«Sciare nella neve fresca è la massima essenza dello sci. Significa libertà, con un’enfasi non su come lo si fa, ma sul farlo di più… è al di là dell’attrezzatura, della forma, della tecnica. Forse la cosa più importante è che lo sci nella polvere significa allontanarsi dalla folla in un posto dove non ci sono tracce, impianti, recinti, altri corpi. Solo neve. È un altro mondo». 

Dall’editoriale del primo numero della rivista Powder, 1972

 

C’è tutta una filosofia e un’economia dietro al concetto di essenza – o di anima – degli sport all’aria aperta: chi ce l’ha veramente, dove la si trova e perché. Naturalmente ci sono sport che da sempre rivendicano un’anima che è diventata argomento di promozione e di commercializzazione, nei video e nelle pubblicità: il surf, l’arrampicata e lo sci sono ai primi posti di questa lista.
Ma l’anima può essere sia effimera che onnipresente, più evidente in certe sotto-discipline all’interno della sfera più ampia di qualsiasi attività. Negli sport invernali, è un soffio che avvolge tutto il mondo della neve fresca: powder, poudre, pulverschnee, nieve polvo. Proprio come getting barreled (surfare nel tubo all’interno dell’onda) è l’esperienza più mistica nel surf, così un face shot, uno spruzzo di polvere, è il Santo Graal dello sci. 

Naturalmente l’anima dello sci è un mix perfetto che mette insieme anche i luoghi speciali dove andiamo a caccia di polvere e le persone con cui condividiamo l’esperienza: la formula è semplice: persone + luogo + polvere. Ed è quello che ha attirato e attira sempre di più nella montagna aperta molti di noi, annoiati dall’ambiente artificiale delle località sciistiche. O forse è lo spettro del cambiamento climatico e la preoccupazione che non ci resti molto tempo per godere del fenomeno della neve fresca. Oppure, come recita un cliché un po’ démodé, la polvere è come una droga potente – una volta che l’hai provata, puoi solo desiderarne di più. Qualunque sia la ragione, We want powder è il nuovo We want fast lifts nell’industria degli sport invernali. 

 

«Il vero sciatore non segue gli altri. Non si limita a una pista. È un artista che ricama un bel disegno nella neve vergine e incorrotta. La cresta coperta di neve polverosa per il vero sciatore è come il marmo per lo scultore. La neve la cui bellezza è stata distrutta da migliaia di sciatori sulla pista non registra il passaggio di un altro sciatore. Solo la neve soffice registra i movimenti dei singoli sciatori, ed è unicamente nella neve soffice che il vero artista può esprimersi». 

Arnold Lunn, Le montagne della gioventù, 1925

© Mattias Fredriksson

Ci sono molte attrazioni nella neve fresca. È naturale, per prima cosa. Fresca. Pulita. Brillante. E non fa male quando si cade. Ma i veri aficionados sanno che è molto di più. C’è una certa trascendenza nel galleggiare sulla powder che va al cuore dell’intera esperienza sciistica, qualcosa che non può essere adeguatamente descritto, ma che deve essere sperimentato per essere compreso appieno. C’è chi ha detto che spiegare lo sci nella polvere a un neofita è come spiegare il sesso a una vergine. Banale ma vero, però cercherò di dirlo diversamente. Lo sci nella polvere è una questione di parole e di incapacità di parlare. Di raccontare, ma non riuscire a descrivere. Riguarda il silenzio che ti circonda, ma anche come quella quiete in qualche modo amplifichi il battito del tuo cuore, l’ansimare del tuo respiro, il vento tra gli alberi. Si tratta di grugniti involontari di sforzo e strilli inconsci di gioia. Si tratta di ispirazione. Disperazione. Matrimoni falliti. Cattiva poesia. Sorrisi. Sciocchezze. Dita dei piedi congelate e mal di testa
da gelato. Prime tracce e sci persi. La magica sensazione di affondare seguita da una momentanea assenza di peso. Di arrancare, navigare e surfare, attraverso e sopra a crosta, sastrugi, pappa, cemento e ogni sorta di brutta neve, solo per arrivare alla roba buona. È un modo di sentire. Un modo di pensare. Un modo di vivere. Un modo di condividere. 

L’ultima parte è importante perché la relazione della polvere con gli amici con cui la vivi è difficile da descrivere. Ma farò un tentativo anche per questo. Dolores LaChapelle ha scritto che, se la gioia è la risposta di un amante che riceve ciò che ama, è anche la sensazione che proviamo quando sciamo nella neve polverosa con gli amici. Una gratitudine traboccante che produce i sorrisi assolutamente assurdi che illuminano i nostri volti alla fine di una discesa. Non vedi mai questo tipo di mimiche facciali; non sulle facce di chi lascia un campo da tennis, un campo da golf o una pista di hockey; non su quelle di chi scende da un podio dopo un grande discorso o lascia un club dopo una favolosa serata di ballo. Nient’altro si avvicina al significato dei sorrisi condivisi nella polvere: sono un riflesso della vita pienamente vissuta, insieme, in un tripudio di realtà. 

