A un mese da Tor, il progetto #Tor Surrounding
Il mondo del Tor tra competizione e territorio
La Val d’Aosta è costituita da una superficie di 3262 km quadrati, 74 comuni, 1000 villaggi, 100 castelli, 400 laghi, un fiume, la Dora Baltea, con 25 torrenti tributari, 200 ghiacciai, 113.000 abitanti, 14 valli, a loro volta interrotte da valli laterali; oggi è la più piccola regione italiana, ma fu uno degli Stati dei Savoia, un paese intramontano, un microcosmo politico, una dipendenza carolingia, un paese burgundo e lombardo, e, prima ancora, una provincia romana e un piccolo mondo celtico. Questo territorio incontra la sesta edizione della gara di ultra trail forse più dura al mondo: il Tor des Géants 2015 con i suoi 330 km di percorso da Courmayeur a Courmayeur, 24.000 m di dislivello (quasi tre volte la scalata del Monte Everest dal mare), 150 h di tempo limite cioè 7 giorni, 6 notti e 6 ore, un record del 2013 di 70 h e 4 minuti firmato Iker Karrera, circa 800 partecipanti, 54 paesi rappresentati nel 2015 (26 nel 2012), 7 basi vita, 43 punti di rifornimento, 34 comuni attraversati, 25 colli a oltre 2000 m di altitudine, 30 laghi alpini, un parco nazionale e un parco regionale.
Val d’Aosta e Tor des Géants: una fusione esplosiva di numeri straordinari che quest’anno non ha tradito le aspettative: gli ambienti trasformati dal mal tempo hanno dato una prospettiva nuova alla gara, il tempo di arrivo di Patrick Bohard di 80 ore e 20 minuti conferma ritmi pazzeschi.
Un articolarsi di sensazioni rende le giornate del Tor frenetiche; un occhio alla classifica e uno ai segni della storia: scendendo da Cogne, base vita della terza tappa al km 102,1 di gara, incrociamo il profilo aereo e imponente di Pont d’Ael che troneggia dall’anno 3 a.C. sul torrente Grand Eyvia. L’arrivo a Donnas, quarta base vita a 148,7 km di gara, incrocia una strada romana sormontata da una parete lunga quasi 200 metri e alta anche 12 metri che è stata scavata nella roccia, spianata e levigata come se fosse marmo, anche se il materiale (gneiss) non si prestava affatto. La strada conduce a un arco di 4 metri di spessore per4 di altezza, punto di passaggio simbolo del Tor des Géants che strizza l’occhio al paragone tra le fatiche dei romani e quelle degli atleti. Competizione, storia e anche leggenda si accavallano a Pont Saint Martin: gli atleti attraversano il ponte, anch’esso del I secolo a.C. con un’altezza di 22 metri sul fondo della valle, accompagnati da quei diavoli che secondo la leggenda ne permisero la costruzione.
Molti punti di passaggio della gara furono luoghi di diffusione della popolazione Walser; nella valle di Gressoney, teatro della tappa forse più dura del Tor, il rintocco degli scalpelli del legno di Perloz sembra dare linfa alla straordinaria cultura Walser.
Partendo dalla base vita di Donnas, al km 148,7 di gara, gli atleti forse non si accorgono che ciò che li circonda lungo l’iniziale ‘Sentiero dei vigneti’ è prodotto di uno sforzo in assoluto paragonabile al loro. Le vigne di Donnas si presentano con terrazzamenti impervi, su pendii scoscesi e il clone di Nebbiolo che vi cresce produce grappolo coltivati e raccolti senza mezzi meccanici. Il riscontro di tanta fatica è un vino apprezzato nella storia da Napoleone a Cavour. Di altro impatto per i runners l’alpeggio Djouan in Valsavaranche: l’alpeggio si trova dopo il Col de l’Entrelor (3002 m) e durante la notte gli alpigiani hanno assistito con litri di thè e tanto calore gli atleti provenienti dal colle provati dal freddo e disorientati dalla nebbia. Qui all’alpeggio la regina è la fontina, la migliore del mondo, prodotta con passione utilizzando 100 l di latte per ogni forma da 8-10 kg. A Rhemy Saint Bosses gli atleti passano al km 303,1 di gara, quando ormai Courmayeur è vicina, ma non si fermano ad assaggiare il buonissimo prosciutto DOP che qui si produce, come del resto non deviano verso Etroubles per una visita al locale birrificio artigianale… c’è ancora il Col Malatra ad aspettarli.
Quest’anno la magnifica visione di paesaggi fiabeschi resa possibile dal percorso del Tor des Géants è stata come offuscata dal persistere del mal tempo: i panorami superbi del Monte Bianco (4810 m), del Gran Paradiso (4061 m), del Monte Rosa (4634 m), e del Cervino (4478 m), accessibili a chiunque attraverso l’Alta Via N.1 e l’Alta Via N.2, si sono nascosti dietro una nebbia più o meno costante. Sui colli si è distribuito uno strato leggero di neve e si è formato del ghiaccio; la cattiva visibilità e il vento hanno reso i passaggi in quota rischiosi fino a quando, dopo una prima breve interruzione dovuta a frane sul Col Fenetre (2873 m), la gara è stata interrotta definitivamente dopo il passaggio di appena sei atleti sotto il traguardo di Courmayeur. Mi ha colpito la serenità generale che si respirava nelle basi vita dopo l’interruzione della gara, soprattutto quella degli atleti. La montagna ha dato prova di quanto possa cambiare tanto che il giorno successivo all’interruzione, tornato il bel tempo, sembrava più incantata e splendente che mai.
Una rete di sentieri collega le valli della Val d’Aosta e le due Alte Vie ne rappresentano le caratteristiche: sentieri ben tracciati, con larghezza media di 80 cm e ben segnalati. L’Alta Via N. 1 conduce una persona mediamente allenata con zaino da Donnas a Courmayeur, con 17 tappe giornaliere di 3-5 ore di marcia ciascuna, offrendo punti di sosta per ogni necessità. L’Alta Via N.2 invece si sviluppa nei territori del Parco Nazionale del Gran Paradiso e del Parco Regionale del Monte Avic e conduce da Courmayeur a Donnas con 14 tappe giornaliere di 3-5 ore di marcia. Colpisce il fatto che quest’anno in vincitore del Tor des Géants, Patrick Bohard, ha impiegato 80 ore e 20 minuti (di cui 2 ore e 4 minuti di sonno) a coprire la somma delle due Alte Vie, rallentato peraltro da condizioni ambientali davvero impegnative.