro, avena, fiocchi per le colazioni e frutta secca biologica e sfusa si acquistano in un negozio vicino a casa che accetta i nostri sacchetti di carta o contenitori di vetro o plastica, stessa cosa per il gelato. Una volta al mese arriva una consegna dal Sud Italia con prodotti biologici prenotati direttamente al produttore: farina, fagioli, lenticchie, ceci, farina, conserva di pomodoro, agrumi, mandorle, olio e qualche verdura. Beviamo solo acqua che arriva dal rubinetto. Baratto prodotti con chi, come me, crede in questo progetto di vita e si specializza in qualcosa: verdura con biscotti e pane, verdura con sapone e detersivo fatto in casa. Do via tutto quanto non usiamo più, riparo, riutilizzo e do nuova vita a vestiti e oggetti. Ho ridotto del cinquanta per cento il mio guardaroba. Acquisto da attività e uffici del posto evitando di spostare inutilmente merci già presenti sul territorio. Boicotto i grandi marchi che perseguono nel continuare a promuovere il prodotto ignorando una responsabilità economica, sociale e ambientale degna del momento. Diffido di offerte e piattaforme che muovono un’economia malata e milioni di corrieri puntando invece a qualità, servizio, durabilità e, soprattutto, contatto umano. Possiedo un’auto efficiente e la uso responsabilmente sia in quantità che in qualità. Razionalizzando e riunendo gli impegni professionali e personali, utilizzando la bicicletta e mezzi pubblici quanto più possibile, rinunciando agli spostamenti del fine settimana, privilegiando le gite da casa o a piedi, ho tagliato oltre 20.000 chilometri all’anno.

Ma tutto questo cosa c’entra con lo scialpinismo e gli sport outdoor? Il mio passaggio in un decennio da persona standard, che vedeva e mirava limitatamente al proprio presente, a persona informata, che ha preso coscienza e si è sentita responsabile del futuro proprio e degli altri in funzione di scelte, gesti e azioni e ha iniziato un percorso per diventare ogni giorno più virtuosa mi è servito per giustificare un approccio moderno all’attività di scialpinismo, parte ricreativa importante degli ultimi trentadue anni. Lo skialp prende sicuramente più like per le sue regole e modalità poco convenzionali e amiche dell’ambiente. Sta di fatto che solo ognuno di noi sa quale contributo reale alla riduzione di impatto ambientale fornisce e, quindi, quanto è coerente con la vera filosofia green. Se un tempo mi sarei fatto trenta trasferte sopra i quattrocento chilometri e oggi rinuncio a tutte queste, sommandole mi potrei permettere di usare l’auto per trecento uscite vicino a casa. Voglio dire che fa di più, concretamente, la rinuncia a una lunga trasferta a vantaggio di una gita locale, anche se raggiunta in auto, rispetto a trenta chilometri percorsi in bicicletta una tantum se poi abusiamo dell’auto. Per cui ognuno decida come interpretare lo sport che piùamiamo, come bandiera per i propri like e per mostrare la propria interpretazione radical-chic, come sfidapersonale o vetrina su Strava, come un diversivo per vestire di nuovo una gita conosciuta, comecompletamento radicale di una coerenza etica.

I più atletici e tecnologici potranno permettersi di inforcare una mountain bike, intraprendendo un’esperienzaby fair means non impossibile, ma roba da veri e pochi eroi. Perché la bici a pedalata assistita, pur con un impatto non trascurabile, sia per la batteria e il suo smaltimento che per l’utilizzo di materie prime o per energia elettrica non rinnovabile utilizzata per ricaricala, è innegabile che sia un uovo di colombo che solo chi ha provato può capire. Uno strumento che può, su strade poderali, consorziali e forestali, farti andare fortecome un fuoristrada anche con quindici chili sulle spalle, rispettando il silenzio del bosco. Oppure offrirti un cavallo col quale ributtarti a valle più veloce di un’auto, divertendoti come con una moto. Ecco, questa è la mia idea di sci locale e sostenibile, un modo per vivere un’esperienza con se stessi, con gli amici, col territorio e l’ambiente al cento per cento dalla porta di casa.

Domodossola è una base di partenza perfetta per interpretare lo scialpinismo a chilometri zero. Dalla stazione internazionale ferroviaria si possono affrontare oltre una decina di itinerari logici, evitando strade trafficate, dove esaltare le potenzialità della bicicletta per riscoprire le stesse montagne da nuovi versanti e linee. Dal Moncucco, il più accessibile a soli sei chilometri in linea d’aria, alla Weissmies, il quattromila ben visibile dalla stazione stessa, ci si può sbizzarrire, mappa alla mano, a inventare destinazioni e accessi nella totale libertà di spostamento e lontano da resse e gite blasonate. Accessi eterni, versanti abbandonati e incontaminati che hanno tenuto per decenni lontana la massa, possono ora essere considerati, riponderati nelle misure e tempi abbattendo distanze e tabù. Garantisco che la solita gita, la solita montagna raggiunta decine, centinaia di volte si trasformerà, con la giusta compagnia, in un’esperienza così nuova, così divertente da farti sembrare di aver praticato uno nuovo sport in una valle diversa da quella che conosci.

Questo articolo è stato pubblicato su Skialper 128. Info qui.

© Max Draeger