Banff Mountain Film Festival, dalla Mongolia a Chamonix

Les Moulin des Artistes vince la rassegna dedicata agli sport della neve, menzione speciale al film di Alexis Berg che parla della Spine Race

Si è concluso il 9 novembre il Banff Mountain Film Festival. La vittoria è andata, come sempre più spesso succede, a un film che non riguarda lo sci o l’alpinismo, ma la vita in montagna e le persone che affrontano le difficoltà dell’ambiente montano. Il Grand Prize è infatti andato a Iron Winter di Kasimir Burgess. Ambientato nella valle del Tsakhir, in Mongolia, racconta la storia del giovane Batbold e del suo amico Tsaaganna che si trovano a difendere un gregge di 3.000 cavalli durante uno degli inverni più rigidi mai registrati.

 

Il festival assegna ogni anno decine di riconoscimenti: Ambiente, Avventura, Mountain Sports, Mountain Culture, Climbing, Snow Sports, Best Feature Film, Best Short Film, Creative Excellence Award, Audience Choice Award. E poi ci sono le menzioni speciali della giuria. Tra questi premi la nostra curiosità è stata attirata da alcuni film, come Le Moulin des Artistes, premiato nella sezione Snow Sports. In un mulino del XVI secolo nella valle di Chamonix, Peter e Anati gestiscono Le Moulin des Artistes: un laboratorio di sci, uno spazio artistico e un luogo di ritrovo per spiriti liberi che condividono gli stessi ideali. A spiegare le motivazioni ch hanno portato a premiare il film di Pierre Cadot è il giurato Ben Sturgulewski: «Sembra che il mondo intero sia in fiamme, sia in senso letterale che figurato. Questo film sottolinea in modo eloquente la necessità dell'arte e della comunità per sostenerci nei momenti più difficili. Poeta con le parole e con il legno, un artigiano e sua moglie distillano la loro essenza nella produzione di sci, creando legami profondi all'interno del loro villaggio. In seguito, quella comunità li aiuta a superare una perdita inimmaginabile».

 

La giuria si è spinta a definire Old Man Lightning, il film premiato nella sezione Climbing, la migliore commedia sull’arrampicata. È sempre Ben Sturgulewski a segnalare le motivazioni: «Quello che inizia come un film apparentemente semplice e irriverente sull'arrampicata, si trasforma presto in una follia narrativa ricca di spunti. Diventa un'esplorazione delle profondità accecanti dell'ossessione e della futile resistenza umana alle devastazioni del tempo, soprattutto se uno nel corso della propria vita si è goduto almeno tre birre al giorno. Allo stesso tempo commedia esilarante e tragedia, sovverte i cliché dei film d'avventura incentrati sui successi e sull'eredità e ci ricorda che non è mai troppo tardi per scoprire la vera vocazione della propria vita».

 

Tra le due menzioni speciali, anche Run Again di Alexis Berg - fotografo che ha pubblicato anche su Skialper -. Dave Pen è il cantante degli Archive, una rock band inglese che da trent'anni riempie le sale più grandi d'Europa. A 45 anni, Dave è alla ricerca di una nuova prospettiva di vita. Si iscrive alla gara di corsa più dura d'Inghilterra, la Spine Race invernale di 460 chilometri. «Alla ricerca di una nuova prospettiva di vita, un uomo di mezza età intraprende la sfida più dura della Gran Bretagna: una gara di 460 chilometri in condizioni invernali estreme - dice la giurata Dina Mufti -. Quella che inizia come una prova di resistenza diventa un viaggio alla riscoperta di se stesso. Con una splendida fotografia e una colonna sonora distintiva, il film cattura la bellezza, il dolore e la perseveranza: è più di un semplice film su una gara». Da segnalare anche The Last Expedition (Best Feature Film). Diretto da Eliza Kubarska, il film esplora la scomparsa di Wanda Rutkiewicz, una delle prime donne alpiniste ad aver scalato le vette più alte della Terra, indagando attraverso registrazioni audio e un viaggio himalayano della regista (a sua volta alpinista) la misteriosa morte della protagonista.

