24 anni, punta di diamante della nazionale italiana in tutte le stagioni.
Una serie di risultati incredibili negli ultimi mesi nel mondo dell'ultra trail e dello sky running, ora si prepara per l'inverno tra coppa del mondo, LGC e olimpiadi all'orizzonte.
Una stagione estiva indimenticabile, da Chamonix a Canazei, senza dimenticare Zegama. Te l’aspettavi così? L’anno scorso era stata complicata, come spieghi due estati così diverse?
L’estate scorsa non è andata per niente bene. Avevo preso il covid a inizio stagione estiva e ho faticato molto fin da subito, non ero il solito Davide degli anni passati. Ho cercato di ritrovare le buone sensazioni continuando ad allenarmi, cambiando metodo, cercando nuovi stimoli ma non ho fatto altro che logorare il fisico e sovraccaricarlo fino ad infortunarmi a settembre 2021, compromettendo anche la prima parte della stagione invernale. Dopo questo piccolo infortunio, verso fine gennaio ho ritrovato buone sensazioni nelle gare di coppa del mondo di scialpinismo e, grazie al mio nuovo allenatore Aldo Savoldelli, sono riuscito a rimettermi in carreggiata fino ad arrivare alla vittoria in coppa del mondo in val Martello. Non avevamo idea di come sarebbe andata l’estate, ma Zegama, che non era pianificata, è stata il punto di partenza per una stagione incredibile. Mi sono buttato nella mischia in un parterre stellare e ne è uscita una gran gara. Questo primo boost mi ha dato la motivazione giusta per sfruttare la buona onda fino a Canazei, dove ho conseguito una bellissima vittoria sfiorando il record per la seconda volta. Anche a Cham ho corso una buona gara, avrei potuto fare di meglio ma sono comunque soddisfatto. Non posso dire lo stesso della Dolomitenmann… non avendo fatto nessuna pausa purtroppo è stata una gara difficile, in cui ho sofferto parecchio fisicamente. In ogni caso mi ritengo soddisfatto, arrivo alla stagione invernale in splendida forma e pronto per portare a casa ottimi risultati,
Dopo i risultati in questa stagione, ti definiresti più uno scialpinista o un trail runner/sky runner?
Lo scialpinismo e la corsa in montagna sono le mie due grandi passioni, mi permettono di vivere la montagna a 360° tutto l’anno. Non mi definirei né più uno né più l’altro, sono due attività che amo e senza le quali non potrei vivere: preparo la stagione estiva sciando in inverno e quella invernale correndo in estate, sono una il complemento dell’altra. Al momento non ho ancora scelto e credo non lo farò mai, finchè riuscirò cercherò di dare il massimo in entrambe. Bisogna ovviamente essere attenti a gestire le energie fisiche e mentali, soprattutto in una stagione invernale in cui si deve viaggiare tanto. Trovato il giusto equilibrio, sono convinto che siano due sport in grado di convivere tranquillamente.
In che stato di forma arrivi al via della stagione invernale?
Ho fatto un piccolo stacco dopo la Dolomitenmann, in cui non ho avuto buone sensazioni, ho percepito tanto sovraccarico e quindi mi sono preso due settimane di riposo. Ho cominciato la preparazione con allenamenti di forza, endurance e aerobica per preparare la stagione invernale, vedremo quando sarà il momento di rimettere gli sci ai piedi e cosa diranno le gambe. Rispetto all’anno scorso sono molto più tranquillo e i presupposti ci sono tutti, incrociamo le dita!
Gli obiettivi stagionali più importanti?
Sicuramente la coppa del mondo a livello di gara individual, in particolare ci sono due/tre tappe a cui tengo molto: quella a Ponte di Legno a metà dicembre in cui gioco in casa, la vertical che ci sarà a Schladming, vicino al mio sponsor Atomic, nella quale vorrei ottenere un buon piazzamento, infine di nuovo la Val Martello in cui ho vinto l’anno scorso, sempre vicino a casa e che sento molto la mia gara, il mio terreno, che mi piace e mi da ottime sensazioni. Poi ci sono altri due appuntamenti importanti: il campionato mondiale individual classico che si terrà in Spagna in Vall de Boi e il campionato mondiale long distance, di nuovo sulle nevi di casa, con l’Adamello Ski Raid a marzo, lì ci terrei veramente a fare bene.