 

«Non ci si può mai annoiare a sciare nella neve polverosa perché è un dono speciale della relazione tra terra e cielo. Arriva in quantità sufficiente solo in determinati luoghi e in alcuni momenti su questa terra; dura solo un tempo limitato prima che il sole o il vento la trasformino. Le persone le dedicano la loro vita per il piacere di essere così semplicemente in balìa della gravità e della neve». 

Dolores LaChapelle, Earth Wisdom, 1978 

© Mattias Fredriksson

Molti di noi sono così estasiati dai sentimenti generati dalla neve polverosa che girano il mondo per inseguirli nel maggior numero possibile di posti diversi. Quando si parte per un pellegrinaggio in un Paese lontano, su montagne sconosciute, alla ricerca della neve, in realtà si sta cercando qualcosa di più di una semplice scivolata esotica. Ciò che si desidera veramente è cogliere l’attimo e  gli amici del giorno, poi mescolarli insieme. Un nuovo esperimento nel laboratorio dell’inverno. Che si tratti di Europa, Alaska, Canada, Scandinavia, Nuova Zelanda o Giappone, gli ingredienti di base sono gli stessi: roccia, ghiaccio, cime, discese, neve. Eppure tutti sono anche deliziosamente diversi: una nuova latitudine, una luce unica, strane foreste, curiose formazioni di neve. 

Scoprire l’anima dello sci vuol dire seguirne le linee sui fazzoletti di neve di tutto il mondo e i comprensori sciistici hanno giocato con questo desiderio per creare un mercato internazionale. Però i veri top player nella corsa alla polvere profonda si sono tenuti a lungo in disparte, sussurrando i migliori segreti tra di loro nelle code degli impianti di risalita e passandosi la versione beta tra fratelli. Ma, con l’aumento della domanda, questa situazione non poteva durare. Mentre gli operatori turistici soddisfano il crescente appetito del pubblico per le destinazioni uniche, la natura selvaggia e la polvere non tracciata, angoli del mondo tradizionalmente sonnolenti come il Giappone settentrionale, la Turchia e la Bulgaria ospitano un numero sempre maggiore di sciatori in arrivo da tutto il mondo. Diversi comprensori americani ed europei hanno aperto interi settori per il freeride e l’esplosione dello scialpinismo è senza precedenti. Che sia human powered o no, il business della polvere è in piena salute. 

Basti pensare che nella sola British Columbia, in Canada, la capacità dell’industria dello sci backcountry (con una grossa fetta rappresentata da eliski e cat skiing, vale a dire la risalita con mezzi cingolati, ma anche una crescente popolarità dello skialp, che può contare ogni anno su nuovi lodge e itinerari segnalati) è più che raddoppiata nell’ultimo decennio e la domanda supera ancora l’offerta. Confrontate questa ricerca della powder con l’attuale sovrabbondanza globale di spa e terme. Non sono un venditore, ma direi che potrebbe essere una buona pubblicità: i benefici di uno schiaffo in faccia con la neve fredda potrebbero effettivamente superare quelli dell’aromaterapia o della stone therapy lungo la schiena. 

 

«C’è un’esperienza del niente quando si scia nella neve fresca. Ma l’idea del nulla nella nostra cultura è spaventosa e non abbiamo parole per descriverla. Invece nel pensiero taoista è chiamata la pienezza del vuoto da cui provengono tutte le cose. Le mie esperienze con la neve polverosa mi hanno dato i primi barlumi delle infinite potenzialità della mente». 

Dolores LaChapelle, Polvere Profonda Neve, 1993

 

Quest’ultima citazione potrebbe essere un po’ troppo zen per alcuni, ma LaChapelle ha ragione. Quando si arriva al dunque, surfare la neve fresca non riguarda l’esperienza esteriore, ma quella interiore. Riguarda quell’intersezione cruciale di mente e corpo, dove pensiero e sentimento non possono essere separati. Fermarsi in fondo a un pendio e guardare indietro verso una linea che sei convinto sia stata la migliore discesa della tua vita, appoggiandoti alla fettuccia dei bastoncini e sorseggiando l’aria attraverso un sorriso, non appartiene solo a te, ma a tutti quelli che sono stati per qualche minuto in piedi con le gambe che tremano così tanto e hanno vissuto quella stessa esperienza. E non importa quanto sia stata lunga la discesa o quanto ti senta pieno di dolori, importa che sei consapevole che, se anche non dovessi sciare più, andrebbe bene così. Però una discesa nella powder scatena quel tipo di reazione chimica che fa sì che il tuo cervello ne voglia sempre di più, che ti fa pensare di non averne mai abbastanza, e che la prossima volta sarà sempre meglio.
Forse tutte quelle analogie sul sesso e… non erano poi così banali. 

QUESTO ARTICOLO È STATO PUBBLICATO SU SKIALPER 138 DI OTTOBRE 2021

© Mattias Fredriksson