© BANFF

© copertina di Paul Zizka


Soccorso alpino della Guardia di Finanza a pagamento?

Lo prevede un articolo del DDL di Bilancio della nuova manovra 

La richiesta di soccorso alla Guardia di Finanza, in montagna ma anche in mare, dovrà essere giustificata e motivata, altrimenti le operazioni di salvataggio saranno a pagamento. Questo, in sintesi, il contenuto dell’articolo 129 del DDL Bilancio che potrebbe diventare legge dal 2026. Il contributo, oltre alle richieste di soccorso immotivate e ingiustificate, punisce anche chi procura, per dolo o colpa grave, un incidente o un evento che richiede l’impiego di uomini e mezzi delle Fiamme Gialle. Una norma che andrà analizzata anche in base ai costi previsti che dovrebbero essere stabiliti dal ministero dell’Economia e delle Finanze e che dovrebbero venire aggiornati su base annua in base agli indici Istat.

 

 

Se sulla carta sembra una novità importante, nella realtà la situazione è già simile in diverse regioni (per esempio Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Trentino, Alto Adige e Veneto) che prevedono un costo per gli interventi motivati da comportamenti imprudenti (mancanza delle attrezzature necessarie, sottovalutazione delle difficoltà e delle proprie capacità, violazione di divieti). La regola generale è che gli interventi tramite il 112 sono a carico del SSN, al netto di eventuali ticket, se comportano il ricovero o accertamenti in pronto soccorso e determina casistiche diverse da regione a regione che possono prevedere anche dei ticket per l’utilizzo dell’elicottero, tariffe orarie e costi di chiamata. In alcuni casi le leggi regionali prevedono il pagamento anche in caso di ricovero, se si ricade nella casistica dei comportamenti imprudenti e della mancanza dell’attrezzatura necessaria. Il sistema ha finora fatto emergere una criticità nella riscossione dei pagamenti, soprattutto quando si tratta di stranieri.

© Guardia di Finanza


Palestre d’arrampicata, un boom inarrestabile

Il giro d’affari globale è di oltre 3 miliardi di dollari e potrebbe sfiorare i 6 miliardi nel 2030

Non c’è dubbio che il climbing sia uno degli sport più cool del momento, almeno nelle grandi città, dove le palestre indoor sono sempre più numerose e sono diventate dei veri e propri ritrovi di appassionati, ma soprattutto di un nuovo pubblico che si avvicina al mondo dell’arrampicata con curiosità. Si può discutere sul fatto che l’arrampicata su plastica e con un auto-belay sia qualcosa di diverso dalla falesia e ancor di più da una via dolomitica, ma non si può ignorare il fatto che la grande notorietà che il climbing riscuote sempre più passi soprattutto dai ritrovi urbani. Il sales meeting di La Sportiva, organizzato nei giorni scorsi presso la palestra Rockspot di Milano, 4.000 metri quadrati con lead, boulder, speed, moon board, tension board, campus board e circuit board, è stato l’occasione per fare il punto sui numeri e i trend del fenomeno.

Secondo Grand View Research il mercato globale delle palestre d’arrampicata nel 2024 valeva 3,32 miliardi di dollari e raggiungerà i 5,67 miliardi nel 2030. In Europa Verified Market Research prevede una tasso annuo di crescita composto dell’8,9%. Dal 2017 Rockspot ha fatto registrare un aumento costante degli ingressi annui - se si esclude la parentesi della pandemia nel 2020 - passando da 40.000 a 120.000, valore stimato per il 2025. Anche gli abbonamenti sono in crescita, da circa 4.000 a 13.000.