A Ponte di Legno in Coppa corri quasi a casa tua, fa la differenza?
Visto da fuori, gareggiare in casa potrebbe sembrare un vantaggio. In realtà è un po’ più complicato rispetto a quello che generalmente si pensa. In casa ci sono molte più aspettative, molto più stress proprio perché sei di fronte al tuo pubblico. Potrebbe sembrare che l’atleta si senta più a suo agio perché sul campo di allenamento quotidiano. In realtà. il fatto di conoscere perfettamente quei posti e di avere attorno, sul percorso di gara, amici, conoscenti e familiari, amplifica esponenzialmente la tensione che a livello mentale consuma e rischia di influenzare negativamente la performance. C’è da dire che se si riesce a gestire quella barriera e a vederla come un aspetto positivo, è in grado di dare quel boost in più, quella forza, quella motivazione che spinge oltre il limite fisico a tenere ancora più duro.
Cosa pensi dell’inserimento delle gare LGC (La Grande Course) nel calendario come campionato del mondo long distance, come il TDR l’anno scorso e l’Adamello quest’anno e più in generale del rapporto ISMF-LGC?
A livello di visibilità per lo scialpinismo l’inserimento delle gare LGC è sicuramente un aspetto positivo, perché porta ad unire due pubblici diversi amplificando l’impatto mediatico. Dall’altro lato, per noi atleti, può essere un limite perché è una gara in più in un calendario già molto fitto, con tappe intense e dure, spesso inserita troppo vicino ad altre competizioni. Poi dipende dalla tipologia di gara, una competizione di un giorno è per molti facilmente gestibile, mentre percorsi su più giorni iniziano ad essere un problema sia dal punto di vista fisico che organizzativo. La bellezza delle LGC deriva anche dalla possibilità di poterle condividere con compagni di squadra internazionali, con cui si abbia un buon feeling. In questo modo la logistica si complica, organizzare una squadra diventa più difficile perché bisogna rimanere all’interno del confine nazionale.
Cosa pensi dell’obbligatorietà dello ski brake?
Diciamo che tra tutte le regole riguardanti la sicurezza che si sarebbero potute implementare nel mondo race e coppa del mondo, avrei puntato ad altro prima di passare allo ski brake. L’anno scorso l’inserimento nelle gare non è stato ben gestito dalla Federazione, tante aziende non erano ancora pronte, tuttoggi non ci sono ancora limiti ben definiti su rapporto peso/sicurezza/funzionalità e sono un po’ scettico, perché alla fine quando noi gareggiamo in una coppa del mondo in teoria siamo su un percorso appositamente studiato che è stato messo in sicurezza e controllato, se il percorso è correttamente messo in sicurezza lo ski brake non serve, fuori pista lo sci si ferma subito mentre in pista dovrebbero essere state predisposte tutte le protezioni necessarie (reti). Lo condivido come strumento molto utile a livello di sci amatoriale, touring classico, ma sulla coppa del mondo, che è la formula 1 di questo sport, bisogna vedere la funzionalità di questi nuovi attrezzi e ponderare pro e contro (presentano ancora molti problemi di solidità e di blocco in caso di ghiaccio).
Vivi una relazione con una scalatrice che ti supporta e sopporta, ma vorrebbe condividere di più con te. Cosa pensi dell’arrampicata? La vedi come uno sport in cui potresti cimentarti nel prossimo futuro?
\ride\ Ci provo, l’arrampicata è stata una mia passione fino a 16-17 anni. Mi allenavo tutti i giorni abbastanza metodicamente ma non sono mai andato oltre un certo grado. Oggi, facendo l’atleta professionista endurance, gli allenamenti occupano tanto tempo e logorano il fisico, è difficile conciliare le cose. Mi piace molto scalare outdoor, fare qualche via lunga ogni tanto, un po’ di alpinismo o dei monotiri in falesia, ma come hobby, come attività alternativa nei giorni di riposo. La vedo come uno svago e come un ottimo modo di dedicare del tempo anche a Susanna, non credo diventerò mai un climber professionista!