Buone possibilità di sopravvivenza con l'uso di macchine cuore-polmone
Li ha pubblicati per la prima volta il 15 novembre una delle più importanti riviste mediche internazionali, il ‘New England Journal of Medicine’, e le ha rilanciate oggi Corriere Salute: si tratta delle nuove linee guida per il soccorso di vittime in ipotermia.
Che la vita o la morte di un paziente in ipotermia dipendesse strettamente dalle decisioni prese durante le fasi iniziali dalla squadra di soccorso lo si poteva facilmente intuire; ciò che invece non era così chiaro è il fatto che sia preferibile far sopportare al paziente un tempo di trasporto più lungo, ma portarlo in un ospedale dotato di moderni macchinari per la rianimazione. A questa conclusione è giunto un team di ricerca, raccolto attorno a Hermann Brugger dell’Istituto per la Medicina d’Emergenza in Montagna dell’EURAC e Peter Paal del Dipartimento di Anestesia e Rianimazione della Clinica universitaria di Innsbruck, che ha analizzato la letteratura medica a disposizione oltre a numerosi casi di studio in tutto il mondo. Infatti, nonostante ogni anno sulle Alpi muoiano circa 100 persone a causa di incidenti da valanga e 1.500 negli Stati Uniti a causa di ipotermia, non era stato finora realizzato un protocollo standard per il soccorso, il trasporto ed il trattamento, che prendesse in considerazione dati affidabili e aggiornati insieme ai nuovi sviluppi della tecnologia medica.
Il risultato di maggior rilievo della ricerca è che le vittime in ipotermia, persino in arresto cardiaco e con una temperatura corporea sotto i 28° C, hanno buone probabilità di sopravvivenza senza danni permanenti se sono trasportati in un ospedale specializzato e collegati ad una macchina cuore-polmone. Tale macchinario, infatti, sostituisce la funzione cardiaca e polmonare del paziente per diverse ore.
«Il nostro studio ha mostrato che questa procedura aumenta le probabilità di sopravvivenza del 50% in confronto ai tradizionali metodi invasivi, metodi che prevedono l’apertura del torace o della fascia addominale per riscaldare il paziente dall’interno, comportando rischi di emorragia e infezione. Si è inoltre visto come sia possibile ristabilire le funzioni vitali in pazienti in stato di ipotermia grave anche dopo svariate ore, grazie a una continuativa rianimazione cardio-polmonare. In questi casi, dunque, bisogna prendere in considerazione la possibilità di affrontare tempi di trasporto più lunghi verso un ospedale ben attrezzato. Al contrario, secondo le nostre nuove linee guida, i pazienti con una circolazione stabile possono essere riscaldati con successo e senza effetti collaterali in maniera non invasiva anche in ospedali periferici, usando ad esempio speciali coperte riscaldate» ha spiegato Hermann Brugger.