 

Ma che tipo di utilizzatore è quello delle palestre? Una prima risposta arriva dalla mappa dei percorsi di Rockspot, dove i gradi più rappresentati sono quelli inferiori al 5a, che sfiorano la settantina, e il 6a (poco meno di una sessantina).
Sono una decina quelli di 7c, per poi scendere sempre di più man mano che si sale fino all’8c. «Il nostro pubblico acquista in maggioranza il pass singolo d’ingresso e circa la metà di chi fa i corsi sparisce dai radar, un quarto abbandona l’arrampicata dopo qualche tempo, mentre un quarto diventa climber e si appassiona alla pratica» dice Mirko Masè, co-fondatore di Rockspot.
Altre ricerche di mercato indicano nei ‘newcomer e beginner’ una delle fasce in più forte crescita e anche quello delle famiglie e dei bambini è un bacino di utenza importante. Quanti di questi climber calcheranno mai la roccia vera? Questo è un altro discorso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

© Rockspot Milano


L’attacco ibrido con il freno davanti

La curiosa proposta del marchio californiano AlpenFlow Design

E se l’attaco ibrido, il modello più chiacchierato del momento, avesse il freno al puntale, invece che alla talloniera? È la prima curiosità di AlpenFlow 89, della start-up californiana AlpenFlow Design. Il modello, non ancora in commercio, è pre-ordinabile dal sito del marchio al costo di 760 dollari e le prime consegne, se verranno raggiunti 500 pre-ordini, inizieranno nell’autunno 2026. La proposta prevede, oltre allo ski brake (da 90, 100, 110 o 120 mm) anteriore, che si apre e si chiude semplicemente inserendo lo scarpone nei pin o togliendolo, una talloniera step in in alluminio lavorato con macchine CNC e il passaggio dalla fase ski a quella walk avviene aprendo e chiudendo con una rotazione verticale la stessa talloniera, permettendo la chiusura e riapertura senza dover togliere lo sci in situazioni che richiedono scalettatura o per brevi discese con le pelli. I valori di sgancio dichiarati sono 5-13, sia laterali che verticali e, oltre alla modalità flat, ci sono due aiuti salita. Risulterebbe inoltre nullo il drop in fase di sciata. Il puntale LockTurn, per il quale è stata depositata una richiesta di brevetto, ruota liberamente con lo scarpone durante l'intera corsa elastica, assicurando che lo scarpone sia bloccato meccanicamente nell'attacco. Solo quando l'intera corsa elastica è esaurita, consente allo scarpone di sganciarsi, impedendo lo sgancio anticipato e consentendo un’apertura controllata in modalità sci. AlpenFlow 89 non è però certificato TUV.

 

 

 

Alpenflow Design


Elhouisine Elazzaoui e Madalina Florea vincono le Golden Trail World Series

Con la vittoria di domenica 12 ottobre alla Grand Finale della Golden Trail World Series, ospitata in Trentino, sul percorso della Ledro Sky, il marocchino Elhousine Elazzaoui ha vinto per la seconda volta la classifica generale del circuito. Una stagione perfetta quella dell'atleta del team Nnormal, con mille punti e quattro vittorie (Zegama-Aizkorri, Broken Arrow Skyrace, Tepec Trail e Ledro Sky). Dietro di lui nella overall i keniani Patrick Kipngeno e Philemon Kiriago, entrambi del team Run2gether On Trail, con 953 e 892 punti. Non è stata una vittoria scontata quella di Elazzaoui: il percorso tecnico della gara (21 km, 1.700 m D+) ha visto per quasi tutto il tempo un altro keniano in testa, Paul Machoka dell'Atletica Saluzzo, superato da Elazzaoui al termine dell'ultima discesa. Ma Elazzaoui ha dovuto guardarsi da ritorno di Kipngeno, secondo nella generale e arrivato a 20 secondi. Primo italiano Daniel Pattis del team Brooks, nono nella overall e sesto in gara. Ottime prestazioni per gli atleti del Team Salomon Italia, con Isacco Costa, Simone Giolitti, Roberto Giacomotti, Alice Testini ed Elisa Presa, protagonisti di una stagione di costante crescita e competitività a livello internazionale. 

Sabato è stata lotta dura anche nella gara femminile, vinta dalla statunitense del team Nike ACG Laureen Gregory, che ha superato la romena Madalina Florea (Team Scott) in discesa. Il podio finale ha visto la Gregory imporsi sulla Florea e sulla spagnola Sara Alonso del Team ASICS. Stesse protagoniste, ma a ruoli invertiti, nella classifica finale del circuito, con Florea a trionfare con 958 punti su Alonso (913) e Gregory (878). Prima italiana Alice Gaggi (Brooks) al nono posto. 

© Golden Trail World Series / Rising Story

Si chiude così una stagione intensa del circuito powered by Salomon che si conferma come riferimento internazionale del trail, con un montepremi di più di 300.000 euro. La Grand Finale ha rappresentato l’ultima tappa di una stagione intensa, articolata in otto gare regolari disputate nei cinque continenti, dalla Kobe Trail in Giappone alla Broken Arrow Skyrace negli Stati Uniti, passando per il Golfo dell’Isola Trail di Noli, in Liguria. Solo i migliori 30 uomini e 30 donne della classifica generale hanno potuto contendersi il titolo mondiale sulle creste trentine, dopo mesi di competizioni ad altissimo livello.

L'Italia ha ospitato due gare del circuito e per la seconda volta la finale. «La Grand Finale di Pieve di Ledro racchiude perfettamente lo spirito della Golden Trail World Series: competizione, rispetto per l’ambiente e valorizzazione del territorio. Portare in Italia un evento di questa portata è motivo di orgoglio per Salomon, perché ci permette di unire la passione per il trail running alla promozione di un contesto naturale e culturale unico. L’entusiasmo del pubblico e la qualità degli atleti confermano quanto la cultura del trail running stia crescendo, anche grazie a un circuito capace di raccontare storie autentiche e condividere esperienze straordinarie» ha detto Ilaria Cestonaro, Marketing Manager Salomon Italia, a conclusione dell'evento.

© Golden Trail World Series / Rising Story

Lo zaino airbag che diventa anche respiratore

Lei si chiama Isabella Campana e oggi è una studentessa di Design del prodotto, della comunicazione e degli interni presso l’Università IUAV di Venezia. Durante la laurea triennale in Design del Prodotto Industriale presso l’Università di Bologna ha progettato un sistema airbag che, se industrializzato, potrebbe cambiare il modo di affrontare la sicurezza in valanga. L’idea è semplice: poter utilizzare l’aria usata per gonfiare il pallone dopo che si è aperto per respirare.

 

Il sistema è infatti dotato di due valvole di non ritorno, una necessaria per gonfiare l’airbag e l’altra collegata al tubo di respirazione: quest’ultima, consente all’aria di fluire solo quando l’utente inizia a inspirare, ottimizzandone il consumo, e impedisce alla CO2 espirata di rientrare nel sistema, garantendo aria pulita per la respirazione, grazie anche al filtro HEPA collegato al boccaglio. Nivor è in grado di gonfiare rapidamente l’airbag con aria compressa in pochi secondi, garantendo una risposta rapida in situazioni di emergenza, e ha una capacità di 170 litri d’aria, offrendo quindi un tempo aggiuntivo di respirazione fino a 28 minuti durante una sepoltura da valanga. Il sistema di gonfiaggio di Nivor è elettrico, alimentato con supercondensatori, ed è stato pensato per essere universale grazie ad agganci magnetici e fasce regolabili.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nivor è tra i tre finalisti italiani del James Dyson Award, promosso dalla James Dyson Foundation, ente a scopo benefico dell’omonima azienda. L’obiettivo è quello di sfidare laureandi e neolaureati in ingegneria e design, in tutto il mondo, a progettare la soluzione a un problema. A oggi, il concorso ha premiato oltre 400 invenzioni e oltre il 70% dei vincitori globali delle scorse edizioni sta commercializzando le proprie invenzioni. Il vincitore internazionale verrà decretato il prossimo 5 novembre e riceverà un premio di 36.000 euro, mentre gli altri due finalisti riceveranno 6.000 euro, come i vincitori nazionali.


Novemila chilocalorie e sei ore di sonno: numeri e curiosità dell’ultima impresa di Kilian 

Con l’arrivo sul Mount Rainer, nello Stato di Washington, la notte tra venerdì e sabato scorso Kilian Jornet ha chiuso il suo progetto States of Elevation. L’idea era semplice quanto ambiziosa: raggiungere tutti i Fourteeners (le vette di 14.000 piedi, che equivalgono a 4.267 metri) dei Lower 48 (gli Stati Uniti continentali, escluse Alaska e Hawaii, per un totale di 72 vette) con la sola forza umana, concatenandoli di corsa o con uno stile fast & light e in bici. A qualche giorno di distanza dalla fine dell’impresa iniziano a filtrare un po’ di dati interessanti e di curiosità. Rinviamo alla lettura dello schema finale di questo articolo le statistiche sulla prestazione, dalla distanza al dislivello totale, per concentrarsi su altre informazioni.

© Andy Cochrane

Corpo e performance

Il peso di Kilian è rimasto abbastanza stabile introno ai 55 chili, dopo essere sceso a 52 nella prima settimana. Nei primi giorni la sfida è stata trovare l’adattamento al clima particolarmente secco (che ha comportato fino a 5 chili di perdita di peso a causa della disidratazione) e all’esposizione ai raggi UV del Colorado. L’attività più lunga è stata di 390 km (in bici) per un totale di 15 ore. Il consumo medio è stato di 9.000 Kcal al giorno. L’alimentazione nella giornata tipo? Uno yogurt con frutti di bosco a colazione + una bustina di probiotici Lyvecap. Un pasto completo dopo aver terminato la tappa, composto da riso, patate e verdure. Durante l'attività: panini e alcuni prodotti Maurten. Le ore di sonno medie sono state 6 e 15 minuti per notte.

Materiali

Kilian ha usato due scarpe di Nnormal: Kjerag 02 e Tomir Gore-tex . Nell’abbigliamento la priorità è andata agli strati termici e anti-pioggia: Trail WindTrail Rain Jacket e Active Tight . Le bici? Trek Madone e Treck Checkpoint, esemplari con grafica customizzata. Di notte ha utilizzato una lampada frontale. Lo zaino sulle spalle pesava da un minimo di un chilo a sette chili e in un paio di occasioni ha usato i ramponcini (Tahoma-Rainier) o suole chiodate (Crestons e Shasta).

Logistica, team, animali

Al seguito ci sono state sempre due persone a rotazione, con un van. Tre i videomaker e 6 TB il peso del materiale video prodotto. Nick Danielson, il videomaker che è stato di più con Kilian, ha raggiunto 16 vette. Numerosi gli incontri con animali: quattro orsi, tre alci, numerose capre di montagna; avvistati alcuni mufloni, aquile calve e molti coyote. Un dato meteo: 15 dei 31 giorni totali sono stati di maltempo.

I numeri di un’impresa

  • 72 vette oltre i 4.267 m (14.000 piedi) scalate in sei Stati degli Stati Uniti: Colorado, Arizona, Nevada, California, Oregon e Washington
  • 31 giorni di attività - 488h52’07’’ ore in movimento
  • 5.145 km percorsi con 123.045 m di dislivello positivo
  • 80% in bicicletta / 20% a piedi, ma il 60% del tempo trascorso a piedi contro il 40% in bicicletta
  • Il 50% delle vette scalate in compagnia: 27 atleti si sono uniti a Kilian per correre e pedalare in alcune parti del progetto
  • Norman's 13 completato con il nuovo FKT non supportato (in attesa di registrazione ufficiale)

 

Photo © Nick Danielson


Kilian Jornet concatena i Fourteener della California e firma un nuovo FKT

Cinque giorni in bici, dal Colorado alla California. Una media di 282 km al giorno, 14 ore in sella, gambe e cuore puntati verso Ovest. Quando finalmente, alla fine della scorsa settimana, Kilian è arrivato al punto di partenza delle Norman’s 13, per mettere un altro tassello al puzzle del suo progetto States of Elevation (il concatenamento dei Fourteeners dei lower 48, nell'Ovest degli Stati Uniti) ad aspettarlo non c’era il riposo. Norman’s 13 è l'itinerario che unisce tredici cime sopra i 4.000 metri della California, due gruppi montuosi uniti da un tratto remoto del John Muir Trail, con oltre 100 miglia (160 km) di distanza, 12.000 metri di dislivello positivo e creste con ingaggio alpinistico. Granito, neve, vento, isolamento. È un viaggio dentro la montagna, ma anche dentro se stessi.

Kilian, come in altri tratti della sua impresa, è stato accompagnato da alcuni runner americani e volti noti della scena outdoor: Matt Zupan, detentore del FKT senza assistenza sul percorso del Norman's 13; Rod Farvard, da subito al suo fianco; poi Dan Patitucci e Kim Strom. Al Taboose Pass lo ha raggiunto Olivia Amber, fresca del suo personale FKT sulla stessa traversata, e nel tratto più tecnico dei Palisades è stato il climber Matt Cornell ad affiancarlo. Giorni interi senza incontrare anima viva: solo laghi ghiacciati, rocce e un cielo mutevole. Non sono mancate le tempeste di neve e un piede schiacciato da un masso. La notte più dura? La salita al Mount Sill, con il buio a rendere tutto ancora più pesante. Alla fine ne è venuto fuori un nuovo FKT (con assistenza): 56 ore, 11 minuti e 4 secondi (in attesa di conferma ufficiale).

© Andy Cochrane

Dopo l’impresa, una tappa a Bishop, dove finalmente Kilian si è concesso una doccia calda, una pizza e un letto vero. Ma il riposo è durato poco. Sabato mattina di nuovo in sella: direzione White Mountain, via cresta Ovest. È stato il suo Fourteener numero 70. La fatica si è fatta sentire, spingendolo a rallentare il ritmo.

Dopo aver raggiunto White Mountain, Kilian ha puntato verso Nord, trascorrendo due lunghe giornate in sella e attraversando Nevada e California, diretto dritto verso il Mount Shasta.Tra il 28 e il 29 settembre, ha percorso 626 chilometri (389 miglia) in poco meno di 30 ore di pedalata, con una media di quasi 200 miglia e 14-15 ore in sella ogni giorno, condividendo il primo giorno con Jason Hardrath.

Il 30 settembre, si è trovato sulla vetta del Mount Shasta, il Fourteener numero 71, affrontando quello che ha definito «uno dei tre venti più folli che abbia mai incontrato in montagna», con temperature percepite di -20 °C. La salita ha portato neve fresca e un buon promemoria a non abbassare la guardia, anche a questo punto avanzato del progetto. Ma non c’è stato tempo di fermarsi, appena lasciata la vetta alle spalle, Kilian è risalito in bici e ha ripreso a pedalare verso Nord, questa volta puntando all’Oregon e allo Stato di Washington.

Statistiche Generali
🏃🏻 Distanza (miglia / km): 2.738 / 4.406
🏔️ Cime oltre i 14.000 piedi: 71
⏱️ Attività: 441:38:19
📈 Dislivello positivo (piedi / metri): 376.200 / 114.682

© Nick Danielson

Un'indagine sull'aumento dei costi per ospitalità e biglietti di Milano-Cortina 2026

Fino a più di 3.000 euro per un week end olimpico, sommando viaggio, pernottamenti e biglietti di ingresso alle gare. Con aumenti rispetto al mese precedente, gennaio 2026, che arrivano al 489%. È quello che emerge da un'inchiesta giornalistica realizzata da Altroconsumo. L'analisi ha riguardato quattro poli dei Giochi del prossimo febbraio: Milano, Bormio, Cortina d'Ampezzo e la Val di Fiemme. Il capoluogo lombardo, insieme alla Val di Fiemme, risulta quello dove la differenza di prezzo tra il periodo pre-olimpico e le settimana a cinque cerchi è minore, con prezzi delle strutture ricettive di circa il doppio, mentre la Valtellina tocca il 489% in più rispetto a gennaio e Cortina (la località più cara) il 344%. 

A conti fatti due persone che partono da una delle principali città italiane, pernottano due notti e acquistano due biglietti, spendono in media 1.792 euro, una cifra che equivale quasi a una mensilità della retribuzione media del 2023. Si va da minimo di 448 euro per chi assiste a una partita di hockey a Milano trovandosi già nel capoluogo lombardo, fino a oltre 3.200 euro per chi sceglie Cortina e le gare di sci alpino, con partenza da Roma. Se invece si sceglie uno dei pacchetti ufficiali di Milano Cortina 2026, che abbinano biglietti, pernottamento e servizi extra come l’accesso a lounge dedicate, catering e gadget esclusivi, la spesa va dal doppio fino a oltre otto volte rispetto alla somma di un biglietto base e di un hotel tre stelle. Curiosamente, tra le strutture ricettive, gli hotel, nonostante i rincari, risultano mediamente meno cari degli appartamenti.

E i biglietti per le gare? I pass più economici sono quelli per le partite di hockey su ghiaccio a Milano, dove si può ancora spendere meno di 100 euro a persona. Sotto i cento euro anche biathlon, curling, sci di fondo, bob e snowboard. Per il pattinaggio di figura si può arrivare a 280 euro.

L'inchiesta di Altroconsumo non contempla lo scialpinismo e lo sci alpino. Abbiamo fatto una ricerca sul sito ufficiale dei Giochi olimpici scoprendo che per lo scialpinismo sono disponibili solo dei pacchetti hospitality, con accesso alla lounge e degustazione di prodotti tipici, a 250 euro. Per lo sci alpino, per esempio per la discesa sulla pista Stelvio di Bormio, i costi dei tagliandi vanno da 100 a 220 euro ma non risultano posti disponibili. 


Fabiola Conti di bronzo e Italia d'oro ai World Mountain and Trail Running Championships

Con il terzo posto nel Long Trail (82 km, 5.078 m D+) del 27 settembre ai Mondiali di Canfranc, sui Pirenei, Fabiola Conti è la stella della spedizione azzurra, ma la sua non è l'unica medaglia. La Conti (10h35'51'') sale sul podio dietro alla statunitense Katie Schide (9h57'59'') e alla nepalese Sunmaya Budha (10h23'03''). La squadra azzurra femminile ha conquistato l'oro grazie anche ai risultati di Martina Valmassoi (settimana), Giuditta Turini (nona), Alice Saggin (ventesima) e Martina Chialvo (ventiquattresima). Tra gli uomini vittoria dello statunitense Jim Walmsley davanti ai francesi Banjamin Roubiol e Lousion Coiffet, con Cristian Minoggio quarto e Francesco Puppi nono. Gli altri azzurri - Andreas Reiterer sedicesimo, Riccardo Montani trentanovesimo e Gionata Cogliati quarantaquattresimo - hanno consentito all'Italia di chiudere medaglia di bronzo nella classifica a squadre. 

Nella gara Mountain Classic (14 km, 767 m D+) del 28 settembre tra gli uomini tripletta africana con Ombogo Kiriago Philemon (Kenya) davanti a Martin Kiprotich (Uganda) e Paul Machoka (Kenya). Primo azzurro Isacco Costa (decimo) davanti a Cesare Maestri. Italia di bronzo dietro a Kenya e Uganda tra le squadre. Nella gara femminile vittoria della tedesca Nina Engelhard davanti alla kenyana Ruth Gitonga Mwihaki e alla svizzera Oria Liaci. Prima azzurra Angela Mattevi, diciassettesima. Italia d'argento nella classifica a squadre femminile under 20, dietro all'Uganda. 

Il 26 settembre è stata la volta dello Short Trail (45 km, 3.469 m D+), vinto al maschile dal francese Frédéric Tranchand davanti allo spagnolo Manuel Merillas e al connazionale Andreu Blanes. Sesto Luca Del Pero, ottavo Davide Magnini e decimo Lorenzo Rota Martir. Per gli azzurri un terzo posto nella gara a squadre. Tra le donne successo della svedese Tove Alexandersson sulla spagnola Sara Alonso e l'inglese Naomi Lang. Prima azzurra Alice Testini, venticinquesima. 

Nel Vertical Uphill (6,38 km, 989 m D+) del 25 settembre dominio di Rémi Bonnet tra gli uomini, davanti ai due kenyani Richard Omaya Atuya e Patrick Kipngeno (primo azzurro Andrea Elia, ottavo); tra le donne la vittoria è andata alla tedesca Nina Engelhard davanti alla finlandese Susanna Saapunki e alla statunitense Anna Gibson. Quinta Francesca Ghelfi e settima Lucia Arnoldo. Per le azzurre però gradino più alto del podio nella gara a squadre.

© La squadra azzurra del Short Trail ©Guberti/WMRA

Atomic Bent 110 GFD, uno sci limited edition per celebrare i Grateful Dead

Atomic ha presentato lo sci Bent 110 GFD in edizione limitata. Progettato in collaborazione con Chris Benchetler, ha il topsheet illustrato con artwork originale ispirato al gruppo musicale dei Grateful Dead, il Bent 110 GFD viene lanciato in contemporanea con il nuovo film di Benchetler Mountains of the Moon, che debutterà a livello globale il 18 ottobre 2025. Questa release esclusiva coincide anche con il 60° anniversario dei Grateful Dead, la cui musica e cultura hanno da sempre fatto parte del ritmo della vita in montagna. Il Bent 110 GFD sfoggia il logo speciale GD60 e grafiche vivaci e psichedeliche create dallo stesso Benchetler, che richiamano le storiche copertine d’album e l’intramontabile eredità visiva dei Dead.

 

Si tratta della terza collaborazione creativa tra Atomic e i Grateful Dead. Il viaggio è iniziato nel 2019 con il Bent 120 GFD, lanciato insieme al film Fire On The Mountain, seguito dal Bent 100 GFD distribuito su scala più ampia. Ora, con il Bent 110 GFD, questa eredità continua, in parallelo al film Mountains of the Moon, che vedrà anche la partecipazione speciale del batterista originale dei Dead, Mickey Hart.

Il Bent 110 GFD in edizione limitata sarà disponibile a partire dall’autunno 2025 presso rivenditori selezionati indicati sotto e su atomic.com. Prezzo al pubblico: 899 euro. 

• Cortina Pro Sport, Cortina d’Ampezzo (BL) 

• Gialdini, Brescia (BS) 

• Mottolino, Livigno (SO) 

• Rossini Sport, Verano Brianza (MB) 

• Technosport, Charvensod (AO) 

• Viglietti Sport, Prato Nevoso – Villanova Mondovì – Frabosa Sottana (CN)


Axelle Gachet-Mollaret: nuovo record del mondo nel chilometro verticale

Axelle Gachet-Mollaret stupisce ancora, questa volta con le scarpe da corsa ai piedi. La notizia arriva dalle Alpi francesi, dal KMV de Nantaux. Nel vertical di 2,3 km x 1.000 m D+ corso lo scorso 13 settembre Axelle ha fermato il cronometro a 33 minuti esatti che rappresenta il nuovo record del mondo della disciplina (curiosamente ha battuto anche il marito Xavier Gachet, salito in 33 minuti e 40 secondi). Gachet-Mollaret ha abbassato di ben 42 secondi il precedente crono di Christel Dewalle, fatto registrare meno di un anno a Fully, in Svizzera, teatro naturale di tutti i record del mondo di chilometro verticale, almeno quelli sui percorsi dove è consentito l’uso dei bastoni. A Fully, infatti, sono stati registrati anche i record maschili, quello di Urban Zemmer del 2014 (primo uomo a scendere sotto i 30 minuti, in 29 minuti e 42 secondi) e di Philip Götsch del 2017 (28 minuti e 53 secondi). Il percorso di Fully? Più corto (1,9 km) e naturalmente ripido. L’appuntamento è il prossimo 18 ottobre. Ci sarà un nuovo record?  

 

 

©️ KMV de Nantaux